Dopo 115 giorni Claudio torna a casa
Spirano lo accoglie: ti vogliamo bene
L’inconveniente durante il trasporto a casa con il pulmino dell’Asas di cui è vicepresidente: una foratura nel tragitto. «Durante la malattia non ho provato dolore, ma ho sognato parecchio».
Nemmeno un fastidioso intoppo, come la foratura di una gomma durante il rientro a casa, è riuscito a levare il buonumore a Claudio Deotto: dopo 115 giorni di ricovero per via del Covid-19, giovedì 9 luglio è tornato a Spirano, nella sua abitazione di via Bloch, riabbracciando familiari e amici, che l’hanno accolto a suon di «Bentornato» e «Ti vogliamo bene», scritti sugli striscioni appesi alla recinzione.
Sessantanove anni compiuti il 23 aprile in ospedale, Claudio, in pensione e friulano di origine, ma a Spirano da 11 anni, è vicepresidente dell’Associazione Spiranese Autisti per il Sociale (Asas) ed è rincasato proprio su uno di quei mezzi che era solito condurre fino a quattro mesi fa per trasportare anziani, malati o disabili: «Da “trasportatore” a “trasportato”, grazie all’amico e presidente dell’Associazione, Silvano Callioni, disintegrando pure uno pneumatico lungo il tragitto: a casa pensavano stessimo scherzando», dice ridendo.
L’inizio dell’odissea
Il virus gli ha lasciato strascichi neurologici che a oggi lo obbligano a camminare con il supporto di tutori, ma il sorriso non gli manca. La sua personale odissea è iniziata il 16 marzo, quando è stato ricoverato all’ospedale Niguarda di Milano dopo aver cominciato ad accusare alcuni sintomi influenzali che non regredivano.
Claudio è stato intubato e tracheotomizzato, rimanendo in terapia intensiva per un mese; poi un altro mese al Niguarda, per essere quindi trasferito in una clinica riabilitativa a Carate Brianza, da cui è uscito ieri.
L’uomo, sposato e padre di due figli, ha incontrato di nuovo i familiari una ventina di giorni fa, prima poteva fare soltanto chiamate o videochiamate. «Ricordo il mio ultimo servizio con il furgone, prima della febbriciattola e della febbre alta, poi è tutto un po’ annebbiato, fino a quando mi sono risvegliato in ospedale: non sapevo di preciso dove fossi e da quanto fossi lì. Non avevo provato alcun dolore, ma avevo sognato parecchio. Inizialmente faticavo a parlare e subito mi sono accorto di un disturbo alla mano sinistra, lo stesso avvertito ai piedi: pare sia un’interruzione delle terminazioni nervose, un “ricordino” del Covid; i medici non mi hanno garantito un ripristino delle funzioni, ma dovrò recarmi in centri specializzati per proseguire la riabilitazione iniziata a Carate, dove ogni giorno era fatto di massaggi, camminate ed elettrostimolazioni».
Claudio è tornato a casa dopo tre tamponi negativi e anche la moglie e la figlia, dopo la quarantena di 15 giorni, sono risultate negative ai tamponi. «Ancora oggi mi chiedo come e perché abbia contratto il virus – spiega l’uomo –: a parte essere iperteso ed essere stato ricoverato 4 anni fa per una broncopolmonite, non avrei altro da segnalare. Oggi, l’importante è poter raccontare quello che mi è successo, perché significa che sono vivo. Ai medici rivolgo il mio “grazie”: ogni giorno chiamavano la mia famiglia, piccoli gesti che rimarranno indelebili nel cuore».
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