«Non lotto, ascolto la sclerosi multipla come una sinfonia con note alte e basse»
La storia di Alice Avogadri, la forza di una giovane mamma bergamasca di fronte alla malattia dopo gli anni in Messico.
Non sta mai ferma, Alice Avogadri, neanche quando, seduta al tavolino di un caffè, racconta la sua storia: la sua vita è fatta di movimento, viaggio, vivacità, fisica e mentale. Non è un caso se - dopo la laurea in Lettere - è diventata anche maestra di Yoga. Questo l’ha aiutata a non considerare la sclerosi multipla come una nemica, ma come «una compagnia dispettosa - racconta sorridendo -, una parte di me, anche se oscura, una persona di famiglia con cui bisogna avere a che fare anche se dà del filo da torcere».
Alice abita a Boltiere con suo marito e i suoi due bambini, Domenico di 10 anni e Matilde di 5. È tornata qui dopo dodici anni trascorsi a Città del Messico, e il suo accento nel frattempo si è arricchito delle note dolci e rotonde della lingua spagnola.
Da Unibg in Spagna e in Messico
«Dopo la laurea in lettere all’Università di Bergamo, in Città Alta - spiega -, e dopo un Erasmus in Spagna ho cercato una possibilità di tirocinio universitario al di fuori dell’Unione europea, ed è capitata l’occasione di svolgerlo al Museo Mural Diego Rivera di Città del Messico. È stato così che ho incontrato mio marito, che in quel periodo lavorava in un ufficio pubblico proprio di fronte al Museo. Ci siamo innamorati e abbiamo deciso di sposarci. Quando sono rientrata in Italia per dare gli ultimi esami e la laurea magistrale ero già incinta, ho scritto un capitolo al mese: a gennaio 2011 è nato Domenico, a marzo ho discusso la tesi, dedicata all’esperienza di tirocinio. Quel museo offre un’interessante spaccato della cultura messicana, dalla Inquisizione al sogno futuristico dell’artista. È stata una bella occasione per approfondire la cultura e il folklore di questo Paese, che mi hanno profondamente affascinato».
Esperta di Yoga
Poi Alice è tornata in Messico con il marito e il figlio e ha iniziato a insegnare italiano attraverso la società Dante Alighieri, poi ha coltivato il suo interesse per lo Yoga: «Mi interessava molto questa disciplina capace di associare in modo armonico anima e corpo, mi ha aiutato a gestire la lontananza, la nostalgia della mia famiglia, a domare il vuoto che sentivo dentro. Non è stato facile vivere in una delle metropoli più caotiche del mondo, con un bambino piccolo».
I primi sintomi della sclerosi multipla si sono manifestati nel 2015: «Ero in macchina e all’improvviso mi si è annebbiata la vista. Sono andata da un medico che ha attribuito questo disturbo allo stress. In seguito, dato che avevo degli insistenti mal di testa ho fatto anche una risonanza magnetica ma non è emerso niente di significativo». Poco dopo è nata la sua secondogenita Matilde, ma Alice continuava a sentirsi inquieta sulla sua salute, sentiva che c’era qualcosa in lei che non andava: «Due anni dopo, nel 2017, si sono manifestati altri sintomi: avvertivo un fastidio alle gambe, come delle scosse elettriche. Anche in questo caso mi sono rivolta a uno specialista, che però ha attribuito il problema a uno sforzo eccessivo compiuto con qualche posizione avanzata di Yoga. Amo informarmi, studiare e non mi sono accontentata di questo parere, che mi era sembrato superficiale. Avevo intuito che potesse trattarsi di un problema neurologico, così ho consultato privatamente un altro specialista, che però si è limitato a prescrivermi un antidepressivo e mi ha consigliato una risonanza magnetica alla colonna vertebrale».
Il rientro in Italia, a Boltiere
Già da tempo Alice stava ragionando con il marito sulla possibilità di trasferirsi più vicino alla sua famiglia: «Non stavo bene così lontana, avrei voluto tornare in Europa, anche se magari non in Italia. Mio marito, che nel frattempo aveva iniziato a lavorare per una multinazionale, ha avuto diversi colloqui e gli è stata offerta una posizione interessante a Milano. Mi è sembrato un dono, a questo punto, poter tornare a stare vicino alla mia famiglia: i miei genitori risiedono a Ciserano e noi abbiamo trovato casa a Boltiere».
Essere un’emigrante di ritorno ha comportato un periodo di nuovo adattamento, che ha coinvolto in modi diversi lei e la sua famiglia: «Sono partita come studentessa e sono rientrata con tante responsabilità in più, come madre di due bambini piccoli. Avevamo tante questioni da gestire, da quelle pratiche legate alla casa, ai documenti, all’assistenza sanitaria, fino alla scuola. Anch’io ho dovuto imparare tutto da capo, assorbendo nuove abitudini, aiutando i bambini a creare nuove relazioni e una diversa routine. In questi ultimi anni mi sembra di essere cresciuta più che in tutti quelli trascorsi in Messico».
La diagnosi
Nel frattempo è proseguito il percorso di accertamenti ed esami: «Su suggerimento di mio padre ho consultato un altro neurologo e ho aggiunto alla risonanza alla colonna anche un esame analogo all’encefalo. Così alla fine è arrivata la diagnosi di sclerosi multipla. Per me è stato un colpo durissimo, mi sono ritrovata in grave crisi, perché è capitato proprio nel momento in cui avevo iniziato a ricostruire la mia vita in Italia. Non sapevo come si sarebbe evoluta la malattia, all’inizio mi sentivo terrorizzata, vedevo tutto nero, ero ipocondriaca, non riuscivo neppure a restare in casa da sola per paura che mi accadesse qualcosa. Allora ho iniziato un percorso di psicoterapia, un’importante valvola di sfogo, un modo per confrontarmi e far emergere tutte le difficoltà che mi tenevo dentro e mi rendevano la vita faticosa. Col tempo ho capito di essere fortunata: non ho particolari problemi fisici, salvo alcuni formicolii, poi soprattutto stanchezza e fatica, due sintomi caratteristici della sclerosi multipla. Mi pesa ancora che questo possa essere valutato dall’esterno come pigrizia. Soffro se qualcuno mi giudica svogliata».
L’associazione Aism
Alice ha sentito subito il desiderio di incontrare altre persone che avessero la stessa patologia: «Ho assecondato la mia propensione a conoscere e approfondire, così ho incontrato l’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism, www.aism.it), almeno virtualmente, perché purtroppo nell’ultimo anno abbiamo dovuto fare i conti anche con la pandemia. Ho fatto in tempo a conoscere la presidente del gruppo di Bergamo, Iride Felini, e alcuni altri volontari, ho iniziato a partecipare alle attività di raccolta fondi, cercando di alimentare il passaparola anche fra amici e conoscenti. Credo sia un bel modo per far conoscere la malattia e i problemi che le persone incontrano. Così attraverso l’associazione possiamo contribuire alla ricerca ma anche svolgere un’azione di sensibilizzazione. È un modo per aiutare gli altri, per rendersi utili, e anche questo per me è prezioso». Il sostegno della famiglia è stato fondamentale per Alice: «Mio marito mi è sempre stato vicino. Siamo diversi, lui è molto più concreto e pragmatico, il suo atteggiamento verso la vita è più equilibrato, io sono più emotiva, più estroversa, mi agito facilmente». Alice ha deciso di parlare apertamente con i figli: «Matilde è ancora troppo piccola, ma ho spiegato a Domenico cos’è la sclerosi multipla con semplicità, in modo che potesse capirlo, presentandogli informazioni e dati. Nel frattempo cerco di prendermi cura di me stessa da ogni punto di vista, per esempio mantenendo uno stile di vita sano, un’alimentazione equilibrata, continuando a svolgere attività fisica. Lo Yoga mi aiuta a sgombrare la testa dai pensieri negativi e a coltivare un legame armonioso tra corpo e spirito. Certamente ora ho meno tempo di quanto ne avessi in Messico, perché qui i ritmi di vita sono più intensi. Lavoro come lettrice madrelingua di spagnolo nelle scuole secondarie di primo grado e come insegnante per alcuni progetti delle Acli. Spero in futuro di poter diventare docente di lettere in una scuola secondaria di primo grado. Nel periodo della pandemia mio marito ha lavorato in smart working creandosi uno studio dove poter stare tranquillo. Certo non è stato facile tenere due bambini sempre in casa, perché sono entrambi molto attivi e vivaci. Non sono la classica mamma chioccia, ho bisogno di spaziare con la mente, di seguire corsi. In Messico ho frequentato anche un master in fotografia. Da quando siamo tornati in Italia ho meno possibilità di spaziare. Ho mantenuto comunque le tradizioni popolari messicane, in particolare il “dia de los muertos”, la festa dei morti, un’occasione in cui si crea in casa una specie di diorama, così come in Messico ho cercato di mantenere vive le nostre tradizioni bergamasche, come Santa Lucia. Nella nostra famiglia queste identità coesistono e si arricchiscono a vicenda. Tornare a casa mi ha mostrato quanti aspetti della vita diamo per scontati, come la sicurezza e l’assistenza sanitaria, mentre fuori dall’Europa, non sono garantite. Anche le distanze erano molto più impegnative, l’ospedale più vicino era a un’ora di distanza».
Convivere con la malattia
Con il tempo Alice ha imparato a convivere con la sua patologia: «Ho capito che si manifesta in modo diverso in ogni paziente. Fortunatamente in me ha prodotto poche lesioni. Sto seguendo con attenzione la terapia, con controlli regolari, ogni sei mesi visita del neurologo e risonanza. Ci sono alti e bassi: ho adottato la definizione di un’amica dell’associazione, che chiama la sclerosi multipla in modo molto azzeccato sinfonia musicale. Ci sono giorni di note alte in cui va tutto bene e giorni di note basse in cui ho bisogno di riposare. L’importante per me è riuscire ad accettarla, non provare rabbia, non considerare la malattia come un nemico, imparare a conviverci. A volte la sclerosi multipla mi mostra i miei limiti, quando devo per forza fermarmi. Cerco di vivere il presente, leggo, ascolto esperienze diverse, cerco di affrontare ogni giorno con calma. È la mia strada, fatta di speranza e di una semplice resistenza quotidiana».
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