Frodi milionarie nell’edilizia: 7 indagati e 163 milioni «congelati»

Inchiesta. Nel mirino degli inquirenti milanesi i gestori di una rete di società accusata di evadere fisco e previdenza: i soldi finivano in Croazia.

Tutti residenti in provincia di Bergamo i sette indagati oggetto di misure cautelari emesse dal gip milanese Stefania Pepe e accusati di aver messo in piedi per quasi una dozzina d’anni un articolato e ingegnoso sistema di frode nel settore dell’edilizia, finalizzato «a dissimulare somministrazioni irregolari di manodopera attraverso contratti di appalto-subappalto sistematicamente fittizi e una sistematica evasione degli oneri fiscali e previdenziali dei lavoratori». In cima alla piramide dell’organizzazione smascherata dai finanzieri del Comando provinciale di Milano, in stretta collaborazione con il Nucleo del Gruppo tutela lavoro dei carabinieri del capoluogo lombardo e capace di fatturare oltre un milione di euro a settimana in compensazione di crediti ci sarebbe stato F. P. Cinquantasette anni, imprenditore edile di Palosco, già arrestato nel gennaio 2017 per il possesso di due pistole 7.65 con matricola abrasa , è considerato dagli inquirenti coordinati dal pm milanese Maria Grazia Colacicco, l’amministratore di fatto di tutta una serie di società di comodo, tutte con sede legale a Milano e molte delle quali già dichiarate fallite, che sarebbero state funzionali alla ragione criminale del gruppo: dalla indebita compensazione di crediti tributari e previdenziali inesistenti alla commissione di reati fiscali, come l’omessa dichiarazione fiscale e l’omesso versamento Iva, passando per la bancarotta fraudolenta, i reati fallimentari, il riciclaggio e l’auto-riciclaggio dei profitti illeciti.

Parenti e «spalloni»

Agli arresti domiciliari sono finiti anche suo fratello G. P, classe 1963, anche lui di Palosco; e una nipote, 48 anni di Calcinate, rappresentante legale di alcune società, nonché presunta contabile del sistema truffaldino. Le quattro residue misure cautelari hanno invece imposto l’obbligo di dimora alla moglie del più vecchio dei fratelli, una sessantaduenne originaria di Palermo; a due donne di Adrara e Credaro, rispettivamente di 45 e 43 anni, che avrebbero svolto la funzione di amministratori delle società del sistema criminale; e a un altro nipote quarantunenne dell’imprenditore arrestato, residente a Cividate, che si sarebbe occupato di far rientrare a casa il capitale accumulato della galassia dello zio in banche della Croazia. Come nel caso dei 770mila euro sequestrati a Palazzolo sull’Oglio nel 2017 a un’automobile fresca di ritorno dalla Croazia. Nello specifico, la complessa inchiesta sulla maxi-frode ha portato alla luce il trasferimento su base settimanale del denaro (illecitamente accantonato e distratto) delle società costituite ad arte dal gruppo criminale da conti italiani verso conti esteri. Quindi, attraverso il sistema dei cosiddetti «spalloni», si provvedeva a prelevare in contanti le rimesse, per poi reintrodurle sul territorio nazionale, pronte per essere riciclato.

Beni sequestrati

Oltre alle misure cautelari, il gip, che ha iscritto nel registro degli indagati 22 persone a piede libero, tutte operative sul territorio delle province di Bergamo e Brescia, ha disposto un sequestro preventivo di non meno di 163 milioni di euro in ordine di esecuzione. Ieri gli investigatori hanno sequestrato, tra l’altro, altri 250mila euro in contanti nel corso delle perquisizioni agli indagati, oltre a borse, monili d’oro e orologi di lusso. Ma nel mirino ci sono svariati conti correnti e numerosi immobili.Tra gli indagati figura anche un commercialista originario di Trescore Balneario. Si è arrivati a lui nel 2016 nel corso di un controllo in un cantiere edili in provincia di Pavia. Controllo che ha permesso di individuare una serie di società da lui assistite che operavano in spregio alle regole e secondo un collaudato schema truffaldino.

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