«Linda, 15 anni di amore ogni giorno»
CARAVAGGIO. A 18 mesi è arrivata la diagnosi: sindrome di Angelman, per la figlia di Marzia Baita e Roberto Ravazzi. «Ansie e fatiche, ma da quel buio siamo ripartiti». Tanto affetto. E due anni fa una bici speciale regalata dagli amici.
«Linda è nata perfettamente sana, sia la gestazione che il parto sono andati benissimo. Tra i sei e gli otto mesi, ci siamo accorti che era fin troppo brava. E al 18° mese abbiamo avuto la diagnosi: sindrome di Angelman». Una notizia terribile per Marzia Baita, oggi 44 anni, e il marito Roberto Ravazzi, 47, di Caravaggio. La vita scombussolata, tante domande, tanti timori, fatiche. E poi, anche tanta gioia.
Linda Ravazzi oggi è una quindicenne con la sindrome di Angelman, malattia genetica rara non ereditaria del neurosviluppo, causata da una mutazione genetica del cromosoma 15. Frequenta la prima liceo indirizzo scienze umane al «Don Milani» di Romano e nel tempo libero fa nuoto e ippoterapia. Dalla scuola alle attività extra, c’è bisogno di qualcuno che le sia vicino per aiutarla nei movimenti e per comunicare con lei, perché la sindrome che i medici del «San Raffaele» di Milano le hanno diagnosticato da piccolissima influisce anche sull’equilibrio e sul linguaggio.
«Cerchiamo di concentrarci sul presente – racconta mamma Marzia, dalla piccola frazione di Masano dove vive insieme al marito, alla figlia e a un piccolo “peloso” a quattro zampe –. Quando Linda è nata è andato tutto bene, nonostante fosse leggermente sottopeso. Non piangeva quasi mai, salvo quando aveva fame. Ma è proprio perché era troppo quieta rispetto agli altri bimbi di pochi mesi che abbiamo cominciato a pensare che potesse essere strano. Dove la mettevi stava. Non aveva le reazioni che invece ci saremmo aspettati, come prendere il cibo e portarselo alla bocca. E quando abbiamo visto che da seduta dondolava un pochino la testa è scattato l’allarme». Linda aveva meno di un anno di vita quando sono iniziate le visite che poi hanno portato alla diagnosi a 18 mesi. «La neuropsichiatra aveva visto che aveva un ritardo neurologico da definire, e dopo una settimana al San Raffaele abbiamo saputo che aveva la sindrome di Angelman. Nel mezzo mesi di ansie, paure e dubbi. Ma da quel buio siamo ripartiti per ritrovare la luce».
«I medici ci dissero che aveva un ritardo neurologico grave e che sarebbe rimasta sempre una bambina – ricorda mamma Marzia –, che avrebbe avuto una assenza di linguaggio quasi totale, e che ci saremmo potuti rivolgere ai centri di comunicazione alternativa aumentativa. Ci hanno dato alcuni riferimenti, ci siamo rivolti al centro di neuropsichiatria infantile, ma per il resto stava a noi».
«Un giorno alla volta, insieme»
Quindici anni fa la sindrome di Angelman era poco conosciuta: oggi la ricerca sta facendo passi in avanti, ma di lavoro ce n’è ancora molto da fare per sviluppare terapie più efficaci. Nel frattempo il calendario della famiglia Ravazzi è pieno di appuntamenti per visite di controllo, risonanze, encefalogrammi e visite neurologiche. «Intorno ai tre anni di età Linda ha avuto delle crisi epilettiche potentissime – ricorda ancora la madre –, abbiamo dovuto portarla in ospedale, ma anche i pediatri all’epoca non conoscevano molto la sindrome di Angelman, così come non la conoscevamo noi. Crescendo tutti insieme, andiamo avanti col sorriso un giorno alla volta, anche perché Linda ci dà davvero tanto, quindi va bene così». Con il tempo la bambina che oggi è diventata adolescente ha trovato le strategie per farsi capire, la tecnologia è servita per installare su un tablet un programma dedicato alla comunicazione aumentativa. A scuola, invece, c’è un insegnante di sostegno. «Siamo sempre stati fortunati e abbiamo trovato insegnanti disponibili, il problema è che ogni anno i docenti cambiano e bisogna ricominciare da capo: devono imparare a usare i programmi per comunicare con lei».
Con i compagni di classe prima delle elementari e poi delle scuole medie Linda non ha mai avuto problemi, anzi. Si è subito integrata sia a scuola che in paese, dove la conoscono tutti. «Sa stare in compagnia, è una bambina che si fa amare – sottolinea la madre, che ha lasciato il lavoro come commessa in farmacia per stare a casa con la figlia –. Gli educatori e il trasporto costano tantissimo, per questo abbiamo deciso di rinunciare a uno stipendio per stare con Linda. Se stimolata fa alcuni passi con l’aiuto di un adulto, ma non cammina benissimo. Per questo abbiamo preso un furgoncino con una pedana per poterci spostare con la sedia a rotelle. In estate lo carichiamo di valigie e partiamo per andare al mare: a Linda piace molto stare in acqua e facciamo i nostri viaggetti per le vacanze. Anche trovare delle strutture ricettive che non abbiano barriere architettoniche non è facile».
«Non ci sentiamo soli»
Un aiuto importante arriva dall’Associazione Angelman, di cui la famiglia fa parte da anni ormai. «Possiamo confrontarci con altri genitori e in questo modo non ci sentiamo soli – conclude Marzia –. È molto importante, così come lo è stato il regalo che gli amici hanno fatto a Linda per il compleanno di due anni fa: una bicicletta speciale, lei si siede davanti e ammira il panorama io in sella pedalo aiutata dalla pedalata assistita. Possiamo arrivare ovunque».
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