Troppo fredda l’acqua del lago e le sardine non abboccano

SEBINO. In ritardo la stagione della pesca: temperature basse per la riproduzione dei pesci.

Per il Sebino la pesca della sardina è un evento sportivo e insieme di costume. Ma l’inizio è deludente: poche sardine all’amo. La pesca è stata riaperta come di consueto il 15 giugno, ma diversamente allo scorso anno la stagione non inizia sotto i migliori auspici. I tanti pescatori dilettanti lamentano la scarsità di pesci all’amo: l’acqua è ancora troppo fredda a causa delle prolungate piogge e nevicate in quota e la sardina, che si riproduce preferibilmente nelle ore notturne, ha bisogno di una temperatura tra i 18 e 20 gradi per deporre le uova che con il freddo non si schiudono.

La scarsità di sardine è stata una delusione per le centinaia di pescatori che si riversano lunghe le rive con canne e bilancelle, soprattutto nel tardo pomeriggio, muniti di ogni sorta di viveri per la cena da condividere con gli amici e altri con le morose, le mogli e i figli al seguito. Sponde, lungolago, aree verdi, muretti e altri spazi brulicano di pescatori intenti a tirare su e giù le lenze. Un evento sportivo e sociale che si ripete ogni anno con un tocco di folklore per il lago. La conferma che la riproduzione delle sardine è in ritardo viene dai pescatori di professione. «Si cominciano ad intravvedere i primi esemplari, ma l’acqua è ancora troppo fredda» dice Raffaele Barbieri, rappresentante dei pescatori professionisti della sponda bresciana. Secondo Danilo Baiguini di Costa Volpino, unico pescatore di professione operativo sulla sponda bergamasca, «sarebbe stato opportuno prolungare il divieto per non recare danno a questo pesce. Inoltre, oltre alle sfavorevoli temperature, si vedono solo esemplari isolati di grosse dimensioni, invece dei grossi banchi argentati».

Se la pesca della sardina è libera, restano protette invece le alborelle (Alburnus alburnus), specie ittica che rappresenta il primo anello della catena alimentare di tutte le altre specie, per questa ragione va salvaguardata. A causa del suo forte decremento, nel 2011 Regione Lombardia emanò il primo provvedimento di divieto di pesca, che per il Sebino è assoluto, ovvero non ha scadenza. In passato durante la frega in prossimità delle rive si vedevano grandi banchi di alborelle. Ora non più. «Una cosa è certa. Sono diminuite notevolmente - sottolinea Danilo Baiguni -. Ma c’è una speranza. Lo scorso inverno e questa primavera a Vello ne ho viste parecchie».

Per favorire la rinascita della specie e il suo ripopolamento, nel Sebino lo scorso anno la Regione ha finanziato un progetto sperimentale di 50mila euro per la creazione di letti di pietrisco per la frega nei fondali stabili: uno nella Riserva delle Torbiere, un altro all’esterno delle Lamette e un terzo in zona Punta Est di Clusane. È presto per dire se le alborelle cominceranno a riprodursi. Gli ittiologi per il momento monitorano i luoghi. Lo sapremo tra qualche anno.

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