Brebemi compie dieci anni: finora sono transitati 160 milioni di veicoli
INFRASTRUTTURE. Un’autostrada che ha ridisegnato il volto della Bassa favorendo nuovi insediamenti produttivi. L’idea era nata nel lontano 1999.
In dieci anni sulla Brebemi sono transitati 160 milioni di veicoli. Sempre nel medesimo lasso di tempo si è passati dai 100mila transiti (ovvero qualsiasi veicolo entrato in qualsiasi casello o barriera) alla settimana agli attuali 438mila. Pochi? Tanti? La discussione si trascina da sempre e non avrà mai fine, la sola cosa certa è che il collegamento autostradale tra le province di Brescia, Bergamo e Milano ha cambiato come poche cose nella storia il volto del territorio. Seppure con un traffico comunque inferiore a quanto ci si attendeva.
Dopo il taglio del nastro (il 23 luglio 2014), Franco Cattaneo, editorialista de L’Eco di Bergamo, rilevava che «la Brebemi, in sostanza, fa strada ad una Bergamasca a vocazione europea. Il primo colpo d’occhio è che la direttissima A35 ribalta la gerarchia geografica dominata dalle valli e ora a vantaggio della pianura. La Brebemi attraversa Est-Ovest la Bassa non per dividere ma per riunire: Bergamo dovrà guardare di più a Treviglio e viceversa». Dieci anni dopo la questione è ancora sul tavolo, sostanzialmente irrisolta.
Undicimila posti di lavoro
Nel maggio 2023, nell’intervista di commiato dalla presidenza di Brebemi, carica ricoperta per 24 anni (praticamente dal primo giorno), Francesco Bettoni aveva annunciato il raggiungimento del break even - pareggio tra entrate e uscite - per il 2025, sottolineando altresì come l’autostrada avesse creato 11mila posti di lavoro negli insediamenti sorti lungo il tracciato: da Amazon a Md passando per Italtrans e il Porsche Experience Center (uno degli 8 nel mondo) solo per fare qualche nome. Numeri indiscutibili che hanno portato a uno spostamento del baricentro delle attività produttive del territorio verso la Bassa.
È di tutta evidenza che quei 62,1 chilometri di autostrada, per la maggior parte a tre corsie, abbiano ridisegnato il sistema di relazioni di un territorio tra i più produttivi d’Europa, del resto è proprio in seno al mondo delle imprese che era nato il progetto. Per la precisione dalle tre Camere di Commercio, con Bettoni per Brescia, lo scomparso Roberto Sestini per Bergamo e Carlo Sangalli per Milano, tutti preoccupati degli impossibili tempi di percorrenza dell’A4 tra i tre capoluoghi. Una situazione da coda perenne da casello a casello in un’autostrada ancora a 3 corsie da Bergamo a Milano, con una gravissima perdita di competitività e disagi pressoché quotidiani. «Erano anni ruggenti, quelli della moneta unica alle porte, dove l’economia correva e bisognava essere competitivi. Avevamo banche locali forti, intelligenze di livello, in sostanza tutto il necessario per un’autostrada» ricordava Bettoni
Da qui l’idea di un collegamento alternativo, concepita alla fine del secolo scorso, nel 1999. Ne sono serviti altri 10 per poter dare il via al cantiere in quel di Urago d’Oglio con il premier Silvio Berlusconi il 22 luglio del 2009, poi ancora 5 (e un giorno) di lavori fino al debutto del 2014 con taglio del nastro affidato all’allora inquilino di Palazzo Chigi, Matteo Renzi.
Costi esplosi e traffico in aumento
Al di là dell’impatto ambientale, inevitabile in un’opera di queste dimensioni, a far discutere praticamente da sempre sono state le modalità di finanziamento dell’opera, quel project financing per molto tempo presentato alla stregua di panacea per tutti i mali ma che alla prova dei fatti non ha mai davvero convinto. Quanto meno in Italia, Paese dove per stessa ammissione di Bettoni «il sistema non era pronto». A suo dire perché «la struttura pubblica non poteva più gestire nulla e quindi a loro non andava bene».
Resta il fatto che di fronte ai 900 milioni di euro del primo fabbisogno, effettivamente finanziato dal mondo creditizio e da investitori privati, si è arrivati a quota 1 miliardo 681 milioni, comprensivi di 320 milioni di contributo statale. Più gli interessi da pagare alle banche e un allungamento di 6 anni della concessione, dagli iniziali 18,5 anni a 25,5. E potrebbe non essere finita qui.
Nel frattempo il traffico aumenta, nel 2023 ha registrato un più 14,7% rispetto all’anno precedente a fronte di una media nazionale del 7. La conferma che, nonostante tariffe decisamente salate, l’autostrada comincia a ingranare, anche se le questioni in sospeso restano ancora diverse. Tanto per cominciare il rapporto con le infrastrutture circostanti: se quello con la Teem (la tangenziale est esterna di Milano) è ormai cosa fatta ci sono parecchie incertezze per la Bergamo-Treviglio. Autostrada, va ricordato, che nasce nell’ottica di un disegno complessivo che però è via via mutato: normale del resto quando tra l’idea e l’azione ci passa una ventina d’anni.
Di certo la Brebemi ha disegnato nuove relazioni nella Bergamasca e anche oltre, determinate da un lato dai nuovi (e tanti) insediamenti produttivi, ma non è mai diventata una vera alternativa all’A4 anche a causa del costo dei pedaggi, necessari per fare fronte a un investimento via via cresciuto nel tempo. È semmai un pezzo fondamentale di una maglia di rapporti in continua evoluzione sul territorio, dove la pianura si è ritagliata un nuovo ruolo, quello da protagonista. E dove Bergamo e tutto ciò che ci sta intorno deve ancora decidere cosa fare.
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