
Contraffazione di opere d’arte: assolto 65enne di Cologno al Serio
Un 65enne di Cologno al Serio è stato assolto venerdì 27 marzo dall’accusa di contraffazioni di opere d’arte.
L’uomo è titolare di una ditta specializzata in riproduzioni di quadri. Nel 2017 fu contattato da un gallerista trevisano che gli chiese la riproduzione di una tela di Mario Schifano, uno dei maestri della pop art italiana, intitolata «Orto Botanico» e comparsa nel catalogo di una mostra a Milano organizzata da Vittorio Sgarbi, dal valore di diverse decine di migliaia di euro.
Il racconto dell’accusato
«Non lo conoscevo – ha dichiarato l’imputato in aula -. Mi disse: «Ho un dipinto da vendere, mi servirebbe una copia da appendere al muro perché sulla parete mi rimarrebbe un grande vuoto e perché a quell’opera sono affezionato». A quel punto gli ho fatto un preventivo: 1.860 euro, più altri 250. Lui ha accettato».
A questo punto il gallerista spedisce via mail al 65enne una foto dell’opera (dell’originale non c’è traccia in questa vicenda). I contatti tra i due avvengono sempre per posta elettronica e in tutti i passaggi si fa riferimento a una copia del dipinto come oggetto della commissione.
La copia del quadro realizzata in Cina
Il 65enne di Cologno al Serio spedisce la foto in Cina. «Qui ci sono studi specializzati, sono bravissimi a riprodurre – ha spiegato l’imputato -. Ma l’arte astratta non può essere falsificata alla perfezione, in un quadro ci sono centinaia di pennellate e ognuno le fa a proprio modo. Si vedeva a occhio nudo che non era del tutto simile a quella della foto». Quando dalla Cina l’olio su tela arriva a Cologno al Serio, il 65enne provvede ad apporre sul retro la certificazione che si tratta di una copia e poi fa recapitare l’opera al gallerista.
Il gallerista rivende il quadro come autentico
Che cosa succeda poi è facilmente intuibile. Dal retro dell’«Orto botanico» il certificato con la dicitura «copia d’autore» sparisce. E il quadro viene così venduto come vero a parziale saldo di un debito di 470mila euro che il gallerista aveva nei confronti di un imprenditore. Il gallerista, che finora in questa vicenda passava come la presunta vittima, finisce così per diventare il principale sospettato. «Era l’unico che aveva interesse a far passare per autentica una copia», ha osservato l’accusa prima di chiedere l’assoluzione «perché il fatto non sussiste», per il 65enne.
Ragionamento e richiesta a cui s’è associato l’avvocato Marinacci. L’imputato ha accolto l’assoluzione con un pianto dirotto.
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