In sedia a rotelle è diventato DinAmico
E in casa la domotica risponde a lui

La storia di Mauro, 13 anni, di Villa d’Almè: con mamma Alessandra ha aperto un appartamento per ragazzi con disabilità.

«Superman, Spiderman… Oppure sei tu un eroe, sì sei tu, che lotti per vincere, magari un premio o soltanto autonomia, tu che pensi: io non sono normale, le persone normali corrono, saltano e sentono il terreno sotto i piedi. Ma hai mai provato a pensare che nessuno è diverso in fondo? Anzi, i disabili non si allenano per vincere un trofeo di calcio, ma per essere sempre più abili». Mauro ha 13 anni, vive con la sua famiglia a Villa d’Almé e per spostarsi deve usare una sedia a rotelle. Nelle pagine del suo blog storiemauro.wordpress.com scrive poesie, racconti, recensioni, pensieri, e il filo conduttore è sempre il coraggio, così come lo descrive Seneca: «Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili».

Disabili più abili

Mauro ha formato con la sua famiglia una squadra inossidabile e col tempo non solo ha imparato a comprendere i suoi limiti ma ha individuato nuove strade per superarli e aiutare altri a farlo. Così due anni fa ha fondato con la mamma Alessandra Bignamini l’associazione «DinAmico onlus» (dinamico-onlus.org), con l’obiettivo di rendere le persone con disabilità davvero «più abili». Ha un grande talento per il computer, già sogna di seguire le orme di suo fratello Davide che studia Informatica all’Università di Trento.

È affascinato anche dagli sport «estremi» come il freestyle in carrozzina, gli piacerebbe perfino imparare qualche evoluzione acrobatica, che è proprio l’opposto di ciò che si immagina pensando a una persona con problemi motori.

La disabilità di Mauro è l’eredità pesante di un parto prematuro, seguito da mesi difficili, trascorsi in Terapia intensiva neonatale: «Ho pianto tanto pensando alla sfortuna di mio figlio – ricorda Alessandra –, mi sentivo schiacciata dal senso di impotenza. Mi sarebbe piaciuto rimuovere tutti gli ostacoli dalla sua strada, e nei primi anni abbiamo lottato strenuamente seguendo ogni possibile terapia perché non potevamo abbandonare la speranza. Abbiamo iniziato subito le attività di riabilitazione, mettendoci moltissime energie. Non volevamo arrenderci alla diagnosi, ci auguravamo sempre di spingerci oltre, di migliorare, di sovvertire i pronostici».

Sono serviti tempo e pazienza per accettare la situazione e capire come procedere: «È arrivato un momento – continua – in cui ci siamo resi conto che non era più il caso di combattere con i mulini a vento. Il nostro compito era piuttosto quello di riconoscere i punti di forza di nostro figlio e aiutarlo a valorizzarli».

Alessandra ha scelto di vedere il bicchiere mezzo pieno, e di seguire la via della gioia e dell’amore, ben consapevole che esse sono «ali per le più grandi imprese», come dice Goethe. «Mi sono sempre adoperata perché Mauro non si deprimesse – prosegue – e non considerasse i suoi problemi come un alibi per lasciarsi andare, per evitare di affrontare la vita. Ho cercato di convincerlo che è sempre meglio partire con una marcia in più, cercando la forza dentro di sé. Non è stato facile, cerco di mantenere l’equilibrio tra concessioni e richieste, come si fa abitualmente con i figli, ma con una dose in più di attenzione e ascolto, cercando di cogliere i suoi segnali, sapendo a volte di pretendere fatica e sforzo da parte sua, per esempio quando lo spingo a continuare con costanza gli esercizi di riabilitazione».

Mauro ha un carattere combattivo, ha una bella riserva di entusiasmo e ha reagito positivamente a questi stimoli, accettando di insistere anche nei momenti difficili, superando le frustrazioni e gli insuccessi: «È sereno, solare e aperto – osserva Alessandra –, ha imparato a scherzare sulle sue difficoltà, e questo lo ha aiutato anche nei rapporti con gli altri. È diventato rappresentante di classe, gli piace scrivere e ha vinto il concorso letterario promosso dall’associazione ConGiulia. Si è costruito il suo sito internet, è molto abile con le nuove tecnologie. Sono buone premesse per il futuro».

È capitato che i compagni, gli amici e le loro famiglie avessero a volte un po’ di timore ad accoglierlo: «Non tutti sanno come ricevere una persona disabile a casa propria o a una festa di compleanno, alcuni si sentono inadeguati e a disagio, in realtà mio figlio non ha mai avuto necessità particolari. Queste paure sono un segno di quanto ci sia ancora da fare dal punto di vista dell’integrazione e dell’inclusione in ogni ambito: è necessario abbattere le barriere architettoniche, ma anche alimentare una mentalità e una cultura diversa».

La partenza dallo sport

Il desiderio di mettersi in gioco in prima persona creando un’associazione è nato da questa constatazione e da un’esigenza personale: «Mio figlio avrebbe voluto impegnarsi in un’attività sportiva, ma non sapevamo da dove incominciare. Ci mancavano informazioni e punti di riferimento. Confrontandomi con altri genitori mi sono accorta che era un problema diffuso, ho notato che mancava un soggetto che aiutasse i ragazzi a orientarsi. Così ho provato ad allargare gli orizzonti, ho conosciuto persone e associazioni attive in quest’ambito come Sportiamo (in Brianza), ho parlato con l’atleta paralimpico Giordano Tomasoni e con Mauro Bernardi, maestro di sci, fondatore di Enjoysky. Così mi è venuta l’idea di inventare un percorso originale che offrisse attività inclusive, aperto a tutti, un primo contatto con le discipline sportive».

Così è nata DinAmico onlus, che in due anni ha già fatto molta strada: «La nostra prima impresa è stata organizzare attività di psicomotricità in una palestra di Villa d’Alme, rivolte a ragazzi dai 6 ai 13 anni, normodotati e con disabilità. Attualmente sono coinvolti una quindicina di volontari, per seguire ognuno con la necessaria cura». Un incontro a settimana, sempre molto intenso e con iniziative ogni volta diverse: «Abbiamo coinvolto per esempio un’insegnante di orienteering, è diventata una nostra volontaria, con lei abbiamo fatto indossare le imbragature ai bambini, anche quelli che non possono muoversi, gli abbiamo fatto fare percorsi aerei con le carrucole. Poi ne abbiamo inventati altri da seguire al buio, con le candele. Una volta al mese presentiamo uno sport con l’intervento di esperti: basket in carrozzina, danza, scherma, bocce».

Alessandra non ha smesso di sognare e di immaginare come spingersi «oltre»: «Uno dei pensieri più assillanti per i genitori di un ragazzo con disabilità è quello di renderlo capace, un giorno, di gestire autonomamente la propria vita. Ne parliamo spesso con Mauro e anche in quest’ambito abbiamo notato che le famiglie vengono lasciate sole». Si dedica a questo compito, infatti, la terapia occupazionale, una disciplina dedicata allo sviluppo, recupero o mantenimento di competenze della vita quotidiana e rivolta a persone con disabilità: «È un’opportunità preziosa, ma non esistevano luoghi adatti a svolgere questa attività con i bambini e mi sono chiesta come colmare questo vuoto».

Alessandra si è messa in contatto con la Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII - ora diretta da Patrizia Stoppa - che ha creduto nella validità del progetto e ha messo a disposizione uno spazio in via Borgo Palazzo 130, adiacente ai suoi padiglioni, e l’associazione l’ha ristrutturato realizzando una grande cucina e un bagno con attrezzature speciali: «Creare uno spazio adeguato è stata una bella sfida. Ci siamo documentati visitando altri centri di questo tipo, ma senza riuscire a individuarne uno dedicato in modo specifico ai bambini, perciò abbiamo pensato autonomamente ai necessari adattamenti, con l’aiuto prezioso e spesso volontario di alcuni professionisti». È un appartamento molto accogliente: «Abbiamo usato la domotica – osserva Alessandra –, abbiamo studiato i colori, le luci, le forme in modo che si adattassero alle esigenze dei bambini, ma ci siamo preoccupati anche dell’impatto estetico, scoprendo che l’accessibilità può essere ottenuta senza sacrificare la bellezza, senza avere la sensazione di immergersi in un ambiente ospedaliero, con soluzioni e accorgimenti che possono essere “copiati” anche a casa».

Inaugurata lo scorso novembre

L’inaugurazione è avvenuta alla fine di novembre, nuove iniziative saranno avviate all’inizio dell’anno, sempre con la finalità di potenziare l’autonomia di ragazzi dai 6 ai 13 anni con una disabilità congenita o acquisita: «Ogni percorso – osserva Alessandra – sarà strutturato in collaborazione con la Neuropsichiatria. Ci concentreremo sulla preparazione dei pasti e sull’igiene personale, quindi sull’apprendimento di gesti di vita quotidiana. Non si tratterà soltanto di cucinare alcune ricette insieme, ma andremo a fare la spesa, impareremo a maneggiare attrezzature e ingredienti, ci dedicheremo alla coltivazione delle piante aromatiche. Ognuna di queste attività costituisce un allenamento all’indipendenza che poi potrà continuare a casa. Tutte contribuiscono a instaurare routine positive e a potenziare l’autonomia dei ragazzi».

Un’idea innovativa da esportare

Alessandra ha sperimentato in questa occasione quanta passione e quanta generosità possano nascere intorno a un progetto di valore: «Tante persone, enti, associazioni ci hanno dato fiducia e contributi concreti, abbiamo trovato sponsor privati, abbiamo sfruttato piattaforme di crowdfunding. Il costo complessivo è stato intorno ai 90 mila euro e alla fine siamo riusciti a sostenerlo. È un’idea innovativa e nasce a Bergamo come progetto pilota, speriamo di poterla portare in futuro anche fuori dai confini cittadini». Mauro ha preso sul serio il suo ruolo di co-fondatore di DinAmico, ha collaborato alla realizzazione dell’impianto di domotica, è in grado di controllarlo in remoto attraverso una app: anche questo è un passo importante, come scrive nel suo blog, per «cambiare i modi di pensare e di agire delle persone».

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