Rolando rientra da New York a Treviglio: «Città dei miei nonni, vittime del nazismo»
LA STORIA. Nacque nella città della Bassa nel ’43 in clandestinità, perché sua mamma era ebrea. «Fu Primo Levi, collega di mio padre, a riferirci che mia nonna Rachele era morta ad Auschwitz».
Da New York a Treviglio per ricordare i nonni, vittime del nazifascismo. Ieri finalmente Rolando è riuscito ad arrivare nella Bergamasca, ospite nella sala Viterbi del palazzo della Provincia. Il 27 gennaio del 2022 era stata inaugurata la pietra d’inciampo dedicata ai suoi nonni, parte della più ampia opera dell’artista Gunter Demnig. Rolando e i cugini, in quell’occasione, si erano collegati da remoto. Presente all’incontro anche la consigliera provinciale Romina Russo, che ha spiegato come «la Provincia ha aderito nel 2020 al progetto delle pietre d’inciampo con una decina di Comuni bergamaschi. Ringrazio Rolando per essere venuto a Bergamo. Il ricordo e la memoria delle vittime diventa momento collettivo di riflessione e di consapevolezza».
Rolando Politi è nato a Treviglio, in clandestinità, il 10 aprile 1943. I suoi nonni, ebrei, si erano trasferiti nella città della Bassa nel 1938 da Vienna, in seguito all’annessione dell’Austria al Terzo Reich. «Sono qui per chiudere il mio cerchio familiare – ha raccontato commosso –: in questi ultimi giorni ho messo insieme molti cocci dal mio mosaico d’infanzia. Mia madre e le mie zie, quando ero piccolo, mi dicevano che i nonni erano riusciti a scappare prima che i carabinieri li arrestassero. Non è stato così: mia nonna è stata deportata ad Auschwitz, compagna di viaggio di Primo Levi, senza fare ritorno; mio nonno Simon, dopo la deportazione di sua moglie, si è consegnato ai militari. Arrestato, è morto nel carcere di Sant’Agata a Bergamo in seguito a un’emorragia cerebrale mai chiarita».
«Mia madre Cecilia è stata internata a Polla (Salerno), dove ha conosciuto mio padre. Nonostante la guerra, si sono innamorati e sposati, ben due volte. La loro prima unione, nel ’43, non poteva infatti essere trascritta, in quanto mia madre era ebrea. Mio padre era un chimico: ha lavorato con Primo Levi a Novara, è stato proprio lo scrittore a comunicarci della morte di mia nonna, nel campo di Auschwitz»
E, ancora: «Mia madre Cecilia è stata internata a Polla (Salerno), dove ha conosciuto mio padre. Nonostante la guerra, si sono innamorati e sposati, ben due volte. La loro prima unione, nel ’43, non poteva infatti essere trascritta, in quanto mia madre era ebrea. Mio padre era un chimico: ha lavorato con Primo Levi a Novara, è stato proprio lo scrittore a comunicarci della morte di mia nonna, nel campo di Auschwitz. Quando ci siamo trasferiti negli Stati Uniti, mia mamma mi parlava spesso di Bergamo e di Treviglio, con malinconia. Ha conosciuto sia l’aspetto terribile del regime fascista e delle leggi razziali, sia tante brave persone che l’hanno aiutata. Ringrazio tutti coloro che hanno permesso questa ricerca e ricostruzione della memoria della mia famiglia. Un ringraziamento speciale va a Elisabetta Ruffini, direttrice di Isrec Bergamo, e al giovane Alessandro Rachelli, che per primo mi ha contattato». Al termine dell’incontro il sindaco di Treviglio Juri Imeri ha consegnato una pergamena commemorativa, ringraziando Rolando per la sua testimonianza: «La pietra è stata posta vicino alla casa dove viveva Rachele Stern Manas, sua nonna, in piazza Setti, un luogo che oggi ospita giochi e feste, ma sul quale un tempo si trovava il carcere di Treviglio, oggi scomparso. Speriamo sia un modo per dare spunti di riflessione alle nuove generazioni».
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