Cuccioli dall’Est Europa, assolta famiglia di allevatori
LA SENTENZA. Padre, madre e figlia titolari di centri a Ghisalba (poi chiuso) e a Trescore estranei alle accuse di simulare le nascite di cagnolini in Italia.
Assolti perché il fatto non sussiste dal tribunale di Udine. A più di cinque anni dal giorno in cui erano scattate le misure cautelari (obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), una famiglia di Ghisalba proprietaria all’epoca di due allevamenti di cani a Ghisalba e a Trescore (ora è rimasto solo quest’ultimo, l’altro ha chiuso), nei giorni scorsi s’è vista riconoscere la propria estraneità alla vicenda.
Le indagini nel 2017
Le indagini della polizia stradale di Udine erano partite nel dicembre 2017 dopo un sequestro di 65 cuccioli di cane lungo la A23 ad Amaro (Udine), scoperti su un furgone su cui c’erano uno slovacco di 43 anni una polacca di 60 che erano stati denunciati per maltrattamento di animali. Da lì erano partite indagini, anche con intercettazioni, che nel novembre 2018 avevano portato alle misure cautelari nei confronti di sei persone (tra cui la famiglia di Ghisalba: Claudio Vigani, ora 66enne, la compagna Marina Gamba di 61 e la figlia Greta Vigani di 33), accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al maltrattamento e all’uccisione di animali, al traffico internazionale di cuccioli e alla truffa e frode in commercio. L’inchiesta è sfociata in processo, due indagati hanno patteggiato, ma la famiglia di Ghisalba s’è sempre detta estranea e nei giorni scorsi il tribunale ha riconosciuto la bontà della loro tesi.
Secondo l’accusa, avrebbero fatto arrivare cuccioli di cane, con un mese di vita al massimo (dunque, in età di pre-svezzamento, condizione che rende illegale il trasporto in Italia) e privi della vaccinazione antirabbica, da Ungheria, Polonia e Slovacchia, costringendoli a viaggi allucinanti, per poi rivenderli a prezzi maggiorati con documenti falsi che attestavano la nascita in Italia. Secondo le accuse, i titolari dei due allevamenti avrebbero simulato la nascita dei cuccioli (maltesi, pincher, bulldog francesi, barboncini toy, chihuahua) nelle proprie strutture. I cani venivano poi – era l’accusa – venduti sia in allevamento sia attraverso inserzioni su siti web. Stando alla Procura friulana, erano elevati gli utili dell’attività illecita: un cucciolo acquistato in Slovacchia a 50-100 euro poteva essere venduto in Italia a 750-850.
«Dimostrato che non c’entravamo nulla»
Gli avvocati Domenico di Berardino e Massimiliano Baccilieri, difensori della famiglia bergamasca, sono riusciti a dimostrare che le accuse nei confronti dei loro assistiti erano infondate. «I maltrattamenti e l’uccisione di animali erano pacificamente accuse inesistenti nei confronti dei nostri clienti – spiega a L’Eco di Bergamo l’avvocato Di Berardino –. L’associazione a delinquere ancora di più, così come la truffa e la frode in commercio. Sul traffico internazionale di cuccioli è bastato dimostrare che i nostri assistiti mai hanno messo piede all’esterno e tantomeno hanno trasportato cuccioli in Italia». «Per colpa di queste accuse finite sui giornali abbiamo dovuto chiudere l’allevamento di Ghisalba - rimarca Claudio Vigani –. Per quasi sei anni abbiamo avuto il mondo contro. Ma alla fine è stato dimostrato che noi non c’entravamo nulla».
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