Scivola sull’Adamello e ferito si trascina
nella neve per 11 ore: «Ma ce l’ho fatta»

Ha temuto di non farcela Paolo Radaelli dopo la caduta in Adamello cui si è slogato una caviglia. «Ma ce l’ho fatta». Ora è ricoverato al Papa Giovanni

Ha camminato zoppicante e sanguinante per 11 ore in montagna, prima di raggiungere una baita e chiedere soccorso, sfidando il buio, il freddo e anche un fortissimo temporale, dopo la rovinosa caduta in Val Adamè sull’Adamello, che gli ha causato ferite al volto e la distorsione di una caviglia. Ore condite da dolore, timore di non farcela ma soprattutto coraggio e tanta forza, quella dimostrata da Paolo Radaelli, pensionato 67enne di Treviglio, ricoverato in osservazione al pronto soccorso dell’ospedale «Papa Giovanni XXIII», dove si trova dalle prime ore di ieri, dopo essere stato soccorso dal personale di un’eliambulanza alla baita Adamè, raggiunta dall’escursionista dopo la mezzanotte di venerdì.

Sposato e padre di due figli, e da due anni in pensione, dopo avere insegnato matematica all’Istituto Oberdan di Treviglio, Radaelli da più di quarant’anni è un appassionato di montagna: iscritto al Cai, ha scalato in questi anni sulle Alpi 34 quote Quattromila: quella dell’altro ieri doveva essere un’escursione tranquilla e abbordabile. Tutto programmato, con partenza alle 4,30 da Treviglio e arrivo tre ore dopo in auto alla malga Malgalincino: «La mia meta era il bivacco Baroni, a 2.800 metri, che avrei raggiunto nel primo pomeriggio – raccolta l’escursionista – e tutto sembrava andare per il verso giusto. Prima tappa completata alle 8,30 al rifugio Lissone del Cai, dove ho fatto colazione e chiacchierato con il gestore. Alle 10 l’arrivo alla baita Adamè, dove ho parlato con i tre volontari che gestiscono la casupola, ai quali ho detto che qualora non mi avessero visto tornare col chiaro di lanciare l’allarme, sperando in cuor mio che non mi succedesse nulla».

Paolo a quel punto si è incamminato verso la meta finale, trovando poco prima delle 13 un canalino di neve: «Con ramponi e piccozza l’ho affrontato lateralmente e poi frontalmente, ma sono scivolato per una ventina di metri – racconta – sbattendo infine contro un roccia. Procurandomi un forte trauma al piede e ferite al volto. Prendo la cardioaspirina e questo ha favorito il sanguinamento copioso, che ho cercato di tamponare con la neve». Impossibile lanciare l’allarme telefonicamente non essendoci rete, quindi la cosa migliore era cercare di ritornare alla baita Adamè, iniziando la discesa alle 13,30: «La mia preoccupazione era la forte perdita di sangue e la difficoltà di camminare. Ho però pregato e pensato che dovevo farcela».

Intanto il buio della sera si avvicinava: «Le condizioni meteo non erano delle migliori e sono stato sorpreso da un forte temporale: mi sono riparato in un anfratto di roccia, per fortuna con me avevo un paio di torce a batteria, che in pratica mi hanno consentito di scendere. Non volevo fermarmi anche se le ore di percorso erano ancora tante. C’è stato un momento di debolezza – ammette –, quando alle 18,30 ho mandato un messaggio a mia moglie Anna, giunto però sette ore dopo, nel quale spiegavo cosa mi era successo e che non sapevo se ce l’avrei fatta». Ma Radaelli ha proseguito, giungendo a mezzanotte alla baita Adamè dove le tre persone che aveva incontrato in mattinata lo hanno accolto, lanciando contemporaneamente l’allarme al 112. All’una di ieri l’arrivo dell’elisoccorso e alle 2,30 il ricovero a Bergamo. «Una brutta avventura che di certo non allontanerà dalla montagna – ha concluso –, cercando di non far spaventare più mia moglie e tutti quanto ora mi tempestano di telefonate per sapere cosa successo e come sto: bene!».

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