Pianta esotica e «ustionante» in Valle Brembana. Eradicazione al via della Panace

L’OPERAZIONE. Censiti almeno 200 arbusti in Valle Averara e San Pellegrino. Arrivata dal Caucaso, sulla pelle causa bolle e reazioni simili a bruciature.

Valle Brembana

Via la «Panace di Mantegazza». La Comunità montana Valle Brembana punta a eradicare la pianta esotica e velenosa che infesta in particolare la Valle Averara (Santa Brigida e Cusio) e la zona compresa tra San Giovanni Bianco e San Pellegrino, sempre nei pressi del Brembo e dei corsi d’acqua.

Originaria del Caucaso

Una pianta originaria del Caucaso che, importata in Italia a scopo ornamentale, si sta diffondendo nei boschi e lungo i corsi d’acqua delle Orobie bergamasche e bresciane, ma che si è rivelata tossica e pericolosa per la salute umana. La «Panace di Mantegazza» è una specie esotica invasiva, individuata per la prima volta in valle Camonica nel 2007, poi diffusasi anche sulle Orobie: fiorisce in estate, quando può essere a contatto con gli escursionisti o i pescatori.

Anche gli animali rischiano di risentirne

La pianta contiene, in tutte le sue parti, sostanze fototossiche che, attraverso i succhi vegetali, possono entrare in contatto con la pelle umana, e nel caso questi vengano attivati dalla luce solare, provocare reazioni simili a ustioni. I sintomi possono comparire già nel giro di 15 minuti e dopo 24 ore trasformarsi in grosse bolle. La pelle può restare arrossata per mesi e rimanere più sensibile alla radiazione solare per alcuni anni. Anche gli animali (cani, gatti e cavalli, giusto per citare quelli da compagnia per l’uomo) rischiano di risentirne pesantemente.

Come riconoscerla

È quindi fondamentale saper riconoscere questa pianta e segnalare la sua presenza in modo che possano intervenire per sradicarla dal terreno con tutte le precauzioni del caso: servono pesanti tute e grosse guanti, vanghe e picconi, in alcuni casi ruspe e camion. La caratteristica più evidente è infatti la sua dimensione: in ambienti favorevoli raggiunge i quattro metri di altezza, con un diametro del fusto fino a 10 centimetri simile a quello del carciofo, e foglie lunghe un metro. Sulla pagina inferiore delle foglie e alle ascelle fogliari si sviluppano sottili peli attraverso i quali la pianta rilascia le proprie sostanze tossiche. I semi possono restare nel terreno per più anni conservando la propria capacità germinativa. La pianta cresce in boschi aperti, ai bordi delle radure e in habitat parzialmente ombreggiati; si trova anche in ambienti semi naturali o degradati, lungo le sponde dei fiumi, sul ciglio di strade, ferrovie, prati e pascoli.

«Individuate almeno 200 piante»

«Abbiamo approvato a febbraio il progetto esecutivo per la sua eradicazione - spiega l’assessore all’Ecologia e protezione civile della Comunità montana Val Brembana, Fabio Bordogna -. La pianta è presente da alcuni anni. Abbiamo effettuato un monitoraggio individuando almeno 200 piante, in particolare concentrate nei pressi del Brembo, in Valle Averara, ovvero nei comuni di Santa Brigida e Cusio, e poi tra San Giovanni Bianco e San Pellegrino. Una pianta pericolosa anche per l’uomo». «L’intervento di eliminazione - continua Bordogna - distruzione ed eradicazione sarà fatto da giugno. Si tratta del primo intervento sul nostro territorio, finanziato per 40mila euro dalla Regione, a seguito anche delle segnalazioni sulla sua presenza nel nostro territorio».

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