Violenza sulle donne, da inizio anno 830 richieste d’aiuto. La Rete torna in piazza nel ricordo di Sharon

BERGAMO. Ad agosto 77 chiamate ai Centri di sostegno. La «Rete bergamasca contro la violenza di genere» rinnova l’invito a partecipare al presidio l’8 di ogni mese: appuntamento domenica 8 settembre dalle 18,30 in Largo Rezzara.

Da inizio anno sono state oltre 830 le nuove chiamate ai Centri antiviolenza bergamaschi, 77 solo nel mese di agosto. «Le cifre danno l’idea di quanto il fenomeno sia diffuso, e ad esse si aggiungono i casi che già vengono seguiti dai Centri antiviolenza e le chiamate e/o rilevazioni a carico di ospedali, forze dell’ordine, sportelli di ascolto».

Per questo la «Rete bergamasca contro la violenza di genere» rinnova la chiamata alla mobilitazione permanente invitando a partecipare al presidio in piazza di ogni giorno 8 del mese. Per questo mese l’appuntamento è domenica 8 settembre dalle 18,30 in Largo Rezzara (adiacente a Piazza Pontida) a Bergamo. Un mese fa, la piazza si era riunita a pochi giorni dall’uccisione di Sharon Verzeni. «Rinnovando la nostra forte vicinanza alla sua famiglia in particolare, ma anche alla comunità tuttora sgomenta e impaurita in cui il delitto è avvenuto – scrivono dalla Rete antiviolenza – prendiamo tristemente atto del fatto che anche il suo è stato, a tutti gli effetti, un femminicidio: l’uccisione di una donna in quanto donna. Sharon è stata uccisa da uno sconosciuto, ma quello sconosciuto l’ha uccisa perché era una donna. Ha scelto lei, e non altre persone incontrate quella sera, perché in quanto donna l’ha ritenuta debole».

In occasione del presidio di domenica, i nomi delle vittime saranno in piazza. Come sempre, infatti, ci saranno in largo Rezzara le sagome fucsia a forma di donna; ognuna rappresenta un mese dell’anno e porta i nomi delle vittime di femminicidio. Le sagome sono ormai 9 e i nomi delle donne uccise dall’inizio dell’anno 66 (tra cui alcuni casi in fase di accertamento).

Lo scorso aprile il presidio si era tenuto a Cologno al Serio, dopo il femminicidio di Joy Omoragbon. «Dobbiamo riflettere, lavorare per cambiare l’approccio – scrivono ancora dalla Rete – . Pretendiamo che le istituzioni – dai Ministeri alla Regione ai Comuni – investano sulla formazione di bambini, giovani e adulti, e che si aumentino i finanziamenti ai servizi che, con una presa in carico, possono aiutare la prevenzione».

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