Un «mare» di detriti nel lago, già recuperate 150 tonnellate

SEBINO. Tra Lovere e Costa Volpino un’isola di rami e rifiuti ampia 300 metri per 50. Anche pecore e cinghiali morti trasportati dalla piena dell’Oglio.

Un’isola galleggiante davanti a Lovere e Costa Volpino: lunga 300 metri, larga 50, è formata da tronchi, ramaglie, rifiuti di plastica, palloni da calcio, carcasse di animali. «È quello che è venuto giù dal fiume Oglio nelle ultime due settimane – racconta Marco Terzi, amministratore unico della società Manutenzione e Promozione Laghi – e per fortuna è ancora tutta qui vicino alla foce: stiamo lavorando per raccoglierla prima che si disperda per tutto il lago».

A bordo dei due battelli spazzino operano quattro persone: uno il pilota, l’altro l’operaio che smuove il materiale per caricarlo sull’imbarcazione e portarlo a riva. Avvicinandosi all’isola di rifiuti, si vedono gabbiani e cormorani appoggiati ai tronchi, tutto ondeggia. «Quello che si vede in superficie – aggiunge Terzi – è poca cosa rispetto a quanto effettivamente recuperiamo: ci sono per esempio alberi che hanno il tronco immerso nell’acqua: è come un iceberg, ma tutto da portare via».

«Già arrivati a 150 tonnellate»

I numeri sono impressionati: «Siamo già arrivati a 150 tonnellate in pochi giorni per una spesa prevista di 70mila euro: le piogge eccezionali di martedì e giovedì hanno aggravato una situazione che era difficile già da fine settembre. L’anno scorso avevamo raccolto complessivamente 800 tonnellate perché questi eventi atmosferici si verificano cinque o sei volte all’anno, con costi per noi che rischiano di diventare insostenibili».

Il fiume Oglio trascina con sé anche pecore o cinghiali morti, e quando i tronchi vanno alla deriva l’avviso di cauta navigazione non basta: «So che la società dei battelli deve continuamente intervenire per riparare o sostituire le eliche delle motonavi». Dal ponte del battello spazzino è sufficiente abbassare lo sguardo per ritrovarsi avvolti dal materiale galleggiante: l’acqua è limacciosa, quasi gialla, qui come alla foce del torrente Borlezza a Castro.

«Tutti i tronchi accatastati a riva – conclude Terzi – se venissero tagliati prima di essere sradicati dalla furia dell’acqua sarebbero legname prezioso, con un loro valore commerciale; al contrario, quando arrivano al lago sono rifiuti, pieni di plastica e sabbia, che nessuno vuole comprare. Così oltre ai costi del recupero dobbiamo sostenere anche quelli del loro smaltimento». Fino alla prossima ondata.

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