«La sclerosi mi ha portato via tutto
ma non è riuscita a rubarmi il sorriso»

La storia di Mary Fagone: le mani hanno iniziato a non rispondere più e ha dovuto lasciare il suo salone di bellezza. «Tanti vecchi amici mi hanno abbandonata, ma ho trovato quelli nuovi dell’Aism». «L’importante è reagire, Io cerco di non abbattermi e di non pesare sugli altri, con coraggio».

Quando Mary Fagone parla tiene le mani posate in grembo: una volta - quando aveva il suo salone di parrucchiera -, erano il suo strumento di lavoro, sembravano fatte apposta per creare bellezza. Da undici anni, però, convive con la sclerosi multipla, ora le sue dita faticano a chiudersi e in questo gesto mostra la sua debolezza. «La malattia - dice - mi ha portato via tutto, tranne il sorriso». Nei suoi occhi si legge anche tanta forza, un requisito essenziale per andare avanti. A portare luce nella sua vita sono gli affetti familiari, e soprattutto i suoi nipoti: Nicole, nove anni, e Mattia di tre. «Nicole - racconta Mary - è nata poco dopo che avevo scoperto la malattia. Mia figlia aveva bisogno di aiuto e questo mi ha indotto a reagire, mi ha salvato e spinto a trovare la forza di combattere».

I colpi della vita

Se prima il centro della sua vita erano il lavoro e un’intensa vita sociale, la sclerosi multipla l’ha condotta, suo malgrado, a ripiegarsi su se stessa, in bilico di fronte ai colpi della vita: «Non c’è stata, purtroppo, solo questa patologia a darmi del filo da torcere. Poco dopo la diagnosi ho notato che mio figlio, allora venticinquenne, si isolava sempre di più. Aveva perso il lavoro e credevo fosse depresso, ma la situazione in realtà era più complessa». Si è trovato imprigionato nei labirinti della sua anima, senza trovare strumenti per liberarsi: «Con molta sofferenza abbiamo dovuto obbligarlo al ricovero, e i medici gli hanno poi riscontrato una forma di schizofrenia. Da allora gli sono sempre rimasta accanto». Vivono ancora insieme a Valbrembo, anche se le condizioni di Mary nel frattempo sono peggiorate, lei stessa ora ha bisogno di assistenza, e la situazione non è facile: «Il mio sogno - spiega - sarebbe poter vivere a Barzana, vicino a mia figlia, in un piccolo appartamento, se solo riuscissi a trovarlo con un affitto che mi possa permettere».

Mary è sempre stata una donna coraggiosa, indipendente: si era appena messa per conto suo, aprendo un piccolo negozio a Sorisole, quando ha avvertito i primi sintomi. «Mi sono accorta di non controllare bene le mani che a volte facevano movimenti strani. E poi mi sentivo spesso una gamba addormentata. Secondo il medico era colpa dello stress, del lavoro, perché stavo in piedi per dodici ore al giorno. Era difficile mettere a fuoco che davvero stava succedendo qualcosa di più grave. Non riuscivo neppure a riposare bene di notte, continuavo a lavorare, a stringere i denti e a resistere, ma mi sembrava di essermi risvegliata all’improvviso all’inferno. Ho iniziato a zoppicare, e per rimettermi un po’ in sesto mi sono rivolta a un chiropratico. È stato lui a consigliarmi di sottopormi ad esami più approfonditi, prima di tutto un’elettromiografia».

Non si parla molto di sclerosi multipla, una patologia insidiosa, degenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale: Mary non ne sapeva nulla, e si è trovata di colpo ad affrontare un problema che le sembrava più grande di lei. «L’esito dell’esame, eseguito all’ospedale di Bergamo, ha messo in evidenza un’anomalia, e subito dopo mi hanno mandato dal neurologo. Mi hanno ricoverato per un mese sottoponendomi ad analisi di cui non avevo mai sentito parlare. Alla fine è arrivata la diagnosi di sclerosi multipla ed è stato un incubo, un colpo durissimo».

«Malattia tremenda»

Ne è seguito un periodo critico, in cui Mary ha dovuto fare i conti con la sua nuova condizione: «Questa malattia è tremenda, a me ha portato via tutto. Nel salone come parrucchiera dovevo stare in piedi tutto il giorno, e non mi era più possibile farlo. Ho dovuto lasciare il lavoro e rinunciare alla mia autonomia». È stato il passo più doloroso, una ferita che sanguina ancora, perché le ha fatto sperimentare che, come scrive Marco Aurelio «vivere è un’arte che assomiglia di più alla lotta che alla danza, perché bisogna sempre tenersi pronti e saldi contro i colpi che ci arrivano imprevisti». Mary aveva sempre desiderato comprarsi una casa, ma aveva continuato a rimandare dando priorità ad altre spese: «Pensavo che avrei avuto tempo di farlo più in là, pensando semplicemente di trovarmi un posto tranquillo dove trascorrere la vecchiaia; era un sogno rimasto nel cassetto, e a quel punto mi sono resa conto che non avrei più potuto realizzarlo. Con la sclerosi multipla e la perdita del lavoro ho dovuto fare le valigie e lasciare l’appartamento dove vivevo con i miei figli, perché non potevo più pagare l’affitto. Mi sono trovata in una situazione di grave incertezza, e mi sento ancora così, senza un posto preciso nel mondo. Tornata da mia madre sono rimasta con lei fino a quando è morta, due anni fa: è stata una grande sofferenza, e ho provato una solitudine profonda, perché il suo affetto e il suo sostegno mi hanno aiutato moltissimo, facendomi superare i momenti peggiori».

La richiesta di tanta energia

Poi è arrivata anche la malattia del figlio, un altro imprevisto che ha richiesto un dispendio supplementare di energia: «Per molto tempo non sono riuscita ad accettarlo né a farmene una ragione: una madre desidera sempre il meglio per i figli, lui è sempre stato un ragazzo solare, desidero tanto vederlo felice. Spesso, però, si ritira da solo nel suo mondo».

La sclerosi multipla ha continuato il suo lento cammino: «I disturbi si sono estesi gradualmente a entrambe le gambe, una mano non si apre più e un braccio si è irrigidito». Nonostante questo, Mary si è adattata e ha risposto colpo su colpo, ora per camminare usa un bastone e talvolta il deambulatore, dall’anno scorso può contare anche su un mezzo elettrico che le permette di continuare ad avere un po’ di indipendenza. «Lo uso per le commissioni in paese - afferma - per fare la spesa e andare in farmacia, e ogni tanto per passeggiare, perché un po’ d’aria e di sole cambiano subito l’umore». L’aiutano i trattamenti di fisioterapia all’istituto di riabilitazione di Mozzo: «Mi propongono accorgimenti ed esercizi di mobilità adatti alle mie capacità, che possono aiutarmi ad affrontare i problemi quotidiani, come sollevare un cucchiaio per mangiare. Sembrano piccole cose, ma per me sono conquiste molto importanti, che mi procurano soddisfazione e sollievo. La nostra è una malattia subdola, ogni mattina mi sveglio avvertendo qualche nuovo disturbo, mi trovo davanti un altro problema da risolvere, e ci vogliono tante risorse per affrontare questa condizione».

Mary non riesce sempre a ottenere comprensione e sostegno, a volte si sente relegata ai margini: «Prima di ammalarmi avevo un folto gruppo di amici. Condividevamo la passione per il ballo, seguivamo insieme dei corsi, frequentavamo i locali. Da quando hanno saputo che mi sono ammalata, però, sono spariti quasi tutti, non li ho più visti né sentiti. Non è facile far capire alla gente che la sclerosi multipla non è contagiosa e che non intacca il carattere e la possibilità di intrattenere relazioni con le persone». Mary ha perso i vecchi amici ma ne ha trovati di nuovi grazie all’Aism, l’Associazione italiana sclerosi multipla: «Mi sono avvicinata a questo gruppo per caso. Un giorno in ospedale ho incontrato una cliente del salone e dopo avermi confidato che anche lei aveva la sclerosi multipla, mi ha fatto conoscere alcuni membri dell’associazione. È stata una bellissima scoperta, ho iniziato a frequentare le attività, i corsi in palestra, gli incontri. È fondamentale potersi confrontare, ci diamo una mano a vicenda. All’inizio ho faticato molto a raccontare la mia esperienza personale, ma quando sono riuscita a farlo mi sono sentita sollevata, ho scoperto molte similitudini con le vite di altri, e ho capito che mettere in comune le sofferenze aiuta a renderle più leggere. Chi soffre della stessa patologia comprende davvero che cosa si prova, quali sono gli ostacoli quotidiani, come affrontare non solo i sintomi ma anche i pregiudizi delle persone».

La gioia dei nipoti

Mary, a causa delle sue condizioni di salute, non riesce a partecipare alle attività di raccolta fondi Aism «dal vivo», ma trova comunque tanti modi diversi e informali per collaborare alle attività di volontariato.

La famiglia resta per lei un insostituibile punto di appoggio: «È una festa quando posso stare con i miei nipoti. Con loro non ho bisogno di giustificazioni, mi accettano come sono. Non posso correre né giocare a nascondino, ma posso intrattenerli in modo diverso, per esempio raccontandogli delle storie. Mi regalano moltissima gioia».

Da quando è iniziata la pandemia la vita di chi ha una malattia cronica degenerativa come Mary è diventata più difficile: «Nei mesi del primo lockdown siamo rimasti isolati, non siamo più usciti nemmeno per le più semplici commissioni o per passeggiare, per timore del contagio, e le giornate sono diventate lunghissime. Nei giorni scorsi mi è capitato che mi mancasse il fiato, mi è venuta un po’ di febbre e dato che i sintomi erano simili al covid ho dovuto sottopormi a tutta la trafila degli accertamenti, anche se ero certa che i miei problemi di salute fossero legati alla mia patologia».

La salute di Mary è instabile, la sua vita è come quella del funambolo, priva di ancore e di certezze, ma come scrive la celebre coreografa Pina Bausch: «La tua fragilità è anche la tua forza», questa situazione l’ha stimolata a trovare altre possibilità. «Quando parlo con gli amici dell’Aism - conclude - scopro sempre qualcosa di nuovo, ognuno vive la malattia in modo diverso. L’importante però è reagire, io cerco di non abbattermi. Cerco di non pesare sugli altri, sono sempre stata abituata a contare su me stessa, a metterci impegno e coraggio. La sclerosi multipla è cattiva, ho perso il conto di quante cose mi abbia portato via, ma io sono più tenace, cerco ogni giorno una strada per resistere»

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