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I social servono alla mia azienda?

Le persone usano i social, quindi sono un canale di contatto eccezionale per le aziende. Ecco alcuni primi suggerimenti per capire come renderli utili per la tua attività.

Lettura 18 min.

Sommario

I social servono alla mia azienda?
Chi ha paura dei social?
I numeri in breve
Piccola storia dei social
Usare Facebook per fare business (intervista a Enrico Marchetto)
Il percorso di SKILLE fra teoria e tecnica

  • Capire che Facebook non è un gioco
  • Il B2B
  • Come scegliere la piattaforma e il formato
  • Tutti gli errori da non fare
  • Le metriche giuste
  • La fiducia nel digital marketing
  • Come formarsi da imprenditori

La parte umana e positiva delle aziende (intervista a Rossana Turi)

  • Come si possono approcciare al digitale e ai social le aziende (anche piccole)?
  • Come aiutano i social?
  • Ci sono differenze fra aree geografiche?
  • Come si capisce se un social funziona?
  • Comunicare la positività
  • Essere umani

Risposte, esempi
Cosa fare in pratica
Glossario semplice


Chi ha paura dei social?

Gente che pubblica l’ennesima foto del suo pranzo perché lo ha visto fare da qualcuno di famoso. Foto delle vacanze. Chat. Gruppi di mamme e papà della classe verde dell’asilo. Occasioni d’incontro e di molestie. Vecchi compagni di scuola che riemergono. Fake news. Persone che stanno col telefono dentro l’acqua del mare per farsi l’ennesimo selfie. Queste, più o meno, rischiano di essere le cose che vengono in mente quando si parla di social. E rischiano di venire in mente in senso deteriore, con un atteggiamento di critica e di superiorità ostentata nei confronti di quelli che li usano, poveretti. In questo, diventa complice una certa produzione giornalistica e intellettuale, ostentatamente contraria all’uso delle cosiddette “nuove tecnologie”.

C'è un problema. Questo tipo di atteggiamento riguarda praticamente ogni tipo di innovazione: la contemporaneità, in particolare quella che ha la possibilità di far sentire la propria voce attraverso i mezzi di comunicazione, tende a criticare il nuovo. Il telefono subì le medesime angherie dei social, per esempio. C'era chi pensava che attraverso la comunicazione telefonica parlassero i fantasmi. Sul New York Times nel 1904 si ipotizzava che l'uso del telefono avrebbe generato una modifica genetica nell'umanità, facendoci diventare tutti dotati del solo orecchio sinistro. Nel 1933 il New Yorker parlava di tutti i timori delle persone rispetto al telefono (potrebbe esplodere, per esempio).

Questi esempi, probabilmente, ti fanno sorridere. Auspicabilmente, dovrebbero anche riportare il dibattito sui social a un livello più interessante.

Perché il telefono, ancora qualche decennio dopo la sua introduzione nelle vite degli esseri umani temuto e dileggiato generava teorie strampalate, nel frattempo è diventato un consolidatissimo strumento di business. E ha ancora oggi un ruolo fondamentale nel mondo delle aziende e anche per connettere le aziende ai propri clienti. Perché? Perché le persone lo usano.

Non dovremmo avere alcun dubbio, allora: le persone usano i social. Quindi sono un potenziale canale di contatto per un’azienda.

I numeri in breve

Negli USA, i social hanno raggiunto una massa critica prossima alla saturazione: li usa il 73% degli statunitensi.

In Italia siamo ancora in una fase di espansione: il 52% degli italiani una piattaforma social almeno una volta al mese. Questo significa che non è troppo tardi per iniziare a lavorarci seriamente, con un’occhio alle tendenze. I due social più usati sono Facebook e Youtube. Quello che cresce di più è Instagram.

I due social più usati sono Facebook e Youtube. Quello che cresce di più è Instagram.

Su Facebook ci sono 34 milioni di italiani. 16 milioni sono su Instagram. Questi numeri variano ma sono comunque in aumento (la tendenza andrà verso la saturazione) e sono significativi per capire che oggi non padroneggiare il canale social è molto probabilmente un'occasione sprecata. Per avere un'idea ancor più significativa di questi dati, c'è il Global Digital 2018.  I numeri, però, non bastano da soli.

Piccola storia dei social

Per capire uno strumento bisogna studiarlo e studiarne la storia, altrimenti si continuerà ad equivocarlo. Ecco perché è già il momento di studiare la storia dei social.

L’esistenza di strumenti relazionali digitali è una diretta conseguenza dello sviluppo di Internet, a partire dagli anni ’60. Un’invenzione nata per mettere le persone in contatto non poteva che evolversi in tal senso, fin dai suoi primordi. E non poteva che succedere che i mezzi a disposizione diventassero canali di contatto fra aziende e clienti (potenziali).

La mail, per esempio, ha avuto proprio questo sviluppo e si è anche trasformata, spesso e rapidamente, in un disturbo. Il primo messaggio spam (cioè, non desiderato) venne inviato nel 1978 su ARPANET, a 396 persone.

Con la diffusione di internet e delle infrastrutture, l’uso di questi strumenti è diventato sempre più agevole e rapido. Le persone cominciano a parlare fra di loro a distanze fino a poco tempo prima inimmaginabili, confrontandosi su argomenti di interesse reciproco sui primi forum. Nascono le chat: le persone si possono parlare attraverso internet in tempo reale.

Il primo sito di social networking riconoscibile per la missione e l'idea si chiamava sixdegrees.com. L'idea di fondo si basava su quell'affascinante teoria che abbiamo sentito più o meno tutti: ciascuno di noi è collegato al resto del mondo attraverso sei soli passaggi, sei “gradi di separazione”. È il 1997. Nel 1999 cominciano a diventare popolari i blog (originariamente, diari “personali” pubblicati su internet). Nello stesso anno nasce Napster: un software per scambiare file (poi regno della cosiddetta pirateria). Diventa anche un'occasione relazionale.  Nel 2001 arriva Wikipedia, un'enciclopedia collaborativa. Fra il 2003 e il 2006 nascono MySpace (il primo social network molto utilizzato anche in Italia), Second Life (una sorta di mondo parallelo dove puoi costruirti un avatar, un alter ego digitale), Delicious (usato per scambiare link utili e importanti), Facebook, Flickr (il primo social prettamente fotografico), Youtube e Twitter.

In lingua anglofona, i primi testi che esplorano le possibilità di marketing per le aziende su questi canali arrivano nello stesso periodo.

Avalaunch Media ha realizzato una bella infografica che illustra questa storia.

Non ci stupisce scoprire che questa storia inizia nel 550 avanti Cristo, data approssimativa in cui, in una delle ricostruzioni storiche più accreditate, Ciro il Grande avrebbe di fatto inventato (sarebbe meglio dire: istituzionalizzato) il servizio postale. Poi arrivano il telegrafo, la posta pneumatica, il telefono. . La velocità dell'invenzione di questi strumenti aumenta progressivamente nel tempo, così come aumenta la velocità della loro diffusione.

La storia delle relazioni e delle reti sociali è una parte della storia dell’umanità stessa e oggi abbiamo a disposizione strumenti che hanno sì complicato alcune cose ma ne hanno semplificate molte altre. Ecco perché non ha senso guardare solo con pregiudizio negativo ai social. Ecco perché è importante capire come usarli per il business aziendale.

Usare Facebook per fare business

Enrico Marchetto

Facebook

LinkedIn

Abbiamo intervistato Enrico Marchetto, project manager di Noiza. Enrico usa abitualmente Facebook per il business dei suoi clienti e si occupa anche di formazione per le imprese. Se puoi prenderti 54 minuti di tempo guarda questa sua interessante lezione. Se no salta e leggi la nostra intervista.

Talk

Come spieghi a un imprenditore che i social gli servono? Come gli spieghi che Facebook non è un gioco?

Non lo spiego: cerchiamo di arrivarci insieme. L’idea di fondo è sempre quella di fare un percorso con l’imprenditore. Nella maggior parte dei casi ce l’hanno già, Facebook. Allora la domanda da far loro è: perché avete aperto la pagina Facebook? Per quella che è la mia esperienza, tendenzialmente la risposta è tautologica: «ho aperto Facebook perché... ho aperto FB». Oppure «perché altri ce l’hanno, perché l’ho visto fare ai miei concorrenti».

Il ragionamento da fare con gli imprenditori dovrebbe essere aiutarli a capire, tanto per cominciare, che pubblico hanno. Che pubblico ha la loro azienda.

Se è un pubblico consumer, probabilmente sarà su Facebook, visto che ci sono 32-33 milioni di italiani su Facebook. E se è consumer, sarà anche individuabile con delle categorie ben precise. Quando mi rivolgo al cliente finale, il mio pubblico è su FB. Di solito, così si fa capire abbastanza facilmente che su Facebook devi starci.

Ma non basta. Non puoi starci come presenza fine a se stessa. Ci devi essere con una presenza strategica. Devi, cioè, preoccuparti di raggiungere nel modo più economico possibile il tuo target di riferimento. Questo significa che bisogna tener conto di una serie di cose. Per cominciare:

• devi definire cosa ti aspetti.

Per esempio: se ti aspetti la vendita, c’è un percorso da fare che può essere anche lungo e impervio. Del resto, funziona in maniera abbastanza intuitiva: se vado da qualcuno che ha un determinato interesse rispetto a una mia categoria di prodotto, non è detto che mi compri subito. Bisogna arrivarci in modalità relazionale, tipica di un social network. Una volta che conosci il tuo pubblico, una volta che conquisti la sua fiducia, allora possiamo fare attività di conversione e di vendita.

“Convertire”, in gergo marketing, significa ottenere dal pubblico che hai raggiunto un’azione desiderata. Un acquisto, per esempio.

• il messaggio che diffonderai sui social dev’essere giusto per il tuo target

E il B2B? Facebook Funziona anche in quel caso?

Ecco, questo potrebbe essere un problema grosso. Sì, il mio pubblico è su Facebook. Ma probabilmente non è immediatamente riconoscibile quando è su Facebook.

Ad esempio: se io sono un cementificio, è molto probabile che il mio cliente sia su Facebook, ma quando c’è non sta cercando esplicitamente cemento. Magari sta facendo tutt’altro, magari si distrae, guarda video, foto, cerca di intrattenersi in maniera leggera. In quel caso costruire una relazione con quel cliente è ancora più complesso, ancora più difficile perché vai a interrompere quello che fa abitualmente su quella piattaforma.

Ecco perché è fondamentale capire il target, riconoscere il B2C e il B2B e poi ragionare con strategie differenti a seconda delle tipologie di mercato.

E allora quale piattaforma si sceglie? Se non sono mai stato sui social, da dove comincio?

Tutto quel che abbiamo detto fin qui vale anche per la scelta della piattaforma da utilizzare.

Faccio un esempio pratico: dovevo lavorare con un’azienda per raggiungere un pubblico di over 45. L’azienda diceva:

probabilmente Instagram Stories [uno dei formati di comunicazione social più interessanti in questa fase storica, ndr] non è un ambiente così adatto per il nostro pubblico.

Ecco, quando si sente dire qualcosa del genere, la prima domanda da farsi è: su che basi lo dici?

Vai a verificare i dati e scopri che gli italiani over 45 che guardano le Stories sono 3,2 milioni. Un decimo del target che c’è su Facebook. Allora è proprio vero che non sono un ambiente adatto? Forse no.

Ecco, questo esempio mi serve per far capire che scelgo tutto (formato, piattaforma, contenuti...) in base alla alla presenza delle persone in quel canale.

Quanti e quali errori hai visto commettere sui social?

Ne ho visti commettere davvero tanti.

Innanzi tutto, il primo errore è considerare la pagina Facebook come un sito web. Un sito web ha traffico, cioè riceve visite da parte di persone, tendenzialmente organico. Cioè: le persone vanno su Google, fanno una domanda, trovano una potenziale risposta alla loro domanda, ci cliccano e vanno sul sito.

Allora, questo vuol dire che il sito dev’essere strutturato per offrire la miglior risposta possibile alle aspettative di chi ha fatto una certa domanda.

Sui social è diverso. Su Facebook, le persone che vengono a vedere la tua pagina sono mediamente lo 0,8 - 0,9% delle persone che raggiungi. Allora sulla tua pagina Facebook devi costruire contenuti orientati a raggiungere il pubblico, non a farti visitare sul sito: questo rappresenta uno scarto mentale, un nuovo paradigma di comunicazione.

Devi confezionare e poi spedire un contenuto. Sei tu che devi raggiungere le persone giuste.

E devi ricordarti che il tuo contenuto si mischia con tantissimi altri. Quindi devi chiederti: cos’ha di diverso dagli altri, il mio contenuto? Se non si differenzia, passerà in sordina.

Gli altri errori più frequenti sono:
Scarsa cura del formato e della delivery: bisogna ricordarsi che il formato in cui si presenta il contenuto e la consegna del contenuto stesso sono importantissimi. Formato e delivery sono importanti quanto il contenuto
Autoreferenzialità. I contenuti di un’azienda spesso e volentieri sono autoreferenziali. Le persone “normali”, fuori dall’azienda, non capiscono riferimenti, cose implicite, elementi non didascalici se l’azienda usa un linguaggio autoriferito. E spesso le persone non sono interessate a “sentire” l’azienda che parla di sé
Uso sbagliato dell’advertising. Facebook (come altri social) consente di promuovere determinati contenuti aumentando il numero delle persone che si raggiungono. Molti pensano: prendo un contenuto, ci metto sopra 50 euro: funzionerà. In realtà fare questo tipo di ragionamento è come vendere “a freddo”, nel 99,9% dei casi non funzionerà
Confondere le metriche. Tutti quanti dovremmo aver imparato che se il marketing manager smettesse di occuparsi delle brochure e si mettesse a fare veramente marketing, ricomincerebbe ad analizzare numeri e li trasformerebbe in informazione da usare per le aziende. Eppure c’è ancora chi pensa che aumentare i fan di una pagina su Facebook equivalga ad aumentare i clienti. Allora magari aumento i fan ma poi vedo che i clienti non aumentano e penso: «vedi? Avevo ragione io! Facebook non funziona». Purtroppo, la verità è che non funziona la metrica che era stata scelta in partenza.

Ma allora cosa bisogna fare?

Bisogna capire qual è il “viaggio” del tuo cliente, il cosiddetto customer journey. Ovvero: cosa fa un cliente (potenziale) quando viene a contatto con la tua azienda? Non venderai più prodotti con un post su Facebook. Dovrai costruire un percorso che sia coerente con il comportamento dei tuoi clienti.

In definitiva, non essere su Facebook (ma vale per qualsiasi piattaforma su cui si trovano i clienti) può fare la differenza in senso negativo. Ma anche esserci in maniera sbagliata fa la differenza in senso negativo.

Molti imprenditori, probabilmente anche fra gli abbonati a SKILLE, sono rimasti scottati da un rapporto difficile con il marketing digitale e con i professionisti del settore. Come si fa a ricostruire un rapporto di fiducia fra gli imprenditori e chi si occupa di marketing digitale

Io credo che pian piano il mercato si attesti verso meccanismi premianti nei confronti di chi lavora bene. Io per esempio non ho mai preso un cliente che non fosse in inbound: è il cliente che arriva da me.

Offro i miei casi di studio, spiego come ho risolto dei problemi. E come me lo fanno molti altri professionisti seri: il percorso di riconquista della fiducia dell’imprenditore è già in atto. E l’imprenditore deve saper verificare quello che fa il consulente. Deve formarsi.

Come si forma un imprenditore?

Ci sono poche persone che spieghino bene. L’imprenditore dovrebbe rivolgersi alle associazioni di categoria affinché comincino a occuparsi seriamente di digitale. Qualcuno lo fa, ma lo fa in maniera assolutamente precaria e non organizzata. Ci sono corsi sparsi per l’Italia. Ci sono ottimi webinar molto semplici per imparare a conoscere la materia: è necessario capire che bisogna dare un’occhiata per i fatti propri a questo tipo di contenuti. E bisogna introiettare le basi: i social sono un ambiente business oriented; con i like non si fa fatturato e via dicendo.

Il percorso di SKILLE fra teoria e tecnica

Uno degli obiettivi di SKILLE è proprio favorire la formazione e creare una base di conoscenza condivisa nel mondo delle aziende. Questo approccio ai social è una tappa naturale per il percorso intrapreso nelle pubblicazioni dedicate al marketing che trovi fin qui fra i contenuti dedicati agli abbonati. È il momento di vedere questo percorso per tappe successive

  • abbiamo parlato dell'azienda come comunità e dell'importanza delle comunità in senso più ampio
  • abbiamo introdotto le prime basi di marketing digitale
  • abbiamo parlato del marketing 4.0 uscendo dai limiti dell'etichetta e cercando di esplorare il senso ultimo dell'approfondimento delle relazioni fra aziende e clienti, cercando di spiegare come il cliente entri in relazione con un'azienda e possa diventare il suo miglior ambasciatore, a qualunque livello

Idealmente, abbiamo fissato una serie di mattoncini teorici, senza rinunciare a proporre consigli e applicazioni molto pratiche.

Questo primo capitolo dedicato ai social network è la prosecuzione ideale di questo percorso. Perché?

  • perché i social sono molto usati dalle persone
  • perché sui social c’è il tuo pubblico
  • perché i social sono uno strumento di relazione
  • perché i social sono un canale di contatto con clienti reali o potenziali
  • perché i social sono una piattaforma dove raccontare la storia di un’azienda, dove pubblicare contenuti
  • perché i social sono un luogo digitale dove si possono costruire e alimentare comunità
  • perché i social sono un canale di marketing e anche di vendita
  • perché i social, se usati bene, possono essere un canale di marketing e di vendita molto economico

In breve, allora, che cosa si può fare su un social, se usato bene?

Si può costruire un piano di produzione di contenuti (video, testi, foto) che siano interessanti e utili per il tuo pubblico. Si può creare un legame con questo pubblico attraverso i contenuti. Si può poi cercare di convertire questo pubblico in clientela. Si può alimentare il rapporto con il pubblico, si può cercare di fare in modo che questo pubblico diffonda i contenuti e consenta di raggiungere altro pubblico.

Non è facile: chi ti fa credere che lo sia non ti sta portando sul percorso giusto.

Ma diventerà sempre più importante saperlo fare o almeno sapere a chi affidarsi.

La parte umana e positiva delle aziende

Rossana Turi

Facebook

LinkedIn

Rossana Turi ha la sua agenzia, Errepi Net, con la quale si occupa di presenza digitale delle aziende a Taranto. La sua esperienza è molto interessante perché si sviluppa in un'area depressa. Rossana si occupa anche di diffondere la cultura digitale nel tessuto imprenditoriale e lavora come digital promoter del PID (Punto Impresa Digitale) della Camera di Commercio di Taranto. 

Talk

Con che tipo di aziende lavori? E come insegni loro ad approcciarsi al digitale?

«Ho a che fare con aziende che molto spesso sono familiari, costituite da due-tre persone, in cui tutti fanno un po’ di tutto. E so che un’attività che può essere anche artigianale può affacciarsi al mondo delle tecnologie. È questo quello che non si sa, generalmente. È quasi un atto di democrazia far capire che questi concetti sono alla portata di tutti. Il contraltare è che è vero che il digitale potrebbe rappresentare un volano per uscire da una situazione difficile, ma quando devi pensare alla quotidianità e devi risolvere i problemi dell'immediato, non riesci ad avere l'apertura mentale per fare le cose che si potrebbero fare». 

E in questo, come aiutano i social?

«I social ti aiutano ad aggregare una comunità. A sviluppare la cosiddetta brand strategy. Però devi essere consapevole che se ti apri al mondo social lo fai anche perché vuoi trasmettere dei valori, non soltanto per illustrare le attività e servizi che svolgi. Con i social puoi mettere in evidenza tutto ciò che ti differenzia veramente dagli altri».

Ci sono aree geografiche privilegiate? Aree dove è più difficile, culturalmente, far passare certi concetti?

«Per dirla semplicemente, io ho imparato proprio attraverso il confronto sui social, che tutto il mondo è paese. E che quindi il deficit culturale rispetto alle potenzialità offerte dal digitale c’è in tutti i luoghi. Anche in quelli che ti sembrano i posti più belli del mondo. E i social ti aiutano anche a far crescere la comunità delle imprese. Perché anche le imprese sono a loro volta una comunità».

In che modo?

In territori come il mio, in cui ci sono aree depresse, il vantaggio che si ottiene è maggiore se si riesce a fare qualcosa che ti aiuta a crescere e se le ragioni di questa crescita vengono condivise. Perché così crescono un po’ tutti, per osmosi. 

Solo che le imprese non si conoscono tra loro. E fanno fatica a imparare le une dalle altre. 

Solo che bisogna aver fiducia, non credi? Sia nel mezzo sia nelle tue potenzialità.

Tutti i business si basano sulla fiducia, alla fine.

Ci sono imprenditori che hanno solo bisogno di essere stimolati e poi ti danno fiducia. Imprenditori che capiscono che il digitale funziona. E che non è un problema se condividono informazioni con il resto della comunità delle imprese. Perché se qualcosa funziona, quel che fa la differenza è che funziona per te, che hai quelle caratteristiche, che sono solo tue.

Ecco, come si fa a capire se qualcosa che fai sui social “funziona”?

Ci sono tante pagine su Facebook, tanti profili aziendali su altri social che nascono senza criteri, senza strategia.

Per chi ha una formazione che viene dal marketing orientato al risultato, è evidente che il risultato ci deve essere. 

Può essere quantitativo oppure qualitativo. 

Per esempio, può accadere di fare un'attività sui social che non sia finalizzata a un immediato aumento del fatturato. A volte mi è capitato di lavorare per raccontare aziende sui social e aumentare il senso di appartenenza dei dipendenti di un'azienda. Ed ecco che i dipendenti diventano i migliori ambasciatori della loro stessa azienda (un risultato a cui tutti dovrebbero ambire).

Il fatto è che i social riguardano la sfera più umana: sviluppano relazioni con i clienti, con i dipendenti.

Poi ci sono quelli che pensano che il social sia la panacea di tutti i mali. Ma se tu, quando parli della tua azienda, dici solo cose tipo «siamo i leader del settore bla bla bla», a cosa pensi possano servire i social? 

Il tuo prodotto risolve un problema? Quali sono le sue caratteristiche? In che modo rappresenta innovazione? Ci sono aziende che apportano innovazioni di prodotto ma poi non la sanno comunicare. Prima di pensare se il social funziona bisogna capire che i social non sono un punto di partenza ma fanno parte di una strategia complessa. In questo deve intervenire, se è il caso, anche il consulente. Che deve avere il coraggio di dire dei no, di indirizzare le aziende verso un percorso davvero utile. A volte le aziende non sono in grado di valutare l'efficacia di una strategia se non in termini meramente quantitativi. Mi è capitato di avere come richiesta una frase del tipo «quanti post mi garantisci alla settimana?» Il numero dei post è una variabile che fa aumentare il percepito: c'è chi pensa che se pubblichi di più allora lavori di più. Non è così, naturalmente.

E cosa bisognerebbe provare a comunicare sui social?

«Ciò che ho fatto e faccio nel mio piccolo è quello che nel momento in cui incontro qualcosa di positivo mi piace diffondere quella positività. Seguo ARTI Puglia, start up giovanili, innovazioni sociali. Mi piace dire che cosa fanno le persone, in un territorio in cui queste cose non vengono messe in evidenza. Ci sono fiammelle che continuano a resistere.

Bisogna mettere in evidenza il positivo.

Una presenza digitale pensata, sensata, che racconti le cose positive, fa bene a tutti.

Che cosa consigli alle aziende per cominciare?

• dare una scala di priorità
• fare poche cose, fatte bene.
• non fare sui social promesse che non si possono mantenere.
• avere cura per il contenuto. Che spesso vuol dire anche solo scrivere correttamente in italiano
• essere umani

Che cosa significa “essere umani”? Non rischia di diventare un concetto troppo astratto?

No, è qualcosa di molto concreto. Significa esprimere la propria umanità, la scala di valori che l’azienda rappresenta. Ogni imprenditore, ogni impresa, attività, servizio, se fatto con passione, rigore, professionalità, deve essere capace di mettere in evidenza questi elementi.

Risposte, esempi

La risposta alla domanda fondamentale, i social servono alla mia azienda, allora, è «sì, se sai come fare». Ma come fare?

È sempre difficile scegliere dei casi di studio efficaci. Il rischio dei casi di studio è che poi ci si illuda di poterli fotocopiare per aver successo. Inoltre, qualsiasi esempio si possa scegliere, un elemento fondamentale resta il fatto che i social funzionano se sono parte di una strategia integrata, che non vede differenze fra il fisico e il digitale, in cui il prodotto, il marchio, l’azienda, il cliente, sono al centro di un percorso di relazione che non si crea per magia ma che richiede tempo e lavoro.

I social funzionano se sono parte di una strategia integrata, che non vede differenze fra il fisico e il digitale

Parlando di marketing 4.0 abbiamo già mostrato casi virtuosi di uso dei social (dal piccolo, un negozio da barbiere, al grande, una multinazionale di cosmesi, all’innovativo, una start-up italiana). Potremmo vederne insieme altri, ma ci limiteremmo ad analizzare, come spesso accade, le “migliori campagne social dell’anno” o simili, perdendo di vista l’obiettivo. Che è quello di individuare una procedura, un formato che possa funzionare sui social di oggi e sulle prossime piattaforme relazionali, quelle di domani.

Proviamo allora, invece di avere un caso di studio preconfezionato, ad immaginare un percorso corretto di comunicazione social (non avulso da tutti gli altri canali), seguendo una specie di “check-list”.

Cosa fare in pratica

I consigli che seguono possono essere applicati internamente all’azienda o sviluppati con l’aiuto di una consulenza che sappia guidare l’imprenditore in un percorso virtuoso.

Checklist

  1. Scopri dov’è il tuo pubblico, quali social usa (ne parleremo nel dettaglio, spiegando come fare, nel prossimo long form di SKILLE dedicato al marketing)

  2. Studia la piattaforma, usala, guarda come la usano le altre persone

  3. Progetta la tua presenza sul canale social che hai scelta
    a.qual è l’obiettivo che ti stai prefiggendo?
    b.cosa metterai in quel canale?
    c.come parlerai?
    d.a chi parlerai?
    e.come gestirai il canale?
    f.chi gestirà il canale?

  4. Fai un piano editoriale (cioè, preparati almeno un breve elenco di contenuti, coerenti con la tua azienda e con il canale che hai scelto) e prevedi un budget per la creazione di questi contenuti, avendo cura della qualità del contenuto, del formato, del modo in cui lo consegni

  5. Prevedi un budget per la parte pubblicitaria

  6. Cerca di capire come si muove sul digitale e sui social il tuo pubblico, cerca di comprendere il customer journey

  7. Progetta un percorso di contenuti che
    a.aggreghi un pubblico interessato ai tuoi prodotti
    b.generi fiducia nel tuo brand e lo faccia circolare, attestandolo come autorevole
    c.abbia un impatto positivo rispetto agli obiettivi che hai definito

Questo significa sapere cosa vuoi comunicare, quali sono i valori della tua azienda e del tuo prodotto che possono interessare al tuo pubblico. Raccontare al tuo pubblico una storia. Fare in modo che questa storia accresca il percepito della tua azienda. Agire perché questa attività abbia un volano positivo sul fatturato.

Ad esempio, grado zero.

Questo è un esempio molto basico di una semplice strategia di produzione di contenuti che poi vengono usati sui social.

Vendo martelli. Il mio pubblico è uomo, appassionato di lavori fai da te, bricolage, falegnameria. So che frequenta tanto Youtube. Allora creo una serie di contenuti usando una persona che i miei potenziali clienti percepiscono come autorevole. Qualcuno che sappia come si usa un martello. Per esempio, un maker che fa video sul do it yourself su Youtube. Questi contenuti possono essere, semplicemente,dei video-tutorial, che ti spiegano come piantare un chiodo correttamente. Come non martellarti le dita. Come non spaccare il muro. Come fare attenzione ai tracciati dei tubi dell'acqua o ai cavi elettrici. E via dicendo. Faccio girare questi contenuti sui social (già che ci sono, li uso sia su Youtube sia su Facebook sia su Instagram), usando sia la parte “naturale” sia la parte pubblicitaria. Poi propongo i miei martelli a chi ha interagito con i miei contenuti, a chi li ha apprezzati, raccontando perché sono unici, perché i valori della mia azienda sono quelli coerenti con il tuo bisogno di usare il martello in maniera corretta. Intanto mi costruisco un database di potenziali clienti, ai quali proporrò altri contenuti.

Sostituiamo al martello altri prodotti, semplici o complessi (vestiti, libri, abbonamenti). Sostituiamo al martello servizi. B2C, B2B. Aumenta la complessità, la strategia di fondo rimane la stessa. 

Non è più complicato di così. Ma non significa che sia banale, che non sia complesso.
Per questo SKILLE si prefigge di ampliare questo percorso fornendoti gli strumenti e anche i contatti per lavorare nella maniera più corretta possibile. Anche sui social, che non sono solo un posto dove si gioca.

Glossario semplice

Contenuto: è l’unità più semplice di un piano di comunicazione. Tutto ciò che consente di comunicare l’azienda, di raccontarne la storia, i valori, la missione, i prodotti

Piattaforme: “luoghi” digitali che consentono di diffondere contenuti

Formati: tipi di contenuti. Testuali, fotografici, video

Delivery dei contenuti: la “consegna” dei contenuti alle persone. Avviene sulle piattaforme, in determinati orari o giorni, con un certo tono di voce

Tono di voce: il modo in cui si parla

Piano editoriale: il piano dei contenuti e delle loro uscite

Conversione: azione che dovrebbero fare le persone rispetto a un obiettivo. Il tasso di conversione rappresenta numericamente e in percentuale il numero di persone che compiono l’azione desiderata rapportato al numero di persone coinvolte (esempio pratico: se 100 persone vengono raggiunte da un contenuto che ha come obiettivo la vendita diretta e 5 comprano, il tasso di conversione è del 5%)

Customer journey: il percorso del cliente. Cioè: come si muove una persona rispetto alla tua azienda? Come scopre i tuoi prodotti? Come viene in contatto con i tuoi contenuti? Dove si può informare? Dove si può confrontare con altri consumatori? Dove può ricevere assistenza o informazione da te? Come fa a decidere se comprare o no? Come compra?