Trovata l’arma del delitto di Pontirolo. Il fermato per l’omicidio «ha dato la sua versione dei fatti»
PONTIROLO. Nella giornata di martedì 31 dicembre l’interrogatorio di Rocco Modaffari con il gip. L’uomo accusato di aver ucciso Roberto Guerrisi di Boltiere «ha chiarito tutto, dando la sua versione dei fatti», dice il suo avvocato Emanuele Occhipinti.
È stato il fiuto del cane per la ricerca di armi ed esplosivi del nucleo Cinofili di Casatenovo (Lecco) a trovare, nel tardo pomeriggio del 30 dicembre, la pistola Beretta semiautomatica calibro 6,35 con cui, sabato pomeriggio, sarebbe stato ucciso Roberto Guerrisi a Pontirolo. Cooper, pastore tedesco, mentre ormai il sole era calato, ha fiutato una traccia che l’ha portato nella strada dietro il capannone della Db Car.
L’invio ai Ris di Parma
Ha guidato il suo conduttore sul retro del capannone dove, poco prima delle 18, la pistola è stata recuperata. Era nascosta, avvolta in un panno, nella canalina di una cabina elettrica in costruzione e aveva alcuni colpi nel caricatore. Ora sarà inviata ai Ris di Parma per l’analisi (dovranno stabilirne la provenienza e se sia stata usata per commettere altri reati) e la comparazione con i due bossoli ritrovati sulla scena del delitto, ma è molto probabile che sia l’arma impugnata da Rocco Modaffari, il 58enne di Boltiere in carcere da domenica con l’accusa di omicidio volontario. Dai Ris arriverà anche l’esito dello stub, che rileva tracce di polvere da sparo sulle mani e sui vestiti. L’autopsia sul corpo di Roberto Guerrisi, invece, non è ancora stata fissata. La salma è all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
L’autopsia da fissare
Il 42enne operaio della Tenaris Dalmine è stato colpito da un solo proiettile al volto, che sarebbe fuoriuscito dalla spalla sinistra, mentre un altro colpo ha sfiorato, ma non ferito, il fratello della vittima, Salvatore, che si trovava con lui di fronte al cancello della rivendita di auto. La Beretta di piccolo calibro non è denunciata e Modaffari, incensurato, non ha il porto d’armi così come nessuno degli altri familiari presenti sabato. I carabinieri del Nucleo investigativo di Treviglio e Bergamo, coordinati dal sostituto procuratore Giampiero Golluccio, ieri sono tornati in via Bergamo a Pontirolo certi di trovare l’arma: le telecamere della stessa ditta, che puntano verso il cancello, hanno ripreso la scena del delitto e nessuno è stato visto uscire dalla proprietà fino all’arrivo dei carabinieri. La pistola doveva essere ancora lì nei dintorni. Sono arrivati dopo pranzo, con il comandante della Compagnia di Treviglio Antonio Stanizzi, il nucleo Cinofili di Casatenovo, i carabinieri con i droni e i metal detector e anche i Vigili del fuoco di Treviglio e Dalmine che con l’autoscala sono saliti per guardare sui tetti.
L’interrogatorio di Modaffari
Sono stati setacciati i campi accanto alla Db Car fino a quando il fiuto di Cooper ha dato la svolta. Davanti alla rivendita, dove sabato si è consumato il delitto, sono comparsi mazzi di fiori e candele per Roberto Guerrisi, che sabato era andato a Pontirolo per avere chiarimenti dopo che la figlia di 22 anni, venerdì sera, era stata picchiata dal fidanzato, nipote di Modaffari. Sarebbe andato la prima volta di mattina e poi, alle 14,30, tornato con alcuni parenti. Dopo una lite avvenuta tra le famiglie, separate dal cancello rimasto chiuso, Modaffari avrebbe infilato la mano sotto i citofoni ed esploso i due colpi, uno dei quali ha colpito a morte l’operaio. Dopo una notte di interrogatori, tra molte reticenze (che sono costate la denuncia per favoreggiamento al fidanzato della figlia di Guerrisi e a suo padre), per Modaffari è arrivato il fermo domenica all’alba.
«Ha chiarito la sua versione dei fatti»
Nella mattinata di martedì 31 dicembre, difeso dall’avvocato di fiducia Emanuele Occhipinti, è stato interrogato dal gip Stefano Storto per la convalida. Modaffari ha dato «chiarimenti su ogni passaggio». Sul contenuto c’è però il massimo riserbo da parte del legale.
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