Sara s’è svegliata e ha chiesto: chi sei? Lui: «Ho sentito l’impulso di colpirla»

L’INDAGINE. Carabinieri insospettiti perché teneva una mano in tasca: c’erano le ferite.

«Facci vedere quella mano!», gli hanno intimato i carabinieri, notando che teneva insistentemente la destra in tasca. Iniziava in quel preciso istante il domino di sospetti che avrebbe condotto Jashandeep Badhan, 19enne di origini indiane, fino alla confessione. E dire che nella caserma da cui è uscito come presunto assassino, sabato 26 ottobre ci era arrivato da persona informata sui fatti. E cioè, da testimone chiamato per testare la versione della 17enne che quella notte si trovava in casa con Sara Centelleghe e su cui nelle prime ore convergevano i dubbi degli inquirenti. La ragazzina aveva raccontato di un appuntamento a cui lui non s’era presentato.

L’indagine

I carabinieri della compagnia di Clusone e del nucleo investigativo di Bergamo, coordinati dal pm Giampiero Golluccio, più che per le risposte di Badhan, hanno finito per insospettirsi di quel particolare. E così gli hanno chiesto di mostrare quella mano tenuta nascosta per tutta la durata del confronto. Quando l’ha estratta, ai militari sono apparse le lesioni da taglio e la possibile soluzione del giallo. Perché quelle ferite sono state ritenute compatibili col sangue sgocciolato sul pianerottolo e sulle scale del palazzo di via Nazionale a Costa Volpino dove poche ore prima, verso l’1 della notte tra venerdì 25 e sabato 26 ottobre, Sara era stata trovata agonizzante dall’amica 17enne. Gli inquirenti ipotizzano che il giovane se le sia procurate sferrando i colpi di forbice alla vittima.

Un accanimento che un po’ stride con la vaghezza del movente: «Non so perché l’ho fatto». Ma che è compatibile con lo stato di alterazione in cui potrebbe aver agito

Le risposte ai carabinieri

Badhan, elettricista per una ditta di Endine, ha provato a giustificarsi, raccontando d’essersi ferito al lavoro. «Non sei andato al pronto soccorso?», gli hanno chiesto i carabinieri. «No, e nemmeno ho avvertito il mio titolare», ha ribattuto lui, avventurandosi in un castello di risposte arrabattate, che è crollato miseramente sotto il fuoco di fila delle domande. L’arresto è scattato un paio d’ore più tardi, con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Trenta i fendenti a collo, testa e viso. Un accanimento che un po’ stride con la vaghezza del movente: «Non so perché l’ho fatto». Ma che è compatibile con lo stato di alterazione in cui potrebbe aver agito. Lui stesso, in un interrogatorio sofferto che lo ha visto in lacrime in diversi momenti, ha confidato di aver bevuto molto, sin dal pomeriggio, passato - come la serata - a zonzo con gli amici. Alcuni testimoni parlano anche di cocaina assunta in quantità non modiche.

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Se i due si fossero incrociati, sarebbe mai accaduto questo delitto? È la domanda che aleggia ora

I militari hanno sequestrato i i telefonini dell’arrestato, della 17enne e della vittima (trovato nell’abitazione del giovane) con le chat da cui risulta che il venerdì (25 ottobre) lui aveva chiesto alla minorenne un appuntamento (non galante, sul motivo sono in corso accertamenti). Lei aveva rifiutato, intenzionata a restare con l’amica, che aveva trascorso la giornata in casa a studiare. Solo quando quest’ultima, alle 23,30, s’era addormentata, la 17enne lo aveva contattato per vedersi sotto casa. Lei è scesa. Lui, che abita nella palazzina gemella , è passato dai box e non l’ha incontrata. Così è salito nell’abitazione di Sara, convinto di trovarci la minorenne. Se i due si fossero incrociati, sarebbe mai accaduto questo delitto? È la domanda che aleggia ora e che fa capire quanto possano influire i capricci del destino in alcune tragedie.

Martedì 29 ottobre Badhan sarà sottoposto a interrogatorio di convalida dell’arresto in ospedale, dove è stato ricoverato

Quando Badhan è comparso nella camera di Sara, lei si è svegliata di soprassalto e ha chiesto «Chi sei?». Il 19enne ha raccontato di aver sentito in quell’istante l’impulso di aggredirla. Dopo averla colpita, ha cercato di infilarsi le ciabatte che aveva perso nella concitazione. Ma, impregnate com’erano del sangue della vittima, gli rendevano incerta e scivolosa la camminata. Così è uscito scalzo, lasciando impresse sul pianerottolo le orme insanguinate che poi i carabinieri hanno repertato. Ha messo gli indumenti sporchi di sangue in uno zaino e se n’è andato a dormire. L’indomani mattina, quando i carabinieri l’hanno svegliato per convocarlo in caserma, il 19enne ha indossato gli abiti da elettricista, pur non dovendo lavorare. Un altro particolare che ha finito per insospettire.

Martedì 29 ottobre, assistito da Fausto Micheli, sarà sottoposto a interrogatorio di convalida dell’arresto in ospedale, dove è stato ricoverato per il suo stato psicologico alterato e per scongiurare episodi di autolesionismo.

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