Cronaca / Valle Brembana
Giovedì 01 Settembre 2022
È morto il 31enne caduto ad Averara mentre montava una rete paramassi
La tragedia. I sindacati: «Assurdo che si verifichino ancora cadute dall’alto».
È morto in ospedale a causa delle ferite riportate nell’incidente sul lavoro che lo ha visto coinvolto martedì 30 agosto. Il 31enne, Omar Ait Youssef, residente a Mondovì (Cuneo) ma di origine marrocchina, era caduto da un’altezza di 8 metri, mentre lavorava alla messa in opera di reti paramassi su una parete del comune di Averara. Le sue condizioni erano apparse subito molto gravi, aveva subito un forte trauma cranico, sul posto era accorso l’elicottero per trasportarlo in ospedale. Purtroppo non c’è stato nulla da fare e dopo poche ore dal ricovero è spirato.
Solo due mesi fa l’ennesimo infortunio mortale avvenuto in un cantiere a Milano, che aveva coinvolto un carpentiere di 59 anni di Pontirolo investito da un braccio della gru che si è spezzato e lo ha colpito.
«E’ da tempo che denunciamo come le cadute dall’alto siano la prima causa di infortunio grave o mortale nel settore dell’edilizia - dichiarano Giuseppe Mancin della Feneal Uil, Simone Alloni della Filca Cisl e Luciana Fratus della Fillea Cgil di Bergamo - Per questo come sindacato abbiamo voluto con forza un tavolo provinciale, dove tutte le parti (istituzionali, datoriali e sindacali) si stanno adoperando per analizzare le situazioni critiche e individuare nuove procedure di lavoro che consentano di contrastare questo tipo di incidenti. Ora restiamo in attesa degli accertamenti da parte degli organi preposti, affinché si chiariscano meglio l’esatta dinamica e le responsabilità sull’accaduto. Non si può certo parlare di tragica fatalità o di destino: se vengono utilizzati tutti i dispositivi di protezione, in questo caso l’imbragatura, queste tragedie non possono accadere. Proprio per questo vanno accertate fino in fondo tutte le responsabilità ad ogni livello. Non ci stancheremo mai di denunciare e ribadire come la formazione, l’informazione e l’utilizzo di tutti i dispositivi di protezione insieme agli investimenti sulla sicurezza siano la “precondizione” per lavorare e per poi tornare a casa dai propri affetti. La salvaguardia della vita umana deve venire prima di tutto!»
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