La moglie è malata, i colleghi gli donano un anno di ferie per starle accanto
Levate La toccante storia di Beppe e Sara del Policlinico San Marco: lei si è ammalata gravemente e i loro colleghi tramite il passaparola hanno regalato a lui 1.800 ore: «Non lo dimenticherò mai».
«Avevo finito tutti i permessi e le ferie, anche anticipate, per prendermi cura di mia moglie che ha subito un trapianto di polmoni. Non mi rimaneva che chiedere l’aspettativa, anche se l’idea di restare senza stipendio per mesi, con una figlia piccola e tante spese da affrontare, era un peso che si aggiungeva alle tante altre preoccupazioni legate alla malattia. Poi è successo il miracolo: i colleghi del mio ospedale, in una straordinaria gara di solidarietà che mai mi sarei aspettato, mi hanno regalato un anno di ferie. Sarò sempre grato a tutti loro». Si emoziona Beppe Mora, 47 anni, infermiere di sala operatoria del Policlinico San Marco, mentre racconta l’inaspettato dono ricevuto dal personale dell’ospedale in cui lavora dal 1999. Un gesto di solidarietà virale che si è trasformato in un segno di speranza.
Il calvario di Beppe e della moglie Sara Vavassori, 41 anni, anche lei infermiera del Policlinico San Marco, comincia nel 2016 quando Sara accusa i primi problemi respiratori
Il calvario di Beppe e della moglie Sara Vavassori, 41 anni, anche lei infermiera del Policlinico San Marco, comincia nel 2016 quando Sara accusa i primi problemi respiratori. Inizialmente la coppia di Levate pensa si tratti semplicemente di asma o allergia, ma i primi accertamenti lo escludono. Ha una forma rara di ipertensione polmonare. Con i farmaci, Sara sembra migliorare e la malattia sotto controllo. Dopo un anno però la situazione si riaggrava.
L’unica speranza è il trapianto di polmoni, deve essere inserita nella lista d’attesa. Finalmente il 21 giugno 2021 arriva la telefonata dall’ospedale di Padova: ci sono polmoni compatibili per Sara
Beppe si deve dividere fra il lavoro e la moglie utilizzando tutte le sue ferie per starle accanto e darle aiuto in casa e con la figlia. Le condizioni della donna però, continuano a peggiorare. E la loro vita diventa un via vai da ospedali con ricoveri, ogni sei-otto mesi, per controlli e accertamenti. Fino al verdetto: l’unica speranza è il trapianto di polmoni, deve essere inserita nella lista d’attesa. Finalmente il 21 giugno 2021 arriva la telefonata dall’ospedale di Padova: ci sono polmoni compatibili per Sara. L’intervento va bene e dopo due settimane di terapia intensiva e 40 giorni di ricovero torna a casa.
Ma passano tre mesi e arriva la doccia fredda. «Mentre era ricoverata per i soliti controlli a Padova, improvvisamente ha un crollo respiratorio. Viene presa al volo e intubata d’urgenza». La biopsia a cui la sottopongono è chiara: ha un rigetto del grado più grave. Beppe inizia a dividersi tra Bergamo dove c’è la figlia e Padova, dove Sara rimane ricoverata. Deve lasciare di nuovo il lavoro, ma ha ormai finito anche le ferie ed è costretto a chiedere l’aspettativa. Chiede a Diego Di Vito, suo caposala delle sale operatorie e amico, di pensarci. «Il giorno dopo mi chiama e mi dice che non c’è bisogno che io chieda l’aspettativa. Tutti gli infermieri e Oss delle sale operatorie, dopo aver saputo cosa era successo, si erano offerti di regalarmi un giorno di ferie ciascuno, per più di 30 giorni».
Per Beppe è una boccata d’ossigeno. Ma in realtà è solo l’inizio. Da quel momento parte una vera e propria catena di solidarietà. Nel giro di pochi giorni i 39 giorni diventano 1.800 ore, in pratica un anno di ferie, donate da infermieri, Oss, amministrativi, operai, tecnici, magazzinieri, fisioterapisti.
Nel giro di pochi giorni i 39 giorni diventano 1.800 ore, in pratica un anno di ferie, donate da infermieri, Oss, amministrativi, operai, tecnici, magazzinieri, fisioterapisti.
«È stata davvero una cosa incredibile. Non potevo crederci, ero commosso da tutta quella solidarietà. Non lo dimenticherò mai. Ora, però, il mio desiderio più grande è che Sara possa ricominciare a essere quella di prima e che io possa tornare al lavoro e riabbracciare tutti i colleghi che in questi mesi mi hanno sostenuto con la loro straordinaria amicizia e affetto».
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