Morto folgorato in acciaieria: «Generoso, era una colonna per il nostro paese»

Castro Il paese è ammutolito di fronte all’ennesima tragedia sul lavoro, che si è portata via una persona stimata e benvoluta da tutti. La casa in cui Giancarlo Carizzoni viveva con la moglie Rossana Gallizioli e due figli, è stata visitata fin dal mattino da amici, familiari e conoscenti.

«Giancarlo era una di quelle persone che tengono in piedi una comunità» Tra i primi ad arrivare nella casa di Carizzoni, il tecnico morto mercoledì 11 maggio a Vicenza, folgorato da una scarica elettrica nell’acciaieria dove stava compiendo lavori di manutenzione, è stato don Giuseppe Azzola, l’ex parroco di Castro, che ha avuto Giancarlo come fidato collaboratore per dieci anni. «È stato il mio braccio destro – conferma il sacerdote – impegnatissimo in oratorio e in parrocchia, era uno dei componenti più attivi del consiglio pastorale. A lui per cinque anni ho chiesto di essere il referente per la catechesi e altri cinque per la liturgia.

L’ex parroco don Giuseppe Azzola: «È stato il mio braccio destro, impegnatissimo in oratorio e in parrocchia, era uno dei componenti più attivi del consiglio pastorale»

Alle processioni stava davanti ai chierichetti a dare il passo affinché tutto fosse in ordine, della chiesa conosceva praticamente ogni dettaglio. Giancarlo era uno di quei laici a cui un parroco può affidarsi per sapere tutto della vita e delle scelte di una comunità».

Il microfono riparato

Un aneddoto, raccontato dal sindaco Mariano Foresti, conferma queste parole: «Domenica scorsa ero a Messa, e a celebrare c’era un frate. Il microfono non andava, e il frate stava dicendo che avrebbe alzato la voce e che tutti lo avremmo comunque sentito. Tra i banchi c’era anche Giancarlo che si è alzato e in tre secondi ha risolto il problema, riportando l’audio regolare in tutta la chiesa. Era davvero una colonna per il nostro paese».

Nelle fotografie che documentano la vita della parrocchia di Castro, Giancarlo Carizzoni è sempre in prima fila, sempre impegnato. «Se diceva di no è perché doveva lavorare – ricorda Riccardo Vender, della Canottieri Sebino di Lovere, società per la quale si allenano e gareggiano i due figli del tecnico scomparso a Vicenza, che hanno 18 e 12 anni –, sapeva praticamente fare di tutto e, dote che in pochi possiedono, capiva che una cosa andava sistemata un secondo prima che si rompesse. Abbiamo deciso di abbassare le bandiere in segno di lutto».

Tra i famigliari di Carizzoni anche lo storico sindacalista della Cisl Mario Gualeni (è suo zio) che non si è mai risparmiato per difendere e promuovere la sicurezza sul lavoro.

Leggi anche

© RIPRODUZIONE RISERVATA