Terza dose nella Bergamasca: previste 600 mila in tre mesi, caccia agli spazi
È il numero dei bergamaschi che ne avrebbero diritto entro febbraio. Sabato 20 novembre il vertice con la Regione. Giupponi (Ats): rete capillare per sgravare gli ospedali.
Il risiko è ripartito. È la sfida che si staglia all’orizzonte della campagna vaccinale lombarda mentre s’avvicina l’inverno e i contagi crescono. Servono nuovi spazi, per attivare nuovi centri dopo che in estate se ne erano invece chiusi: lo impongono i numeri della platea della «booster», che soprattutto tra fine dicembre-inizio gennaio somiglieranno molto alla fase massiva. E serve trovarli, questi nuovi spazi, cercando – è questo l’orientamento della Regione – di sgravare gli ospedali per farli invece concentrare sul proprio compito primario, tra ricoveri Covid (in aumento) e attività ordinaria (con arretrati da smaltire). L’altro fronte è quello delle risorse umane: occorrono medici, infermieri, amministrativi con ordini di grandezza simili a quelli della scorsa primavera. Ieri i principali attori del sistema sanitario regionale si sono ritrovati in un vertice a Milano, il lavoro di messa a punto sarà intenso anche per la settimana che va ora a iniziare. L’Areu ha lanciato venerdì una manifestazione d’interesse per cercare spazi in cui avviare centri di prossimità, e ogni realtà territoriale è al lavoro per individuare soluzioni specifiche.
«Occorre potenziare l’accesso alle terze dosi, con strutture accessibili: un cittadino non deve faticare a trovare posto, per questo servono spazi e personale – è il punto tracciato ieri da Massimo Giupponi, direttore generale dell’Ats di Bergamo, intervenendo a un convegno dell’Associazione Diabetici Bergamaschi –. Il tentativo è utilizzare tutte le strade possibili per rendere capillare la rete ed evitare il coinvolgimento del personale ospedaliero, così che possa concentrarsi solo sull’attività degli ospedali». Numeri del contagio alla mano, ha evidenziato il dg, a Bergamo «stiamo relativamente bene ma siamo accerchiati».
Ieri la Regione ha fatto alcune proiezioni, con uno scenario indicativo. Ragionando sull’ipotesi che la campagna delle terze dosi prosegua almeno sino a fine febbraio, ci sarebbero potenzialmente da (ri)vaccinare altri 4.364.912 cittadini lombardi sopra i quarant’anni, cioè coloro che avevano completato il ciclo «primario» entro il 31 agosto. In Bergamasca, considerando invece tutte le fasce d’età (è possibile che strada facendo si includano anche agli under 40), da qui a fine febbraio avrebbero diritto alla terza dose circa 600mila cittadini (escludendo chi l’ha già ricevuta). Anche se l’adesione non sarà altissima come per la prima dose, la prospettiva porge «volumi» di prim’ordine.
La mappa degli hub orobici ha mutato parzialmente forma negli ultimi mesi: sono rimasti sempre attivi i centri vaccinali di Chiuduno, Rogno, Clusone, Dalmine, Mapello e Albino; in città, «salutata» la Fiera a fine luglio, da novembre si è partiti nel foyer dell’auditorium del «Papa Giovanni»; tra Val Brembana e Imagna, dopo la chiusura degli hub nei palazzetti di Zogno e Sant’Omobono l’attività ora procede all’ospedale di San Giovanni Bianco e al Presst di Sant’Omobono; nella Bassa, chiusi i centri di Spirano, Antegnate e Fiera di Treviglio, da fine ottobre è attivo l’hub vaccinale alla Same di Treviglio e a breve partirà un hub a Martinengo. Nella cartina potrebbero aggiungersi un altro paio di punti. In continua crescita le adesioni delle farmacie: le somministrazioni totali in Bergamasca sono state però finora 196, l’aumento dei giri è atteso dalle prossime settimane.
«I medici di base sono sempre stati in campo», ricorda Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo. Tra l’altro, la cooperativa Iml – formata proprio da medici di base – gestisce tre hub bergamaschi con numeri importanti: per esempio venerdì ha registrato 473 somministrazioni a Mapello, 320 ad Albino, 284 a Treviglio, oltre a 183 iniezioni di antinfluenzale a Mapello, 139 ad Albino, 104 a Treviglio. «La sfida delle terze dosi è importante – rimarca Marinoni -. Nei mesi scorsi c’è stato un problema di riduzione degli spazi, ora si vogliono aumentare. E soprattutto c’è un problema di risorse umane: da dicembre bisognerà replicare quanto fatto da maggio, certo con una sola dose, ma servono medici, infermieri, amministrativi. La situazione adesso regge, ma occorre ragionare con lungimiranza».
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