Dieci anni con la Sla: «Non mi impedisce di vivere e amare»

LA TESTIMONIANZA. Luca Ruggeri comunica con gli occhi e non si è arreso alla malattia, che racconta in un libro. «Voglio essere un esempio», fa sapere agli studenti che ha incontrato in occasione della Giornata internazionale della disabilità.

Occhi che parlano. Letteralmente. Perché quando la malattia ti ha portato via la capacità di controllare tutti i muscoli dal collo in giù, compresi quelli respiratori, l’unico modo per continuare a comunicare e a esprimere pensieri e sentimenti, è farlo attraverso gli occhi. Con uno sguardo, con l’espressione del volto, con un sorriso, ma anche grazie a un lettore ottico collegato a un tablet. È così che «parla» Luca Ruggeri, sessantenne di Paratico che da dieci anni combatte la battaglia contro la Sla. I suoi occhi eloquenti si muovono velocemente sulla tastiera digitale dello schermo del tablet che, tramite un braccio metallico, è stato fissato alla poltrona del soggiorno della sua abitazione, che da Paratico guarda Sarnico e le acque del basso lago.

Ero disperato e al tempo stesso incredulo, perché a parte una debolezza a un braccio stavo bene

«La diagnosi risale a circa dieci anni fa – racconta, grazie alla voce computerizzata del programma di scrittura e lettura, che governa con i movimenti delle pupille –. Ero disperato e al tempo stesso incredulo, perché a parte una debolezza a un braccio stavo bene».

Martedì 3 dicembre Luca Ruggeri, che a giugno, dopo essersi candidato nella lista del sindaco di Paratico Carlo Tengattini, è stato eletto tra i consiglieri di maggioranza, si è recato alla secondaria di primo grado per incontrare gli studenti e raccontare la sua storia per sensibilizzarli sulla disabilità nella giorno in cui ricorre la Giornata internazionale. «Voglio essere un esempio per tutti i malati come me – dice –, per dimostrare che, anche nella sfida continua contro la Sla, si può essere utili alla comunità, perché la vita è una sola e va rispettata, impegnandosi in ogni ambito, nella scuola come nel lavoro, anche con una sfortunata malattia come questa».

Nel 2015 la diagnosi

Affrontare la diagnosi nel 2015 e poi l’evolversi della malattia non è stato facile, né per Ruggeri, artigiano che si occupava dell’isolamento esterno delle case e di ritinteggiare gli edifici, né per la sua famiglia. Ma nonostante le difficoltà la moglie Lucia e la figlia Marina, oggi 32enne, gli sono sempre rimaste accanto.

Ho deciso che avrei provato a combattere e oggi, quasi dieci anni dopo, posso dire di aver stravinto la sfida alla Sla

«Mi rifugiavo in una piccola cantina a piangere, disperato, per non farmi sentire dai miei famigliari – prosegue –. Nel gennaio 2016 mi sono recato in Giappone per tentare una cura: ho deciso che avrei provato a combattere e oggi, quasi dieci anni dopo, posso dire di aver stravinto la sfida alla Sla, perché non mi ha impedito di vivere, di amare e di essere amato».

Sette anni fa la perdita di tutte le funzioni motorie

Sette anni fa la perdita di tutte le funzioni motorie: «Quello è stato il vero cambiamento – ammette –. Non posso mangiare, non posso bere, non posso parlare, non faccio più nessun movimento volontario. Ma mi sono rimaste le funzioni cognitive e muovo solo gli occhi, che mi consentono di comunicare con un tablet oculare su cui mi ero già informato per tempo, proprio per arrivare preparato a quel momento».

È un respiratore a fare in modo che i suoi polmoni si riempiano di aria, ma durante la giornata è necessario sistemarlo secondo specifiche procedure. Nonostante gli serva un’assistenza continua, dalla sua poltrona sorride, anche per mettere a proprio agio chi ha di fronte. Poi torna a spostare gli occhi sulla tastiera. Il ticchettio delle lettere, «digitate» una dopo l’altra con impercettibili movimenti delle palpebre, scandisce il tempo dei pensieri che si fanno parole.

«Sono un appassionato di calcio e di lettura – spiega, raccontando come trascorre le giornate – Tifo Milan, ma sono un simpatizzante della Dea. Sono stato presidente dell’Aisla Brescia e ora sono consigliere comunale a Paratico». Durante le belle giornate non mancano le passeggiate sul lungolago tra Paratico e Sarnico, osservando la vegetazione, la gente che passa e il colore degli edifici, alcuni dei quali, in passato, ritinteggiati proprio dal sessantenne. È stato il suo particolare occhio attento al verde e al bello ad avergli fatto conquistare il ruolo di «consigliere personale del sindaco Carlo Tengattini per la cura dei giardini». È diventato un appuntamento fisso anche quello al centro anziani, dove due pomeriggi al mese si reca per giocare a carte insieme a un «compagno di squadra» che tiene le carte fisiche, mentre lui decide quali mosse compiere in base a come si evolve la partita e le condivide grazie allo schermo del tablet.

Il libro sulla malattia

La passione per la lettura, per il suo paese e per il lago, invece, lo hanno condotto a scoprire quella per la scrittura. «Dopo il libro su Paratico ne uscirà un altro in primavera – rivela – Racconta i miei dieci anni di malattia e riunisce i pensieri e le pagine del diario che ho cominciato a scrivere da quando mi hanno diagnosticato la Sla».

Davanti a loro c’è una persona che nonostante tutto sorride per mettere a suo agio chi gli è di fronte

Ci sono ancora pregiudizi nei confronti della disabilità e della malattia, negli sguardi della gente? «Sì – ammette –, ma credo sia nella natura umana. C’è chi sorride e vorrebbe parlarmi e chi, invece, mi guarda con distacco, o perfino con curiosità». Luca Ruggeri ne scrive anche in una delle sue pagine di diario, quelle che presto diventeranno un libro che parla, nel bene e nel male, della vita con la Sla. «Molte persone non hanno idea di come avvicinarsi a un malato di Sla – scrive –. Vorrei dire che davanti a loro non hanno solo un uomo segnato dalla malattia, costretto su una carrozzina; davanti a loro c’è una persona che nonostante tutto sorride per mettere a suo agio chi gli è di fronte. Quello che vedono non è solo l’occasione per mostrare compassione o per ricordare quanto sono fortunati perché loro camminano, parlano, mangiano e respirano in piena autonomia: davanti a loro cè una persona che li ascolta e li capisce forse più degli altri. Quello che vedono è un uomo come loro, solo con problemi diversi, è un uomo che ha ancora desideri e sogni e vuole parlare, abbracciare, sorridere, confidarsi attraverso i suoi occhi».

E prima di salutare, un’ultima profonda rivelazione: «Questa condizione non si accetta mai fino in fondo, ma dopo la disperazione e la rabbia sono riuscito ad accettarla, e lo stesso, non senza fatica, ha fatto la mia famiglia. Ho trovato una sorta di nuova serenità».

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