
Poca neve, ma invasi pieni. E il piano laghetti resta al palo
GIORNATA DELL’ACQUA. Il monitoraggio: emergenza rientrata, riserve idriche a -23% sullo storico. Sertori: «Fondamentale gestire bene i bacini esistenti».

«Non c’è più nessuna premessa per parlare di emergenza idrica. Le riserve d’acqua lombarde non suscitano infatti più preoccupazione». In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, l’affermazione dell’assessore regionale all’Utilizzo della risorsa idrica, Massimo Sertori, è sicuramente una notizia da accogliere positivamente. Soprattutto dopo le pesanti criticità degli ultimi anni, a partire dalla grave crisi idrica del 2022.
Da allora la disponibilità dell’acqua sul territorio stoccata nei laghi, negli invasi (bacini artificiali) e nella neve in montagna, è stata monitorata con grande attenzione. E l’ultimo bollettino ufficiale dell’Arpa sullo stato delle riserve idriche superficiali parla di un 23% di deficit rispetto al passato (periodo storico 2006-2020). Questo dato non è ritenuto preoccupante anche in considerazione del fatto che sta pure migliorando grazie alle piogge dei giorni scorsi.
Quest’anno poca neve
Se si scorporano i dati, quello negativo riguarda l’innevamento che, soprattutto a causa dei pochi fiocchi caduti sulle Prealpi, presenta un meno 40%. Questo dato è, però, compensato dal più 36% che segna la presenza di acqua nei laghi. Lo stato della situazione verrà preso in esame nel prossimo Tavolo permanente della crisi idrica, che Sertori ha intenzione di convocare a breve: «Il tavolo – sostiene – servirà però solo a fare un riassunto dei dati dei monitoraggi. Non c’è, infatti, nessuna crisi idrica di cui parlare». Parole che fanno ben sperare anche in prospettiva della prossima stagione irrigua che in Lombardia, nella sua durata di poco più di tre mesi, richiede mediamente una gigantesca quantità d’acqua, pari a 9 miliardi di metri cubi.
I consumi annui
Per capire la dimensione di questo dato basta dire che in Lombardia vengono consumati annualmente un miliardo e 370 milioni di metri cubi di acqua potabile, in tutta Italia 8 miliardi e 280 milioni.
Per far fronte alle esigenze irrigue nel 2017 Anbi (l’associazione dei Consorzi di bonifica italiani) e Coldiretti avevano presentato il «Piano laghetti» per realizzare sul territorio nazionale diecimila invasi medio-piccoli per trattenere l’acqua piovana da utilizzare poi per scopi irrigui. Lo stesso assessorato di Sertori la scorsa estate aveva stanziato per la Bergamasca 1,8 milioni di euro per realizzare, nella zona montana, nuovi piccoli bacini finalizzati soprattutto all’abbeveraggio degli animali. Non è previsto però a breve lo stanziamento di nuove risorse anche perché, afferma Sertori, il «Piano laghetti» «contribuirebbe in maniera relativa al bisogno di acqua dell’agricoltura lombarda». Per l’assessore regionale quello che, invece, risulta «fondamentale è la gestione curata e intelligente dei laghi lombardi». Che sono visti come un ideale sistema di immagazzinamento dell’acqua da essere però poi rilasciata a valle nel momento necessario.
Le nuove concessioni
L’acqua proveniente dai laghi trattenuta negli invasi delle dighe ammonta a 1,5 miliardi di metri cubi: «Una cifra importante – spiega ancora Sertori –, soprattutto se utilizzata quando serve, ossia nei mesi di luglio e agosto. E da questo punto di vista abbiamo fatto molto. Nell’ambito del rinnovo delle concessioni idroelettriche abbiamo infatti previsto, con una legge ad hoc, la possibilità per la Regione di obbligare, di fronte a determinate criticità, i concessionari a turbinare quando richiesto, rilasciando così l’acqua a valle». Per la gestione della risorsa idrica poi, secondo la Regione, anche gli agricoltori devono fare la loro parte. E per Sertori la devono fare ricorrendo sempre più «a tecniche che consentano un maggiore risparmio d’acqua».
Il «Piano laghetti», comunque, nonostante non abbia più ricevuto finanziamenti, in Bergamasca non è fermo. Nella nostra provincia il documento prevede lo svuotamento del lago del Bernigolo (Lenna-Moio de Calvi), la realizzazione delle nuove vasche di accumulo di Albino e l’acquisizione della ex Cava Holcim a Treviglio. E proprio quest’ultimo punto è appena stato realizzato dal Consorzio di bonifica della media pianura bergamasca.
Le ex cave
L’ente consortile ha infatti da poco raggiunto un accordo con la società Cava Ghisalba, proprietaria del sito di estrazione, al momento per l’utilizzo a scopi irrigui dell’acqua contenuta al suo interno. E poi, una volta che l’attività di estrazione sarà conclusa, per l’acquisizione.
Già dal 2018 il Consorzio si serve, nello stesso modo, della ex Cava Fumagalli di Pontirolo. «In caso di bisogno – spiega il direttore Mario Reduzzi – la seconda cava ci permetterà di alimentare la Roggia Moschetta per irrigare nel modo migliore possibile le colture del Trevigliese». Entrambe le cave erano state rilevate come prioritarie dallo studio fatto realizzare nel 2021 dalla Regione proprio per individuare le cave che potessero essere riconvertite per l’irrigazione agricola. «Noi comunque – continua Reduzzi – non abbiamo rinunciato alle altre due opere previste in Bergamasca dal “Piano laghetti”. E per la realizzazione di entrambe abbiamo presentato da tempo richieste di contributi a bandi finanziati dal ministero delle Infrastrutture».
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