Disastro ferroviario a Pioltello per il giunto difettoso: chieste 5 condanne per i dirigenti di Rfi
LA TRAGEDIA. Morirono anche due bergamasche. I pm: «I vertici non percepivano gli ammaloramenti come pericolo. Multa da 900mila euro per la società». Invocate 3 assoluzioni.
A quasi tre anni dal via del processo ordinario davanti alla quinta sezione penale del Tribunale di Milano e a più di sei anni dall’incidente dopo la stazione di Pioltello, con la drammatica carambola del regionale 10452 Cremona-Treviglio-Milano in cui persero la vita tre passeggere, tra cui Maddalena Milanesi, 61 anni, medico originario di Caravaggio, e Pierangela Tadini, 51 anni, impiegata di Fara Gera d’Adda, i pm milanesi Maura Ripamonti e Leonardo Lesti hanno concluso le due udienze di requisitoria-fiume sollecitando cinque condanne e tre assoluzioni.
La Procura ha chiesto nella giornata del 23 luglio di condannare l’allora amministratore delegato nonché direttore generale di Rfi Maurizio Gentile e l’allora direttore della Direzione produzione sempre di Rfi Umberto Lebruto a 8 anni e 4 mesi a testa.
Sono state inoltre richieste una condanna a 7 anni e 10 mesi per Vincenzo Macello, all’epoca del disastro direttore della Direzione territoriale produzione di Milano di Rfi, e due condanne a sei anni e 10 mesi, rispettivamente per l’allora responsabile delle linee sud della Direzione territoriale produzione di Milano di Rfi e per l’allora responsabile dell’unità Rfi di Brescia Lav 1 Marco Albanesi, dal quale dipendeva il responsabile del Nucleo manutentivo lavori di Treviglio di Rfi Ernesto Salvatore che, nell’ambito di un procedimento stralcio, ha patteggiato quattro anni di reclusione.
«Attenuanti generiche per tutti»
Precisato che a tutti gli imputati sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche, per Moreno Bucciantini, allora capo reparto programmazione e controllo dell’unità territoriale linee Sud di Rfi, e per Ivo Rebai, ai tempi responsabile della Struttura operativa Ingegneria della Dtp di Milano, è stata chiesta l’assoluzione «perché il fatto non sussiste»; mentre per Marco Gallini, allora dirigente della struttura organizzativa di Rfi, è stata sollecitata l’assoluzione «per non aver commesso il fatto».
I magistrati milanesi hanno chiesto di condannare per responsabilità amministrativa di società per reati commessi da propri dirigenti anche la società Rfi (che ha già risarcito i familiari delle vittime) al pagamento di una sanzione da 900mila euro.
Gli imputati devono rispondere, a vario titolo, di disastro ferroviario colposo, rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, omicidio colposo plurimo, lesioni personali colpose. Dietro il disastro, la rottura di un giunto sulla rotaia nel cosiddetto punto zero. Un giunto che era stato segnalato dagli operai, ma la cui sostituzione era stata prevista per aprile 2018, due mesi dopo l’incidente.
«Non fu un fatto occasionale»
«Il deragliamento mortale di Pioltello non è stato un fatto occasionale, legato alla colpa di “pedine” che stavano più in basso (ossia degli operai, ndr), ma riconducibile alla colpa che arriva fino all’amministratore delegato Gentile che, in quanto datore di lavoro, aveva il dovere di garantire la sicurezza dell’intero esercizio ferroviario di Rfi», ha puntato l’indice la pm Ripamonti. «Il non aver riparato il giunto lungo i binari è una sorta di scorrettezza nei confronti dello Stato, ma anche una forma di slealtà nei confronti di chi viaggiava: c’erano 250 passeggeri, gente che andava a lavorare e si fidava del treno».
I pm hanno evidenziato «il paradosso di una linea ferroviaria in cui si voleva la circolazione di più treni e ciò aumentava lo stress della linea, mentre si riduceva lo spazio manutentivo. C’erano sempre meno intervalli per fare manutenzione, perché per ogni treno che saltava la società rischiava di pagare penali». Per poi aggiungere: «Nella percezione dei dirigenti la presenza di giunti ammalorati non era percepita come un evento pericoloso in sé perché, facendo affidamento sul dato statistico, si pensava che tanto non sarebbe mai successo niente di grave. Tuttavia, il dato statistico ha portato ad una distorsione, a un’alterazione della pericolosità del fenomeno».
«Hanno accettato il rischio»
Per questo, «non potendo sostituire tutti i giunti, si finisce per accettare il rischio che qualche giunto si rompa. O si interviene tempestivamente in continuazione oppure ogni tanto qualcosa si rompe. Intervenire ogni tanto costa meno».
Infine, sempre a seguire le argomentazioni della Procura ambrosiana, un rallentamento su quel tratto «era l’unica cosa che, esclusa la sostituzione del giunto, avrebbe potuto prevenire con certezza l’incidente»: «Se un treno deraglia non a 140 chilometri all’ora, ma a 50, allora quasi sicuramente non muore nessuno». Il 24 settembre toccherà alle parti civili e a i primi interventi delle difese.
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