«Io, a soli 13 anni in una baby gang tra rapine e droga»

IL FENOMENO. Le storie di cinque ragazzi ora in comunità.«Nel gruppo mi sentivo forte. Arrivavamo anche a 100».

«Sono entrato in una baby gang quando avevo solo 13 anni, tramite un amico di scuola che mi ha fatto conoscere quel mondo. Un mondo in cui si spacciava e dove furti e rapine alle persone erano all’ordine del giorno. Perché ci restavo dentro? Perché farne parte mi dava importanza e sicurezza in mezzo agli altri: il gruppo ti dava autostima». Oscar – il nome è di fantasia, come quelli dei cinque protagonisti di questo articolo, visto che sono ancora tutti minorenni – faceva parte di una baby gang, ma a seguito di un’indagine delle forze dell’ordine è finito in una comunità di recupero della bergamasca, dove sta seguendo un percorso per uscire dalle dipendenze e per ritrovare sé stesso.

Quello delle baby gang è un fenomeno diffuso nella Bergamasca e in crescita, con gruppi di ragazzini minorenni che si spostano solitamente con il treno per raggiungere i grossi centri – Bergamo, Treviglio, Romano, Dalmine, Seriate – e scatenarsi nel compiere svariati reati – soprattutto furti e rapine ai danni di coetanei del posto –, facendo leva sul gruppo e pensando di essere impuniti perché lontani da casa. Invece le punizioni – denunce e arresti – arrivano perché si parla di circa duecento indagati dall’inizio del 2022 a ieri. E il Covid non ha certo aiutato, visto che il ritorno alla normalità post pandemia ha ulteriormente scatenato i gruppi di ragazzini.

Si parla di circa duecento indagati dall’inizio del 2022 a ieri.

«Sono passato dall’essere un ragazzino che andava a scuola alla trasgressione totale – prosegue Oscar – e questo mi faceva sentire qualcuno e mi dava importanza. Nonostante dentro di me sapessi benissimo di avere le mie fragilità, ma la compagnia e la cerchia di amici ti faceva distaccare dalla realtà e ti faceva sentire un’altra persona». Ospite della stessa comunità c’è Edoardo, anche lui minorenne: «Nella mia città esistono grossi locali che venivano presi di mira dalla baby gang di cui facevo parte – racconta –: addirittura un centro commerciale è stato chiuso proprio per il problema delle baby gang perché chiunque lo frequentava finiva nel nostro mirino e diventava oggetto di furti e rapine, oltre che di aggressioni verbali e fisiche da parte nostra. Io l’ho vissuta molto male perché mia sorella, che invece studiava e nel contempo lavorava in quella zona, diceva in casa che non poteva andare in giro da sola perché temeva proprio la baby gang. Questo mi faceva davvero stare male».

«Sono entrato a 14 anni in una baby gang, che poi era la mia compagnia di amici – racconta Samuele –. Eravamo in 10, più maschi che femmine, facevamo atti di bullismo, spacciavamo e facevamo furti. Sono rimasto dentro perché mi sentivo forte, nonostante sapessi a cosa andavo incontro. Infatti eccomi qui, in comunità come misura alternativa». Anche Sergio è entrato a far parte di una baby gang a 14 anni: «Principalmente facevamo rapine e uso di sostanze stupefacenti, ma molestavamo anche le ragazze. Eravamo in giro in centro, nei grossi centri, ed eravamo un gruppo di tante persone, anche 20, 25 tutte assieme, ma il sabato e la domenica arrivavamo anche fino a cento. Sostanzialmente andavamo in giro a fare casino. I più grandi del gruppo spacciavano, mentre i più piccoli erano quelli che facevano da cavia, diciamo così, ed erano anche quelli che si facevano più facilmente beccare».

«Sono entrato a 14 anni in una baby gang. Eravamo in 10, più maschi che femmine, facevamo atti di bullismo, spacciavamo e facevamo furti»

«Prima dei 15 anni ero fondamentalmente sempre da solo. Poi a 15 anni ho conosciuto gruppo di miei coetanei, tramite un mio vecchio amico, e ne sono entrato a far parte: fino a 17 anni spacciavamo e facevamo girare la droga». A raccontarlo è Antonio anche lui in comunità nella Bergamasca come misura alternativa.

«Eravamo in una decina di ragazzi – continua –, più una ragazza che era quella che gestiva lo spaccio. Dopo un po’ che “smazzavamo” in giro hanno beccato quello più grande e sono risaliti a tutti noi: ci siamo andati di mezzo tutti e ci hanno preso tutti. Oggi mi trovo in messa alla prova in questa comunità. Stare nella baby gang mi piaceva perché mi sentivo grande e mi sentivo parte di qualcosa. Non mi sentivo debole come quando ero da solo. Il gruppo mi faceva sentire forte davanti agli altri, mi dava sicurezza, anche se dentro di me non lo ero per niente. Ero timido e con le mie fragilità di sempre, ma mi sono accorto che, entrando in questo gruppo, venivo rispettato come non era mai successo. Andavo in giro con la testa alta, ma sapevo bene che senza questo gruppo di spacciatori io ero poco. Insomma, grazie al gruppo è come se mi fosse aumentata l’autostima. Oggi comprendo che era sbagliato, ma allora no, non riuscivo a rendermene conto».

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