Cronaca / Valle Brembana
Mercoledì 21 Novembre 2018
Magnolie, faggi, castagni, sequoie, cedri
Ecco gli alberi più belli in Bergamasca
Breve viaggio con lo scrittore Tiziano Fratus, che da anni indaga sulla vita dei grandi vegetali. Da Pedrengo a Verdello, da Paladina a Clusone: la mappa interattiva degli alberi monumentali bergamaschi e italiani.
«C’è questo mio silenzio. E c’è il silenzio che abita i grandi alberi. E ci sono le vaste foreste, che sono grandi silenzi suddivisi e ordinati. E poi c’è la vastità dell’esistere, del pulsare, del nascere e del morire».
Lo scrittore bergamasco Tiziano Fratus da anni traccia sentieri seguendo il richiamo degli alberi, facendone compagni di vita e di pensiero, luoghi di ascolto e di meditazione. Come un viandante, un ricercatore, «Homoradix (uomo radice), come lui stesso si definisce, attraversa l’Italia e il mondo seguendo traiettorie naturalistiche, attingendo a una miniera inesauribile di storie, che poi traduce in libri, poesie, laboratori, mostre fotografiche, meditazioni.
Non dimentica mai la sua terra d’origine, presente anche nei suoi lavori più recenti, come «Il bosco è un mondo. Alberi e boschi da salvaguardare in Italia» (Einaudi) e «I giganti silenziosi» (Bompiani).
Lo abbiamo accompagnato in un breve itinerario alla scoperta degli alberi più belli della Bergamasca, con uno sguardo affettuoso, senza la pretesa d’essere esaustivo, con il desiderio di mettere in luce alcune caratteristiche e particolarità del nostro territorio. Siamo partiti dal cuore della città, dal giardino della Villa Grismondi Finardi, dove si trova una magnolia secolare: «Non è rimasto purtroppo quasi niente del patrimonio di alberi monumentali presenti in città fino a qualche anno fa» spiega Fratus, che da sempre mantiene e coltiva un rapporto d’amicizia e di collaborazione con l’Orto Botanico cittadino. «Molti hanno ceduto ai danni del tempo, si sono ammalati, sono caduti o sono stati tagliati. È rimasta però questa magnolia della Villa Grismondi Finardi, non visibile al pubblico perché si trova in un giardino privato.
Messa a dimora a fine ’700, è un albero bellissimo, con misure importanti, ma a colpire è soprattutto la sua struttura. Queste magnolie così antiche nascondono sotto la chioma grande e folta un fitto intreccio di rami e di radici. Sono sempre in ombra, molto elaborate e quindi affascinanti, con colori intensi e forme suggestive. Non sono molte le magnolie così belle in Italia. Anche per questo ne ho parlato nel mio libro “I giganti silenziosi”. Il parco in cui si trova è gestito con grande amore dai proprietari, è un peccato che non sia aperto al pubblico. Ogni ambiente diventa più bello se è soggetto alla lettura di uno sguardo esterno».
Basta spostarsi di pochi chilometri al di fuori dei confini cittadini, a Perdrengo, per trovare un altro albero monumentale: «Al centro del parco comunale - racconta Fratus - ci sono alcuni bellissimi cedri. Uno in particolare: non è il più grande della provincia ma è molto ben tenuto, ha un’architettura complessa e sana, la circonferenza del tronco è di 7 metri e 70, una misura importante. Con il grande cedro dell’Atlante che c’è a Verdello, nel parco della villa comunale, accanto ai giochi per bambini, è uno dei più belli rimasti in provincia. Ha circa due secoli, e non è facile trovare alberi più vecchi in aree urbane, è più frequente nei boschi o in montagna, perché sono creature viventi, si adattano ma fino a un certo punto, e quando raggiungono una certa età la manutenzione diventa complessa».
Questi «giganti verdi» contribuiscono a ricostruire una parte importante della storia del territorio, come avviene per esempio per la colonia di sequoie che si trova a Paladina nel parco della Villa Pesenti Agliardi, messe a dimora nella seconda metà dell’Ottocento. Fratus ce ne parla con lo stesso trasporto che avrebbe per inestimabili capolavori d’arte: «È una delle collezioni private più belle presenti in Italia. Questi alberi arrivano dagli Stati Uniti, dalla California. Sono stati importati prima in Inghilterra e poi nel resto d’Europa. I primi resoconti dei viaggiatori - molto attraenti per gli appassionati di giardini - parlavano di alberi-mammut. A un certo punto correva voce che anche i garibaldini piantassero sequoie in giro per l’Italia ma non è vero, è solo una leggenda. Anche queste sequoie di Paladina si trovano nel parco di una villa privata. C’è una ragione precisa: sui terreni pubblici molti alberi, soprattutto in pianura, con il tempo sono stati soppressi per lasciare spazio a strade, capannoni e centri commerciali». Con alcune fortunate eccezioni: «Anche a Clusone, per esempio, si trovano tre belle sequoie secolari, proprio in centro, nel parco Nastro Azzurro, accanto al Museo Arte Tempo».
Gli alberi possono formare suggestive «costellazioni», come accade ai faggi che si trovano sul monte Menna: «Sono ormai celebri tra i naturalisti e tra i viandanti che passano in questa zona perché sono tra i complessi di faggi più belli di tutto l’arco alpino; con loro il tempo è stato clemente. Non è facile dare un’età a questi alberi, potrebbero avere oltre due secoli. Sono uno diverso dall’altro, è tipico dei faggi lasciarsi modellare dall’ambiente in cui crescono, si sbizzarriscono assumendo le forme più strane e diverse».
Ci sono, in provincia, molti castagni secolari. Tra essi ce n’è uno speciale a Capizzone: «Si trova sulla collina, a Cà Benico, in un giardino privato. Ha 4 o 500 anni, una circonferenza che supera gli 8 metri. È un albero molto anziano e un po’ stanco, ma ci si può entrare perché a un certo punto uno dei proprietari ha scavato un varco all’interno, e c’è una porticina, come se fosse una casetta. Era una pratica diffusa negli anni ’80, forse le persone erano attirate dall’idea di potersi rifugiare dentro un albero così, e in effetti stare all’interno fa un effetto potente, suggestivo. Ci sono grandi castagni in molte zone della Val Seriana: per questi alberi la Bergamasca ha una grande tradizione».
Tra gli alberi più amati sul nostro territorio ci sono anche noci e ciliegi, si trovano in quasi tutti i giardini; in passato venivano coltivati anche i gelsi, che contribuivano a mantenere in piedi l’economia delle famiglie. «Negli alberi - conclude Fratus - c’è una quieta saggezza che si trasmette da una generazione all’altra». La stessa che si avverte se ci si ferma a contemplarli, in silenzio, facendosi, come loro, tronco e radice: «Quante storie hanno da raccontare, basta ascoltarli».
Un viaggio che è poesia e consapevolezza di avere un bene inestimabile da tutelare. Con questo obiettivo il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha pubblicato il primo elenco ufficiale degli alberi monumentali d’Italia. L’associazione Ondata ha elaborato questi dati da cui L’Eco di Bergamo è riuscito a realizzare queste infografiche che mostrano questro patrimonio storico e ambientale nella sua totalità.
Oltre alla mappa della provincia di Bergamo abbiamo realizzato anche la mappa di tutti gli alberi monumentali d’Italia.
Tra le informazioni che si possono estrarre dai dati c’è anche la circonferenza degli alberi. In questa infografica interattiva vi mostriamo tutti i fusti degli alberi monumentali italiani. Il più grande si trova a Palermo: l’enorme fico del giardino Garibaldi di Palermo, con i suoi 36 metri.
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