Due aziende della Bassa «ripulite» per truffare fornitori durante il lockdown: 13 arresti

Le società sono di Arcene e Verdello. Tra le vittime un fornitore di Osio Sotto, che ha perso 16 mila euro.

Avevano ripulito e «rigenerato» i bilanci di due aziende di Arcene e Verdello – in realtà in difficoltà e inattive – per far sembrare che godessero di ottima salute economica: in questo modo avrebbero messo in atto una truffa milionaria, con danni per una sessantina di fornitori, tra cui il titolare di un’azienda di Osio Sotto, che non si era mai visto pagare quattro fornitura di nastri di imballaggio per complessivi 16 mila euro. I presunti autori della maxi truffa sono stati scoperti dalla Guardia di finanza di Este, che ieri ha eseguito 13 misure cautelari (di cui una in carcere, una ai domiciliari e una terza con l’obbligo di firma) e sequestrato beni per 1,3 milioni di euro. A capo della presunta banda c’era William Alfonso Cerbo, siciliano di casa nel prestigioso quartiere «City Life» di Milano e ritenuto vicino al clan mafioso dei Mazzei: nella sua casa i finanzieri guidati dal capitano Andrea Zuppetti hanno trovato una gigantografia di Al Pacino nei panni di Tony Montana, protagonista del film «Scarface» di Brian De Palma.

Gli indagati hanno agito durante il primo lockdown della primavera 2020, quando proprio la Bergamasca era flagellata dal Covid-19: nonostante questo – ha ricostruito la Finanza – il gruppo con a capo Cerbo aveva individuato anche le due aziende della Bassa (oltre ad altre dieci in tutto il Nord Italia) da ripulire per far credere che avessero i bilanci – appositamente gonfiati grazie alla complicità di un ragioniere padovano – in salute e attirare l’interesse dei fornitori, avendo ottenuto un indice positivo dai sistemi Cerved, società che fornisce servizi di valutazione, gestione e recupero crediti, report e studi di settore ad aziende e istituti finanziari.

Le due aziende di Arcene e Verdello erano ancora operative con la partita Iva sulla carta ma, di fatto, da circa cinque anni erano ferme a livello produttivo. I fornitori – le vittime sono una sessantina – non lo potevano sapere e si sono fidati, com’è accaduto al bergamasco di Osio Sotto che ha poi perso 16 mila euro. Proprio la denuncia di quest’ultimo, ma non solo la sua, ha fatto scattare l’operazione delle fiamme gialle, coordinata dal sostituto procuratore di Rovigo Maria Giulia Rizzo. È emerso che i materiali acquistati venivano stoccati in due magazzini nel Padovano, senza essere mai pagati ai fornitori. Dal Veneto il materiale veniva trasferito a Brescia e da lì venduto al mercato nero. I 13 indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA