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Come trovare il mio pubblico sui social?

Teoria e pratica: una guida passo per passo per presentare la nostra azienda a miliardi di persone.

Lettura 10 min.

Sommario

La popolarità degli strumenti
Cosa fanno le persone sui social?
Come trovo il mio pubblico sui social?
Un esempio pratico: il business manager di Facebook
Posso farlo anche altrove?
Se è così complicato, perché dovrei farlo?
Checklist

La popolarità degli strumenti

Nell’ultima puntata del percorso di Skille sul marketing digitale abbiamo cercato di sfatare un mito. Quello, cioè, che i social possano essere inutili per un’azienda.
Senza magnificare un canale, senza far credere che il digitale sia la panacea di tutti i mali, il punto da cui dovrebbe partire qualsiasi ragionamento è in termini di adozione da parte delle persone di una determinata tecnologia.

Se molte persone usano uno strumento, quello strumento è popolare.
Se molte persone usano uno strumento che mi consente di raggiungerli, potrei trovare fra quelle persone i miei clienti. Quelli che lo sono già e quelli potenziali.

I principali social del mondo occidentale hanno al loro interno miliardi di persone che li utilizzano. Sono dei veri e propri continenti. Quindi il primo punto che va assolutamente compreso è, ancora una volta: sui social ci sono persone. Persone che fanno determinate azioni.

Siccome molte di queste azioni sono visibili in superficie, allora da queste azioni posso desumere tutta una serie di informazioni sulle persone che mi interessano.

In questo articolo offriamo una prima parte più teorica e una seconda parte più tecnica.
Cominciamo dalla parte teorica.

Cosa fanno le persone sui social?

Secondo il rapporto Digital in Italia 2018, il tempo medio speso su una piattaforma social da parte degli italiani è pari a 1 ora e 53 minuti al giorno. È un tempo calcolato sulla base dell’autovalutazione delle persone che hanno partecipato al sondaggio. È probabile che sia addirittura sottostimato. Da quando smartphone di vari modelli hanno introdotto la possibilità di monitorare il tempo che spendiamo su ciascuna applicazione, potremmo facilmente verificare questo dato almeno per quel che riguarda ciascuno di noi (senza commettere l’errore di generalizzare esperienze personali).

A costo di dire ovvietà, dobbiamo chiederci che cosa facciano in così tanto tempo le persone su una piattaforma social.

Fondamentalmente possiamo individuare due tipi diversi di utilizzo dei social:
• passivo
• attivo

Se l’uso attivo dei social è quello più interessante, comunque anche capire la fruizione passiva è molto importante.

La fruizione passiva è molto simile a quella dei media più tradizionali. L’esempio più banale? Mi collego a Youtube e inizio a guardare video. Lo stesso può valere per Facebook, per Twitter, per Linkedin.

Sappiamo, per esempio, che la comunicazione visiva (immagini e video) funziona molto bene, perché in generale attira l’attenzione.

 

Sappiamo, per esempio, che le Stories su Instagram sono utilizzate da 400 milioni di persone al giorno, in crescita costante. Le Stories, per contestualizzare ciò di cui stiamo parlando, sono il formato più recente di comunicazione visiva che si sia imposto sui social.
Facebook lo ha letteralmente clonato da Snapchat (o Snap), un altro social “minore” ma comunque molto popolare tra i giovanissimi, almeno negli Usa. Poi lo ha inserito su Instagram, su Facebook, su Messenger, su Whatsapp (cioè, su tutte le piattaforme che il colosso di Palo Alto possiede). Si tratta di video verticali (in formato 9:16) fruibili in “segmenti” diversi. Creativi di tutto il mondo, da qualche anno, sono al lavoro per comunicare meglio con questo tipo di formato e la comunicazione visiva ha assunto nuovi connotati. Le Stories piacciono a molti, soprattutto ai giovanissimi, che saranno il pubblico di domani, e in alcuni casi diventano simili ai vecchi media, quando sono i brand a diventare emittente e si possono fare una piccola “tv” su Instagram per parlare al loro pubblico.

Insomma, le persone, sui social, cercano intrattenimento. Leggono e guardano. Consumano contenuti. Mentre lo fanno, comunicano preferenze in termini di questi contenuti alle piattaforme su cui operano. E chi programma e prende decisioni su queste piattaforme si adatta a quel che fanno le persone. Quindi, vengono progettati algoritmi che tentano di individuare i gusti delle persone e di proporre a ciascuno i contenuti più simili a quelli che ha già visto, per genere, per argomento, per mood. Quindi, vengono introdotti formati che piacciono e vengono usati. Se Facebook punta sulle Stories, per esempio, non lo fa per imporre un formato ma per intercettare un gusto, una tendenza prevalente: Zuckerberg ha talmente tanti dati e fa talmente tanti esperimenti che può prendere decisioni – non è detto che siano per forza giuste – su solidissime basi numeriche.

Poi c’è la fruizione attiva.
Questo vuol dire che le persone pubblicano contenuti sulle piattaforme. Lasciano reazioni, segnali di apprezzamento o di critica. In forma grafica, questi segnali si presentano come il famoso pollice in su di Facebook o il cuoricino di Instagram e Youtube o gli emoji, le faccine, le reactions.
Ma fanno molto di più. Pubblicano video, foto, testi. Lasciano commenti, conversano fra di loro. Litigano o si mettono d’accordo. E a volte entrano in relazione con i brand. Le pagine social vengono interpretate, a seconda di come le usa l’azienda, come un canale per la gestione dei clienti, per il customer care, o come un canale di comunicazione e relazione o come un punto di contatto per l’acquisto o come tutte queste cose insieme.

È obbligatorio esserci, allora? Certo che no. È un’opportunità mancata non esserci? Con ogni probabilità, sì. È vero, c’è chi pensa che non serva a nulla e magari lo dice anche in maniera molto disillusa.

Ma qui pensiamo che i social siano qualcosa da studiare, disinnescare in termini di aspettative straordinarie, e poi usare come si utilizzava qualsiasi altro canale.
Questo non vuol dire che la comunicazione tradizionale sia morta. Anzi.
Per illustrarlo, questa foto di un autobus a Roma sponsorizzato da Google per pubblicizzare il suo assistente vocale è emblematica.

 

Persino i colossi del digitale usano mezzi tradizionali.
Allora perché dovresti usare i social, tu, con la tua azienda, magari B2B (quindi ti hanno detto che no, i social non ti servono proprio)?
Semplice: perché le persone li usano e puoi trovare la tua via per usarli.

Per farlo, puoi lavorare in termini di analisi delle conversazioni e delle abitudini delle persone. Tutta quella mole di dati messa lì in pubblico può essere lavorata – da persone che lo sanno fare – per estrarre informazioni preziosissime per la tua azienda.

Ma puoi anche iniziare in maniera molto semplice (anche se strutturata e pianificata) per trovare il tuo pubblico e per aumentarlo.

Come trovo il mio pubblico sui social?

La prima cosa che bisogna sapere è: se voglio “trovare” il mio pubblico sui social devo avere un piano di comunicazione che preveda la produzione di contenuti (testo, foto, video). Se non mi metto a produrre contenuti, se non lo faccio con un piano, se non mi preparo anche a gestire le interazioni con un pubblico, se non prevedo un budget per la produzione di questi contenuti e per la loro diffusione e se non lo faccio con un obiettivo chiaro e misurabile (fosse anche solo: voglio aumentare la riconoscibilità della mia azienda, del mio brand) è inutile aprire uno spazio social. È un’ovvietà, perché è inutile anche comprare uno spazio pubblicitario tradizionale se la creatività non è bella, se non c’è un obiettivo.

Diciamo che ho preparato i miei contenuti. Ho un piano editoriale. So cosa voglio ottenere. A questo punto devo cominciare. E devo cominciare in un contesto che è già affollatissimo di contenuti.

Come prima cosa devo usare tutti i canali che ho già (il sito, la newsletter, per esempio) per invitare le persone a seguire la mia azienda sui canali social che gestisco. Li devo scegliere accuratamente e devo andare solo su quelli coerenti con la mia azienda, con la mia capacità di produrre contenuti e di gestire le interazioni. Insomma, non vado su Instagram se non ho delle belle foto o dei bei video.

Quello è il primo punto di contatto per chi mi conosce già. Per chi è già mio pubblico. Lo invito sulla mia pagina Facebook e gli prometto che lì troverà quel che cerca da me. Troverà i miei prodotti, troverà il mio brand che potrà riconoscere, troverà customer care se è il caso.

Ma poi? Come trovo il pubblico potenzialmente interessato a me ma che non conosco ancora, che non mi conosce ancora?

Fortunatamente, le piattaforme più evolute offrono una serie di strumenti davvero interessanti.

Per forza di cose dobbiamo concentrarci su uno di questi strumenti. Lo facciamo con il più utilizzato e il più performante: il business manager di Facebook.

Un esempio pratico: il business manager di Facebook

Facebook ha un’interfaccia business (che si raggiunge all’indirizzo https://business.facebook.com/ ) che consente di creare inserzioni pubblicitarie per sponsorizzare i contenuti che sono stati prodotti e che aspettano di raggiungere il loro pubblico. Di solito, visto da questo punto di vista, Facebook assume un certo interesse anche per le aziende che lo ignoravano, finalmente.

Un’interfaccia che ti aiuta fin dall’inizio a definire il tuo obiettivo di marketing.

 

Puoi scegliere fra “notorietà del brand”, “visualizzazione di un video”, “generazione di contatti”, “vendita dei prodotti del catalogo” e molto altro.

Già questa serie di scelte chiarisce cosa stiamo facendo: marketing e comunicazione, appunto.

Scegliendo, ad esempio, “notorietà del brand” si entra all’interno della sezione più interessante: quella dell’individuazione del pubblico. Puoi scegliere anche se erogare la tua campagna a donne o uomini o entrambi e a quali fasce d’età e puoi scegliere quali lingue devono parlare.

 

Il business manager di Facebook ti consente anche di scegliere il luogo in cui vuoi che sia erogata la tua campagna (puoi scegliere l’Italia, un Paese estero, una città e un’area attorno a quella città in un raggio che va dai 17 ai 40 km, più città o comuni con raggi diversi.

 

Ora però viene la parte ancora più interessante. Siccome Facebook ha un sacco di dati sulle persone, ti consente di scegliere gli interessi del pubblico che vuoi raggiungere.

Puoi scegliere, per esempio, che tipi di lavori dovrebbero fare le persone che vuoi raggiungere.

 

Puoi scegliere che interessi devono avere.

 

Puoi andare a vedere se i tuoi competitor hanno delle pagine su Facebook, oppure puoi andare a vedere i grandi brand del tuo settore e cercare di raggiungere le persone a cui piacciono le pagine di quel brand.

 

Puoi aggiungere interessi, escluderne altri.
Puoi addirittura creare dei “pubblici simili” a quelli che hai creato. Puoi creare dei “pubblici simili” a quelli che raggiungono il tuo sito (a patto di aver installato ilpixel di tracciamentodi Facebook). Insomma, se hai qualcuno che ci lavora puoi fare delle campagne di comunicazione verso un pubblico estremamente mirato.

A questo punto puoi decidere il budget della campagna.
100 euro? 200? Per un primo test sono cifre che vanno più che bene, anche se in maniera strutturata e se vuoi avere un’idea precisa di cosa potresti fare su Facebook dovresti avere a disposizione un budget di 2 o 3 mila euro al mese per due o tre mesi di test, dati in mano a professionisti o agenzie serie.
E dopo questi due o tre mesi dovrebbe essere importante insistere per un anno o due, con budget proporzionalmente allocati rispetto ai risultati ottenuti e agli obiettivi. Il vantaggio di fare dei test su queste piattaforme risiede nel fatto che, se fai bene, mentre fai i test ottieni già i primi risultati.

Naturalmente, se non hai un sito, se non fai null’altro sul digitale, sarà più difficile ottenere risultati. E non aspettarti che Facebook aumenti improvvisamente le vendite da un giorno all’altro: sono percorsi lunghi e complessi.

Attraverso il business manager di Facebook puoi pubblicare inserzioni su tutte le proprietà di Facebook (quindi anche su Instagram, su Messenger, persino su WhatsApp, per il momento).

 

Una volta scelto tutto questo, si passa alla creatività vera e propria. Facebook ti dà la possibilità di pubblicare immagini, caroselli di immagini, video, esperienze a tutto schermo e interattive.

 

È qui che si compie la crasi fra esperienze più strettamente di marketing legato a dati e numeri con altre più legate alla creatività: più saranno interessanti i tuoi contenuti più saranno utili e di valore per il pubblico che raggiungerai con la campagna (ma anche con condivisioni classiche, cosiddette organiche, sulla tua pagina).

Immaginiamo allora una breve campagna di comunicazione che prevede una decina di contenuti erogati tramite una pagina Facebook, sia per via organica sia pagando.

Non possiamo simulare i risultati ma Facebook ti offre un dettaglio enorme rispetto al pubblico che avrai raggiunto. Ti dirà quali sono le fasce d’età prevalenti, che cosa hanno fatto con quei contenuti. Ti permetterà di individuare altri interessi del tuo pubblico. Ti permetterà di conoscerlo e di raggiungerlo.

Finita la prima campagna saprai, ad esempio

  • quanto ti costa in media far vedere un tuo video
  • se i tuoi contenuti piacciono di più a uomini o donne
  • se piacciono di più alla fascia 18-25 o a quella 45-54
    e così via.

Potrai a quel punto chiedere al business manager di Facebook di creare un pubblicolookalike (sosia, simile cioè al pubblico che hai raggiunto), erogare i tuoi stessi contenuti (o altri) anche a quel pubblico e così via.

Potrai poi decidere di mandare, ad esempio, un’offerta commerciale a tutti coloro che hanno interagito in un certo modo con i tuoi contenuti facendo remarketing.

Potrai ideare nuove campagne, con offerte annesse, sponsorizzare i cataloghi, i tuoi prodotti, il tuo e-commerce, il tuo brand in generale.

E tutto questo lo puoi replicare per una serie di obiettivi diversi, fra cui

  • la lead generation, ovvero la creazione del database
  • la vendita sull’e-commerce
  • addirittura la conversione in visite dal vivo alla tua sede

Naturalmente non ci sono speranze di portare persone a fare qualcosa dal vivo a partire da una campagna su smartphone se non offri a queste persone qualcosa, ma questo fa parte del “non diamo per scontato che i social funzionino da soli”.

Se farai bene questa parte, troverai il tuo pubblico sui social. Lo aggregherai. Ne otterrai benefici. È un lavoro.
In altre parole: se i contenuti, il modo in cui li consegni, il budget, il modo in cui scegli il tuo pubblico non sono azioni che progetti con attenzione e qualità, non otterrai risultati.

Posso farlo anche altrove?

Certo. Ci sono strumenti analoghi anche su Youtube, su LinkedIn, su Snapchat, lo stesso Google offre questo tipo di strumenti business (più noti e persino più abusati). E tutte le grandi piattaforme del futuro si adegueranno, perché la strada è segnata.

Si tratta di studiare, a monte, la strategia. Poi di studiare la singola piattaforma e poi di fare dei test per capire se quel canale funziona per la tua azienda.

Se è così complicato, perché dovrei farlo?

La risposta a questa domanda è anche troppo semplice: perché è un canale di marketing e di vendita potenzialmente ad altissimo ritorno. Sia per le vendite sia per la popolarità del tuo brand.
Naturalmente, si deve accompagnare a una strategia che faccia un mantra della trasparenza e della relazionalità con il tuo pubblico, per i tuoi clienti che, come sappiamo, sono i tuoi principali ambasciatori là fuori.
È una sfida. Si può raccogliere o meno. Qui crediamo che chi saprà raccoglierla avrà un vantaggio competitivo.

Nella prossima puntata del percorso di marketing e comunicazione di Skille ci dedicheremo a una parte fondamentale della strategia di comunicazione: i contenuti.

Checklist

  1. Scegli la piattaforma su cui vuoi fare i primi test (ad esempio, Facebook)

    Studiala e studia anche la parte “business”, che le persone ordinarie non frequentano mai ma che è preziosissima per la tua azienda

  2. Pianifica i contenuti e definisci obiettivi e tempo

  3. Producii contenuti

  4. Pianifica il flusso di lavoro per la gestione della relazionalità col pubblico

  5. Invitail tuo pubblico a seguirti su quella piattaforma

  6. Comincia a pubblicare i contenuti, sia in maniera organica sia pagando con gli strumenti business

  7. Estrai i dati del tuo pubblico

    Proponi i tuoi contenuti a persone con gusti simili usando gli strumenti di automazione che le piattaforme ti mettono a disposizione

  8. Fai campagne di “remarketing”,

    Proponi offerte commerciali, inviti a eventi, inviti a scaricare presentazioni, tutto quel che ti viene in mente per far circolare il tuo brand

  9. Misura e capisci se hai ottenuto gli obiettivi

  10. Raffina la strategia