Fontanili in secca: «Non è mai successo in migliaia di anni»
Inchiesta sull’acqua. Dalle risorgive non sgorga ormai più l’acqua. «E sì che millenni fa qui c’era addirittura un grande lago». Così si pensa ai pozzi per pescare direttamente in falda.
Se si pensa che da queste parti un tempo c’era un enorme lago paludoso e che i monaci, cistercensi prima e benedettini poi, dovettero faticare non poco per bonificarlo e rendere fertili i campi della Geradadda, a guardare oggi i fontanili della pianura praticamente in secca c’è da restare davvero senza parole. «È un disastro», ammette sconsolato e senza mezzi termini Luigi Ghilardi, presidente dell’associazione Amici dei fontanili di Dovera, paese del Cremasco che confina con il Lodigiano e non dista molto dalla Bassa bergamasca. Del resto quaggiù, nelle distese di campi, i confini non esistono.
A differenza dei fontanili, queste risorgive naturali che dal nulla sgorgano – anche se quest’anno è meglio dire sgorgavano – nel bel mezzo della pianura, alimentando da secoli quei canali e fossati che proprio i monaci dell’abbazia di Abbadia Cerreto realizzarono. Di fontanili nella fascia della pianura ce ne sono davvero a migliaia, rappresentando anche una graziosa meta di passeggiate a piedi o in bici tra i campi, alla ricerca di un po’ di frescura e di ombra sotto i filari d’alberi. Il fatto è che quest’anno la maggior parte dei fontanili non ha «meno acqua del solito» o «poca acqua». No, al massimo c’è qualche centimetri di residuo, destinato a scomparire nelle prossime settimane. Ma di acqua non ne sgorga più.
«Già da due o tre anni avevamo notato che la situazione è cambiata – sottolinea Ghilardi –, ma quest’anno è davvero un disastro totale. Di solito, dopo il periodo di “secca” di dicembre e gennaio, quando comunque l’acqua era sempre stata presente, perché i fontanili hanno, anzia diciamo avevano, la caratteristica di avere l’acqua costante tutto l’anno, già da febbraio iniziavano a riprendersi bene le fonti e il livello dei fontanili cominciava a risalire. Quest’anno invece niente e siamo preoccupati, perché questo territorio è sempre stato caratterizzato dalla presenza enorme di acqua, fin dai millenni fa, quando c’era il lago Gerundo con le sue paludi, agli anni più recenti. Dal 1996, l’anno di fondazione della nostra associazione, non avevamo mai visto una situazione del genere. E siamo certi che non si era mai verificata nemmeno nei secoli passati. È davvero un bel problema, soprattutto per gli agricoltori, molti dei quali stanno pensando di chiedere i permessi per scavare dei pozzi e scendere fino a venti, trenta metri e prelevare l’acqua direttamente dalla falda».
Anni fa nelle campagne non c’era alcun problema di reperimento dell’acqua, in realtà nemmeno nella stagione estiva. «Tanto che i fossati non venivano nemmeno puliti più di tanto da eventuali ostruzioni – ricorda ancora Ghilardi – e l’acqua veniva spartita nei vari fossi e canali tramite un sistema di chiuse che permetteva di riversare l’acqua in abbondanza su uno o più terreni della zona. Mentre ora gli agricoltori puliscono tutto per bene, perché ogni goccia è preziosa. Non so come sarà il futuro: per risolvere la situazione dovrebbe piovere perlomeno per due o tre mesi di fila, ma qui non sta piovendo mai».
E sì che il territorio della Geradadda, a cavallo tra le province di Bergamo, Cremona e Lodi, ha sempre avuto nella storia come sua peculiarità l’acqua: tra gli otto e i cinquemila anni fa, ben prima dell’arrivo dell’uomo, buona parte della zona era ricoperta dal lago Gerundo, vasta distesa paludosa e inospitale – residuato locale di quel «Mare Padano» che ricopriva tutta l’attuale pianura –, che si è andata poi a prosciugare nel corso dei millenni perché i fiumi hanno portato la ghiaia, che ha riempito il bacino dell’antico lago, soprattutto nella parte più settentrionale, la Geradadda appunto.
E proprio da questa ghiaia – tutt’oggi presente in abbondanza nel sottosuolo, infatti caratterizzato dalla presenza di numerose cave di estrazione, e per questo ritenuto uno dei meno sismici d’Italia – il lago scomparso prima e la Geradadda ne hanno ereditato il nome, richiamato in centinaia di toponimi di tutto il territorio. E il sottosuolo, oltre alla ghiaia, custodisce anche il prezioso gas naturale, che in passato diede vita alla leggenda del drago Tarantasio e oggi viene visto come possibile fonte energetica da estrarre. L’antico lago andò scomparendo, solo in parte per cause naturali: oltre alla ghiaia, il fatto di non avere delle coste e sponde piuttosto consistenti da contenerne l’acqua (anche se di tracce ce ne sono ancora oggi in buona parte di questo territorio). Anche se a cancellare definitivamente il Gerundo – che a seconda dei periodi storici e delle intensità delle piogge si estendeva o ritirava mutando notevolmente dimensione e geografia (per esempio durante le Invasioni Barbariche le acque tornarono a occupare buona parte del territorio) – ci pensò l’uomo con le bonifiche, tentate prima dai Romani e poi concluse – le ultime attorno all’Anno Mille – dai benedettini e cistercensi.
Sparito il lago, il legame con l’acqua è rimasto: fino, pare, all’attuale periodo di siccità, mai visto prima in tutta la zona. «Soltanto nel territorio di Dovera, che è uno dei comuni più estesi della pianura, ci sono ben trenta fontanili – aggiunge Ghilardi –, che noi solitamente teniamo puliti e curati. Per favorire l’afflusso d’acqua, già anni fa quasi tutti erano stati dotati di tubi che vanno a pescare a circa tre metri di profondità, sostituendo le condotte naturali e rendendo più fluido lo scorrere dell’acqua. Già lo scorso anno, in questo periodo la situazione si era rivelata critica. Però un po’ d’acqua c’era. Quest’anno, invece, la situazione è davvero grave. Anche perché i fontanili, con la loro acqua che sgorga limpida dal nulla e va a riempire fossati e canali, hanno sempre rappresentato la bellezza e la fertilità di questo territorio di pianura. Invece quest’anno la siccità sta davvero facendo danni. L’Adda ha poca acqua, di conseguenza il canale artificiale Vacchelli ne preleva di meno e tutta la campagna è a secco». Direttamente ne risente in primis l’agricoltura, anche se a soffrirne saremo tutti noi.
Già da qualche anno gli agricoltori «aiutano» l’afflusso dell’acqua nei campi grazie a delle turbine collegate ai trattori e che «richiamano» l’acqua. Ora si pensa ai pozzi per cercarla più in profondità. Ma a guardare la desolazione dei tanti fontanili in secca per la prima volta nella storia delle nostre campagne viene soltanto un grande magone.
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