Abisso Bueno Fonteno, non solo esplorazione: qui si cerca l’acqua

IL LAVORO DEGLI SPELEOLOGI. Esplorare ma anche analizzare cunicoli e profondità alla ricerca dell’acqua, fondamentale nei periodi di siccità: fonti alternative per l’approvvigionamento.

Progetto Sebino è l’iniziativa di ricerca speleologica avviata nel 2006 per esplorare il sistema carsico che si estende fra il lago di Iseo e il lago di Endine, su una superficie di novanta chilometri quadrati: da una fessura collocata nelle valli di Fonteno ci si immerge in un mondo di grotte e cunicoli sotterranei che si estende per almeno 35 chilometri.

A tanto è arrivata l’attuale mappatura che colloca l’Abisso Bueno Fonteno tra i più grandi d’Italia; a questo risultato, sono arrivati gli esploratori tramite continue ricerche. A cadenza settimanale, una squadra di speleologi scende nelle cavità sotterranee e porta avanti il lavoro di ricerca aprendo nuove vie e nuovi collegamenti fra sifoni e grotte, superando cascate e pareti verticali.

Alla ricerca di fonti alternative

Il progetto è sostenuto da Uniacque - la società la società che gestisce il servizio idrico integrato in tutta la Bergamasca -, interessata, specialmente nei periodi di siccità, a trovare fonti alternative per l’approvvigionamento di acqua che, là sotto, non manca.

«L’acqua captata per essere distribuita a Tavernola proviene proprio dalle grotte in cui si trovano in questi giorni Ottavia Piana e i suoi soccorritori»

Grazie agli speleologi, è possibile mappare i corsi d’acqua tramite dei traccianti colorati e vedere dove arrivano. «Quando si parla di acqua, Uniacque c’è - conferma Pierangelo Bertocchi, amministratore delegato della società idrica provinciale - e in questo caso l’attività svolta dagli speleologi in collaborazione con l’Università di Pavia consente a noi di capire quanta acqua è presente nel sistema carsico tra il Sebino e il lago di Endine, quale sia la sua qualità e come poterla utilizzare. Il nostro sostegno alla ricerca di Progetto Sebino è legato a tutto questo, tenendo presente che già oggi sappiamo che l’acqua captata per essere distribuita a Tavernola proviene proprio dalle grotte in cui si trovano in questi giorni Ottavia Piana e i suoi soccorritori».

Le ricerche

«Grazie agli speleologi, è possibile mappare i corsi d’acqua tramite dei traccianti colorati e vedere dove arrivano»

Nei primi diciotto anni le ricerche hanno permesso di individuare anche specie animali, come insetti o crostacei, che si sono adattate all’ambiente ipogeo. «Fare speleologia oggi – sottolineano i promotori del progetto – ha molteplici ricadute: significa esplorare l’immenso mondo sotterraneo per continuare a percorrere nuovi ambienti mai conosciuti dall’uomo e raccontarli a tutti coloro subiscono il fascino del “mondo di sotto”».

Vuol dire - continuano - «topografare il mondo ipogeo restituendo mappe il più possibile dettagliate di sviluppo e dimensioni delle cavità sotterranee; consente di indagare le dinamiche idrologiche e idrogeologiche dei sistemi carsici per riuscire a descrivere e analizzare il comportamento dei corsi d’acqua sotterranee e le sorgenti; permette di studiare i flussi di aria in ingresso e in uscita dal sistema per comprendere meglio i suoi collegamenti con l’esterno; infine mette a disposizione risultati biospeleologici che analizzano la diversità della fauna ipogea e comprendendone meglio i legami in chiave ecologica».

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