Padre Paco finalmente a casa dopo cinque anni nella foresta
PADRE PACO MARTINELLI. Tornato a Martinengo dopo 5 anni ininterrotti nella foresta, bloccato dal Covid. Da 40 anni in America Latina.
Dopo 5 anni di fila nella foresta amazzonica, bloccato a causa della pandemia, padre Francesco Martinelli, 64 anni, è tornato in Italia.
Accolto a Roma da Papa Francesco e rientrato a Martinengo, suo paese natale, ha riabbracciato la sua famiglia. «Siamo tutti felici che sia a casa e che stia bene. Poterlo riabbracciare è una grande emozione» ha detto il fratello Giancarlo Martinelli. Padre Francesco, missionario monfortano, partito cinque anni fa per una missione in Ecuador, sarebbe dovuto tornare nel 2020, l’anno dello scoppio della pandemia. Ha rimandato il suo ritorno di tre anni. Domenica 21 maggio padre Paco, come lo chiamano nelle sue comunità, insieme ad altri missionari, è stato accolto da Papa Francesco. Poi il rientro a Martinengo la scorsa settimana.
Com’è andato l’incontro con Papa Francesco?
È stato un incontro emozionante. Il Papa ha tenuto un discorso che ha toccato tutti noi missionari, ci siamo sentiti rappresentati dalle sue parole e ci ha invitato a vivere le situazioni di difficoltà con tre grandi virtù: vicinanza, compassione e tenerezza.
Come si sente ad essere tornato a casa dopo così tanto tempo?
Non mi è mai successo di stare via così tanto tempo di fila e la mancanza si è sentita, dopotutto è la mia famiglia ed è giusto tornare per riabbracciarsi.
Pensa mai all’idea di fermarsi in Italia?
Mi è stato proposto quest’anno, ma ho declinato l’offerta. Da 40 sono itinerante in America Latina per vocazione infatti il 27 luglio torno dalle mie comunità.
Dove sta svolgendo servizio ora?
Ora la mia missione è in Ecuador, a Lago Agrio. Mi trovo in questa zona dal 2007 in una piccola città nel mezzo della foresta amazzonica.
Cosa ha fatto in questi anni in Ecuador?
I primi due anni sono stati difficili. Quando sono arrivato nessuno poteva entrare nella foresta dove risiedono altre comunità perché si corrono molti rischi: c’è il fiume Putumayo, affluente del Rio delle Amazzoni, con una corrente molto forte e l’unico modo per arrivare dalle comunità è navigando il fiume. Inoltre nella selva ci sono molti animali letali (anaconde, tigrillos, insetti) e gruppi armati. Quando entro in queste zone trascorro una decina di giorni, ospitato dalle comunità locali per poi uscire e tornare alla città. Ma anche lì ci sono svariati problemi: poca acqua potabile disponibile, problemi di igiene e inquinamento causato dall’estrazione di petrolio.
Quante volte sente i suoi familiari quando è là?
Dipende, a volte sento la famiglia ogni mese, ma non sempre riesco. Se mi succedesse qualcosa nella selva, qua lo saprebbero dopo molto tempo.
Come avete vissuto la situazione della pandemia in Ecuador?
La pandemia è stato un brutto colpo. Io ho avuto una sola mascherina a disposizione che lavavo e riutilizzavo ogni giorno. Le persone morivano per strada e io andavo nelle case quando c’erano i morti per pregare. Correvamo tutti un grande rischio
Cosa farà nei prossimi mesi qui in Italia?
Ne approfitto per stare a casa con la mia famiglia e i miei amici e sicuramente farò visita ai miei compagni monfortani a Redona
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