Da Milano verso la Bassa
Il virus corre lungo i binari
I più colpiti i paesi lungo la ferrovia che collega il capoluogo lombardo con la pianura.
«Purtroppo la situazione che a marzo era concentrata su Bergamo adesso si è concentrata su Milano. E su Milano, che è una grande area urbana, la situazione è ancora grave come forse quella di marzo». Lo ha detto senza mezzi termini, ieri mattina intervenendo a Radio 1, il Presidente della Lombardia Attilio Fontana. L’epicentro della seconda ondata è il capoluogo lombardo, che sta soffrendo come la bassa Valle Seriana a marzo. Con una ripercussione nella nostra provincia, verso il territorio storicamente e geograficamente più legato a Milano, vale a dire la Bassa, soprattutto occidentale, più vicina e confinante con il Milanese e collegata direttamente con il capoluogo lombardo.
Il coronavirus corre dunque lungo i binari della ferrovia Milano-Brescia e, in misura inferiore ma comunque presente, anche della Milano-Bergamo. Del resto, da Milano Centrale in mezz’ora si arriva a Treviglio. E diventano 40 minuti se ci si spinge fino a Romano. E se, come dicono gli esperti, i trasporti sono stati tra i principali fattori di contagio nelle ultime settimane pre secondo lockdown (regionale), molto probabilmente l’incidenza così elevata del Covid-19 in questi territori della nostra pianura – che infatti, proprio come Milano, erano stati risparmiati dalla devastazione della prima ondata – è una conseguenza dei collegamenti così diretti tra la Bassa e il cuore della Lombardia. I dati dell’ultima settimana sono chiari: i comuni più vicini al Milanese, geograficamente ma soprattutto per la facilità dei collegamenti sono i più colpiti, con oltre duecento contagi nel rapporto ogni centomila abitanti: Treviglio 470, Casirate 485, Fara Gera d’Adda 485, Calvenzano 395, Arzago d’Adda 365, Boltiere 322, Castel Rozzone 351, Lurano 244, Morengo 438, Pagazzano 425, Fara Olivana con Sola 386, Romano 207. E poi sempre meno più si procede verso est. Nella zona c’è apprensione, ma anche grande consapevolezza.
Su L’Eco di Bergamo del 7 novembre il reportage di due pagine.
© RIPRODUZIONE RISERVATA