«Senza sagre e fiere siamo in ginocchio»
Appello dei venditori ambulanti ai Comuni

L’allarme della Federazione degli ambulanti di Bergamo: fermi da 140 giorni, 800 titolari senza prospettive. Dolci: «Più contagiosa una fiera che non le discoteche?»

Fermi e senza lavoro da oltre 140 giorni. La «denuncia» arriva da Fiva Bergamo, la federazione che riunisce i venditori ambulanti. Il presidente della sezione di Bergamo, Giovanni Mauro Dolci, ha inviato una lettera aperta a tutti i sindaci della provincia per condividere le difficoltà denunciate dagli operatori che partecipano a fiere e sagre, soprattutto quelle patronali.

Iniziative che vengono promosse abitualmente dai Comuni ma che quest’anno, per scongiurare ogni eventuale pericolo di contagio, i Municipi hanno deciso di cancellare nella stragrande maggioranza dei casi. Bloccando, di fatto, un intero comparto.

«Sono tutti fermi dal 23 febbraio – fa sapere Dolci –, e non è un problema di autorizzazioni, visto che Governo e Regione Lombardia hanno dato il via libera alla ripartenza del settore, ovviamente condizionandolo all’adozione di misure anticontagio. Così come si fa per i mercati. Il problema è che i Comuni nel corso di questi mesi hanno cancellato e non hanno più ripristinato sagre patronali, notti bianche, street food, fiere a tema: parliamo di eventi che appartengono al territorio, perché si rinnovano periodicamente e sanciscono un legame tra tradizione, folclore locale e spirito di appartenenza». Fra gli appuntamenti saltati nel mese di giugno la festa di Sant’Antonio a Val Brembilla, la fiera di San Pietro e Paolo di Ponte San Pietro e Vilminore di Scalve e la fiera del 2 giugno di Ponte Nossa. A luglio è stata cancellata, fra le altre, la festa della Madonnina di Colere, ed è già stato annunciato lo stop a iniziative in calendario nei prossimi mesi, come la Fiera degli uccelli di San Salvatore (ad agosto), la fiera zootecnica di Serina e la fiera di San Matteo a Branzi a settembre.

Una situazione che mette a durissima prova gli addetti del settore: Fiva Bergamo conta all’incirca 800 associati, di cui il 95% lavora esclusivamente con fiere e sagre. Parliamo di famiglie che operano nel settore da due o più generazioni, allestendo i classici banchetti tanto presi d’assalto alle feste: bancarelle che vendono dai dolciumi ai giocattoli, dalla bigiotteria agli accessori, e c’è pure anche qualcuno che si occupa di street food. Per tutti loro, le perdite del 2020 – almeno fino ad ora – sono del 100%. «Francamente non capiamo perchè il settore non possa ripartire come tutti gli altri, fermo restando la piena adesione alle misure di sicurezza previste – osserva Giovanni Mauro Dolci -. È davvero l’ultimo comparto rimasto fermo. E ci è difficile credere che ci sia meno pericolo di contagio in una discoteca all’aperto rispetto a una fiera. Anche perchè: così come sono ripresi i mercati, ritornati a funzionare a regime il 18 maggio con la piena collaborazione dei Comuni, potrebbero ripartire anche le sagre e le fiere. Basta adottare le misure per la prevenzione dal rischio di contagio previste dalla Regione Lombardia». Nella lettera ai sindaci Fiva Bergamo ha ripetuto più volte le difficoltà degli operatori orobici: «Sono centinaia le famiglie nella nostra provincia che vivono solo di questo lavoro – chiosa il presidente di Fiva Bergamo - e non possono permettersi questa sospensione prolungata delle attività, senza nemmeno sapere quando potranno tornare a regime: il periodo di lockdown ha già fortemente messo alla prova la loro situazione economica. Chiediamo ai Comuni che si lavori, insieme, per la ripresa del settore».

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