Uccise la moglie a Cologno al Serio, detenuto si toglie la vita in cella
l muratore quarantanovenne ha lasciato biglietti per i familiari. Il legale: roso dal rimorso. Martedì 11 maggio avrebbe dovuto parlare a processo.
Era in carcere dall’ottobre 2019, quando s’era costituito dopo aver ucciso la moglie Zinaida Solonari, ucraina di 36 anni, a Cologno al Serio. E da poco era iniziato il processo per omicidio volontario aggravato che lo vedeva imputato. Nella notte tra giovedì 6 maggio e venerdì 7 Maurizio Quattrocchi, muratore di 49 anni, s’è tolto la vita nel bagno della cella che condivideva con un altro detenuto, nella prima sezione della casa circondariale di via Gleno. È stato il compagno ad accorgersi a tarda notte e a dare l’allarme. Fino a prima della mezzanotte Quattrocchi era in vita, gli agenti della polizia penitenziaria addetti ai controlli nelle celle lo avevano visto sveglio. Il pm di turno Emma Vittorio ha compiuto un sopralluogo nella cella e ha successivamente disposto l’autopsia per fugare ogni dubbio sulle cause della morte. Ma che si tratti di un suicidio è quasi certo, anche perché Quattrocchi ha lasciato dei biglietti scritti ai familiari, che sono stati trovati in cella e sequestrati dagli inquirenti.
«Era roso dal rimorso», confida l’avvocato Gianfranco Ceci, che proprio stamattina avrebbe dovuto incontrarlo per approfondire le carte processuali in vista della deposizione in aula programmata per l’udienza di martedì prossimo. «Sensi di colpa ne ha sempre avuti – prosegue il legale –, perché ha sempre amato la moglie e le tre figlie, aveva dedicato la vita alla famiglia, sfiancandosi di lavoro per non far mancare nulla in casa». La notte del 6 ottobre, dopo che la moglie aveva deciso di trasferirsi dalla sorella portando con sé le tre figlie (all’epoca minorenni: ora la prima è diventata da poco maggiorenne; le altre hanno 10 e 14 anni), l’aveva uccisa a coltellate.
«Non volevo, è stato il mostro delle gelosia che mi ha trasformato in una bestia», aveva detto al gip. I rapporti tra i due s’erano deteriorati dal luglio 2019, dopo che lui sospettava una relazione extraconiugale. «Dopo l’arresto lo ha destabilizzato il fatto che è stato descritto come l’uomo cattivo che non era – spiega Ceci –. Dal luglio 2019 diceva a tutti che non era più lui, roso dalla gelosia. Dopo aver scoperto la relazione della moglie era diventato ossessivo e possessivo, per questo lei, giustamente, lo aveva allontanato». «Può aver giocato in questa tragedia – aggiunge il difensore – anche la rielaborazione di quei 5 minuti di follia che lui non ricordava. Per questo avevo chiesto la perizia psichiatrica (la corte è tuttora in riserva, ndr)». In questo potrebbe aver contribuito l’ultima udienza, martedì scorso, quando la sorella Oxana ha descritto gli ultimi attimi di Zinaida e l’amico della vittima ha raccontato di come lei gli avesse confessato che prima o poi il marito l’avrebbe ammazzata. «Anche il fatto che fosse stato chiesto di far testimoniare la figlia Vitalia (la Corte poi ha ritenuto che non fosse il momento adatto, ndr), può aver influito. Mi parlava delle figlie; attraverso un percorso, anche lungo, sperava di recuperare il rapporto». Le ragazze sono affidate alla famiglia della zia Oxana, assistite da uno psicologo. «Sono provate dalla morte della madre cui erano legatissime – spiega il tutore, l’avvocato Cinzia Sansolini –. Questa è una tragedia nella tragedia perché era il loro papà. Ora non era certamente il momento, ma se in futuro si fossero dette pronte a incontrarlo, non mi sarei opposta». L’avvocato di parte civile Luigi Villa parla di «tragedia la cui gravità andrà a pesare solo sulle tre ragazze. Era bello pensare che un giorno papà e figlie si sarebbero potuti incontrare». «Nella prossima udienza avrebbe voluto spiegare chi era veramente – rivela Ceci –. Martedì sarebbe stato il nostro giorno: peccato che non arriverà mai».
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