La magia della natura «catturata» a Cologno
In un capanno del Parco del Serio l’appostamento di Alberto Lesi, vigile del fuoco, che ha fotografato 28 differenti specie di uccelli. «Il mio obiettivo è un click per le 150 specie che nidificano in Bergamasca».
Con infinita pazienza e curiosità, nei ritagli di tempo che i turni del suo lavoro da vigile del fuoco e gli impegni familiari gli hanno concesso, ha immortalato col suo obiettivo 28 differenti specie di uccelli (un quinto di tutte le specie nidificanti presenti nella nostra provincia), nascosto nel capanno di legno che lui stesso ha costruito, nella campagna di Cologno al Serio. Lo ha fatto per un intero anno, seguendo l’evoluzione delle stagioni. E mentre la sua macchina fotografica, con discrezione, fissava istanti di vita, colori e dettagli curiosi di questi piccoli «miracoli della natura», ha anche permesso a molti di essi di passare indenni il rigido inverno, grazie al piccolo stagno per l’acqua allestito davanti al capanno e a zone per il rifornimento di cibo.
Ma ora il suo obiettivo, ambizioso, è riuscire a fotografare tutte e 150 le specie nidificanti della Bergamasca e «racchiuderle» in un libro. L’aiuto del signor Umberto Protagonista di questa storia è Alberto Lesi, 36enne di Bagnatica, papà di Edoardo (3 anni) e dallo scorso 23 dicembre del piccolo Lorenzo, da quasi 11 anni vigile del fuoco in servizio presso la centrale del comando provinciale. E una grande passione che gli ha passato il padre Stefano: quella per la fotografia. «Ho cominciato fin da piccolo a dilettarmi con la vecchia Olympus a pellicola di papà - racconta - e poi ho voluto acquistare la prima Reflex tutta per me. Il cammino vero è cominciato lì e manco me ne ero reso conto.
Sono passato poi al digitale e nel tempo ho acquistato una serie di obiettivi diversi tra cui un teleobiettivo che, per mera curiosità, mi permetteva di distinguere meglio tutti quegli esserini volanti che abbiamo continuamente sopra le nostre teste e dei quali in genere non ci curiamo. Anch’ io, dieci anni fa, iniziando a fotografarlo, ho cominciato ad approfondire questo piccolo e variegato mondo». A portare Alberto a realizzare il progetto fotografico nel parco del Serio di Cologno, in località Fornasette, è stato nel 2017 l’incontro casuale col signor Umberto, proprietario di un agriturismo con l’hobby del disegno (i suoi soggetti preferiti erano proprio i volatili del parco), venuto purtroppo a mancare. Vedendo Alberto appostato a fotografare una colonia di gruccioni, ha voluto mettergli a disposizione il suo terreno permettendogli di costruire il capanno insonorizzato e attrezzato come osservatorio, e a realizzargli attorno un set fotografico naturale per attirare gli uccelli.
E così, per tutto il 2021, scatto dopo scatto, è diventato una sorta di «buen retiro». Un piccolo mondo «Mi recavo anche tre volte a settimana - continua -. Sveglia presto, ma non troppo, e dopo aver parcheggiato poco distante mi dirigevo verso la pozza con la mia attrezzatura e una tanica d’acqua calda, non certo per il tè ma per sciogliere lo spesso strato di ghiaccio che la ricopriva. Rifornivo le mangiatoie e tendendo un orecchio agli alberi circostanti mi rendevo conto che i miei amici già mi stavano aspettando. Pettirossi, usignoli, cinciallegre, verdoni, lucherini, codibugnoli, fringuelli, alcuni posso dire che li conoscevo anche per nome, per esempio una coppia di picchio rosso maggiore che tornava spesso». Nel capanno, una feritoia dalla quale far passare la lente del teleobiettivo e dei vetri riflettenti attraverso i quali Alberto ha potuto osservare e scattare senza disturbare.
«In effetti, la cosa più divertente è guardarli: un piccolo mondo catturato in appena due metri quadrati. Sono troppo belli quando si contendono il cibo, quando fanno dei tuffi prima timidi nell’acqua per poi farsi un bel bagno per le pulizie mattutine. Tra gli ospiti che più di tutti hanno gradito la mia pozza, un’orda di codibugnoli che la invadeva disordinatamente ed era subito tutto uno schizzare e uno spruzzare d’acqua mentre il brandire delle lunghe code diventava quasi ipnotico». Ma non sono stati solo i passeriformi a gradire la postazione di Alberto: in un anno sono arrivati anche picchi, gazze, tortore, tordi, fino avere in visita ben 28 specie. Conservare la biodiversità «In una realtà dove la conservazione della biodiversità è ormai una sfida, sono contento di aver aiutato questi indifesi volatili a superare l’inverno e ad averne catturato la bellezza. Il 60 per cento dei passeriformi, infatti, non riesce a sopravvivere a causa delle rigide temperature e per la carenza di cibo, dovuto purtroppo all’aumento di pesticidi e insetticidi.
La “magia” si crea grazie ad una serie di fattori, uno non meno importante dell’altro: la presenza di cibo, acqua, vegetazione circostante dove possano ripararsi, il capanno che mi nasconde e tanta pazienza hanno permesso che tutto ciò accadesse. Bisogna però ricordare che quando si interagisce con madre natura, bisogna farlo in maniera responsabile, soprattutto per quanto riguarda il foraggiamento, iniziando in maniera graduale con l’arrivo dei primi freddi per smettere, sempre con gradualità, all’arrivo della bella stagione. Il tempo dentro al capanno a volte passa lento, a volte troppo di corsa ma in conclusione non è mai abbastanza, lavoro e famiglia d’altronde hanno la priorità, ma quando posso, sgattaiolo qui, in questo mio mondo tanto diverso da quello reale da sembrare quasi una favola». «L’emozione della natura»
Ora, con l’arrivo di Lorenzo, l’hobby per la fotografia è stato provvisoriamente messo da parte ma non l’obiettivo di riuscire a immortalare (realizzando un volume) tutte le 150 specie di uccelli della Bergamasca. «So che è un sogno quasi irraggiungibile per una serie di motivi - conclude Alberto - perché alcuni esemplari sono molto rari, altri vivono in ambienti impervi che occorre conoscere bene e avere il tempo di raggiungere. Ma è un obiettivo che sono convinto, prima o poi, di raggiungere. Quando posso, ritaglio un po’ di tempo dalle mie giornate per la scoperta di nuovi luoghi, spesso sdraiato nel fango o immerso nell’acqua fino alla vita per mezzo di una zattera galleggiante che mi permette una prospettiva e un approccio completamente diverso a questo tipo “caccia”.
Sì, perché in realtà la fotografia naturalistica è un po’ una caccia senza fucile, dove si cerca di immergersi il più possibile nell’habitat delle specie provando nel contempo a interferire il meno possibile coi programmi di madre natura, ed è emozionante poterla osservare in silenzio mentre compie ogni giorno un piccolo miracolo. Perché per me la fotografia è il mio modo di esprimere le emozioni che la realtà mi suscita».
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