Effetto Covid, nella Bergamasca la paura «frena» le nascite anche nel 2021 - I dati
Da gennaio a giugno 3.535 parti, in linea col trend negativo del 2020, quando se ne registrano circa 7 mila. Rispetto al 2019, l’anno scorso si è verificato un calo di 600 nascite.
La curva in discesa era cominciata già qualche anno fa, a peggiorare la situazione è arrivato il virus Sars-Cov2: l’emergenza pandemica, ormai è noto, ha fatto crollare le nascite. E l’«effetto Covid» non è ancora terminato: lo dicono i dati sui parti del primo semestre 2021 - secondo i numeri Ats e dei punti nascita di città e provincia – che, se visti in prospettiva, entro la fine dell’anno, arriveranno al massimo ad eguagliare i livelli del 2020, l’anno dello tsunami pandemico. Le cifre: nel 2018, il totale dei parti in tutti i punti nascita della Bergamasca (all’epoca Seriate, Treviglio, Piario, ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Alzano e il Policlinico San Pietro-Istituti ospedalieri bergamaschi), era di 8.128, già nel 2019 si era scesi a 7.783 in totale ( e un punto nascita era stato chiuso, quello di Piario).
Il 2020, l’annus horribilis per la Bergamasca e per tutta la Lombardia, con lo scoppio della pandemia a fine febbraio, poi dilagata in tutto il resto del mondo, ha visto precipitare le nascite: in totale, nei punti nascita di città e provincia, i parti sono stati 7.169 (va rimarcato che i numeri dei nuovi nati rispetto a quelli dei parti possono oscillare di qualche unità in più, perché nei parti sono compresi anche i gemellari o plurigemellari): in pratica un «taglio» alle nascite di oltre 600 unità. Il trend in discesa delle nascite che già si leggeva dai dati statistici degli anni precedenti (per esempio nel 2017 nella Bergamasca in totale si erano contati 8.548 parti, oltre 1.000 in più di quelli del 2019), ha avuto un ulteriore ribasso, e senza dubbio il Covid ha avuto un ruolo nel crollo delle nascite.
Nel dettaglio, nel 2020 nel Policlinico San Pietro sono stati 560 i parti (614 nel 2019), ad Alzano 113 (erano 859 nel 2019, ma bisogna tenere conto del fatto che da febbraio 2020 in avanti le partorienti, per assicurare percorsi sicuri a mamme e bimbi, non venivano più accolte qui perché l’ospedale era dedicato ai malati di Covid e non aveva spazi adeguati a percorsi separati). A Seriate 1.808 (erano 1.512 nel 2019, ma l’aumento è legato al fatto che le gravide di Alzano venivano dirottate qui), 875 a Treviglio (erano 920 nel 2019), 3.813 all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, con una variazione minima rispetto al 2019 quando aveva totalizzato 3.878 parti (ma nella pandemia è stato anche hub per le donne gravide con Covid).
Cosa si prospetta per il 2021, dopo la prima pesante ondata Covid dell’anno precedente, a cui sono seguiti la seconda crescita dei contagi nell’autunno e «l’allarme rosso» dell’inverno che ha coinvolto gran parte dell’Italia? Il primo semestre del 2021 fa segnalare un totale di 3.535 parti in tutta la Bergamasca, se la tendenza resta costante entro la fine dell’anno si dovrebbero eguagliare i valori dell’anno pandemico. L’effetto Covid sul freno delle nascite c’è ancora, quindi, ma va rimarcato che anche in piena emergenza contagi le partorienti hanno potuto usufruire sempre dei servizi ospedalieri a loro dedicati, in piena sicurezza, con percorsi riservati e nettamente separati da quelli invece dedicati alle donne partorienti infettate dal virus. «L’attività dell’ospedale per le partorienti e le donne gravide non si è mai fermata, anche in piena pandemia. E il “Papa Giovanni” è stato anche hub per le donne gravide contagiate dal Covid. Diverse di loro sono state colpite in modo severo dalla malattia causata dal Sars-Cov2. E particolare attenzione è stata riservata ai loro neonati. Si è riscontrato che la trasmissione verticale del virus dalla mamma al nascituro è possibile, ma molto rara; così come abbiamo seguito neonati asintomatici o con pochissimi sintomi ma risultati positivi poco dopo la nascita – rimarca Giovanna Mangili, direttore della Patologia neonatale dell’Asst Papa Giovanni XXIII – . Ed è sul tema del contagio di partorienti e neonati che è necessario soffermarsi: è di vitale importanza che le donne gravide o che stanno allattando, si vaccinino. C’è stata un po’ di confusione nell'informazione, all’inizio della campagna vaccinale, quando anche diversi medici erano titubanti sulla somministrazione del vaccino antiCovid alle donne gravide. E molte donne avevano timore di vaccinarsi. Ma non c’è alcuna controindicazione al vaccino, a meno che non si sia in presenza di particolari altre patologie: va rimarcato che nelle donne gravide, se contagiate, il rischio di ammalarsi in modo grave è più alto. E quindi aumenta anche il rischio di nascite premature. Il vaccino consente di mettersi al riparo da questi pericoli, e oltretutto consente, con il passaggio degli anticorpi dalla mamma al nascituro e attraverso l’allattamento, di proteggere anche il proprio bambino. Dal prossimo 6 ottobre si terrà a Roma il congresso della Società italiana di Neonatologia: dallo scoppio della pandemia è stato istituito un Registro di tutti i casi di gravidanza in donne malate di Covid, di neonati infettati, di nascite premature: sarà l’occasione per un quadro definito e chiaro sugli effetti Covid nelle nascite e anche sulla denatalità».
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