Fatture false, due fratelli imprenditori e un commercialista tra i sei arrestati

L’INCHIESTA. Tre persone in cella, altrettante ai domiciliari tra Carobbio, Zandobbio e San Paolo d’Argon. Evasione fiscale e autoriciclaggio: sequestrati 9 milioni. Una triangolazione tra l’Italia e banche bulgare.

Con il classico castello di società cartiere e fatture per operazioni inesistenti, dal 2018 avrebbero sottratto al fisco una montagna di denaro, che veniva ripulito tramite una triangolazione bulgara nella quale entravano in azione gli spalloni moderni, e cioè non più quelli che si arrampicavano a piedi lungo i sentieri innevati tra Italia e Svizzera, bensì quelli che ora viaggiano sui voli low-cost soprattutto verso l’Europa dell’Est.

Nove milioni e 400 mila euro sono stati sequestrati con un decreto del 19 novembre: i finanzieri hanno messo le mani su orologi Rolex e Audemars Piguet, proprietà immobiliari anche di pregio, conti bancari, 33mila euro in contanti, auto, lingotti d’oro e altri beni di lusso. È quello che il pm Paolo Mandurino considera il tesoretto di un’associazione per delinquere finalizzata ai reati tributari e all’autoriciclaggio. Accuse, a vario titolo, che venerdì mattina hanno portato i militari del nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Bergamo a bussare a sei abitazioni.

Tre persone sono finite in carcere: M. C., 38 anni, di Carobbio, imprenditore di una ditta di marmi e graniti del paese, estranea all’indagine; M. C., 33 anni, nato ad Alzano e residente a Sant’Antioco, in Sardegna; A. S. 38enne albanese di San Paolo d’Argon. Per altri tre sono scattati gli arresti domiciliari: L. C., 37 anni , fratello di M. C., anche lui imprenditore nella ditta di marmi e graniti di Carobbio, residente a Zandobbio; N. C., 74 anni, padre del 33enne sardo, residente a Nova Milanese (Mb); S. B., 50 anni, commercialista di Napoli. Indagati a piede libero i presunti prestanome - M. D. O., 65 anni, di Turano Lodigiano, e L. R., 66, di Spirano - e quella che per l’accusa avrebbe fatto da interprete e facilitato i rapporti con le banche della Bulgaria: A. M., 45enne bulgara.

Come funzionava

Cinque società, «sostanzialmente riconducibili ai membri delle due famiglie» come scrive il gip Maria Beatrice Parati nell’ordinanza, erano il fulcro della presunta attività illecita: 2 erano parzialmente operative (una era arrivata ad avere anche 85 dipendenti), tre no. Tutte erano di recente costituzione e formalmente operanti nel settore edile; alcune avevano sedi fittizie ed erano prive di dipendenti e di strutture operative, eppure movimentavano importi rilevanti, «attraverso rapporti commerciali quasi esclusivamente reciproci» e con versamenti dalle causali generiche. Una di queste società nel 2020 ha emesso fatture per operazioni inesistenti pari a 6.392.136,03 euro. Il fine di questo giro, osserva il gip, «era di far conseguire alle uniche due società dotate di un minimo di operatività e di patrimonio, ingenti indebiti risparmi d’imposta».

I controlli a Orio

Queste anomalie hanno fatto drizzare le antenne alla Finanza. Fino all’episodio del 20.5.22, che ha dato vigore all’inchiesta. Quel giorno all’aeroporto di Orio vengono bloccati, di ritorno dalla Bulgaria il 74enne e l’albanese: il primo ha con sé 10mila euro, il secondo 5.155. Si scopre che i due hanno fatto precedenti viaggi. Il 33enne M. C. racconterà agli inquirenti delle numerose trasferte bulgare: «In alcun casi sono stati riportati in Italia in una sola volta anche 100/200mila euro».

Gli investigatori scoprono che il gruppo ha aperto società in Bulgaria per tentare di mascherare il giochetto: i proventi dell’evasione tramite fatture false - è l’accusa - sarebbero finiti con bonifici sui conti delle società bulgare e da qui prelevati in contanti dagli spalloni. Attività che non sarebbe cessata nemmeno quando sono venuti a conoscenza dell’indagine. Scrive il giudice che hanno «dismesso le vecchie società, replicando il meccanismo fraudolento con altre imprese, costituite ad hoc».

Due famiglie coinvolte

Per il pm, i destinatari finali del denaro erano le due famiglie coinvolte. Il 33enne M. C. e i due fratelli per il gip sono «gli ideatori del meccanismo fraudolento». Il 33enne sardo e L. C. vengono inoltre ritenuti «i promotori dell’associazione». Il cittadino albanese avrebbe avuto il ruolo di spallone, così come il 74enne N. C. che ricopriva anche cariche formali nelle società, «ma nell’associazione ha una posizione secondaria». Infine il commercialista napoletano era colui che avrebbe fornito consulenze fiscali e «la documentazione contabile tesa a dare alle banche bulgare giustificativi per motivare gli ingenti flussi finanziari».

© RIPRODUZIONE RISERVATA