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Lunedì 23 Maggio 2022
Gli sguardi doppi di Mariella Bettineschi per la potenza femminile del mondo Dior - Foto e video
L’incontro Il 1° marzo l’allestimento dell’artista con la sua «The Next Era» alla sfilata parigina della maison. «La storia in una dimensione contemporanea, racconto la forza delle donne». Ora le opere in giro per il mondo.
«Lo sguardo è tutto, è il nostro codice di comunicazione. Ci guardiamo negli occhi e parliamo con gli occhi: parlano le nostre emozioni, i sentimenti. È il privilegio della vita: parlare con lo sguardo, entrare in relazione. Gli occhi sono per me il primo strumento di conoscenza: noi guardiamo sempre e, qualche volta, vediamo».
Mariella Bettineschi è una donna il cui sguardo addolcisce, abbraccia, avvolge con calore. Lei guarda sempre negli occhi, mentre gesticola lentamente: le dita delle mani aperte volteggiano leggere nell’aria e raccontano gli abiti della collezione Prêt-à-Porter Autunno/Inverno 2022-2023 di Dior che il 1° marzo scorso, nei Jardin des Tuileries di Parigi, hanno sfilato in mezzo alle sue donne, quelle della sua «The Next Era»: opere rinascimenti dallo sguardo raddoppiato, in bianco e nero racchiuse in una cornice dorata, immortali e contemporanee, in un connubio in cui la storia entra in una dimensione contemporanea.
Come è capitata questa collaborazione con Dior?
«I primi giorni di febbraio mi ha telefonato Paola Ugolini, critica d’arte attenta da sempre al lavoro delle donne, dicendomi che era con Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior: insieme avevano pensato alle mie opere per l’allestimento della sfilata che la maison aveva in programma a Parigi il 1° marzo».
Neanche un mese di tempo.
«Tutto è stato molto veloce e intenso. Lo spazio da allestire era imponente, enorme: un padiglione con pareti di 39 metri, alte 9. Avevano scelto me perché la loro idea era quella di realizzare un’installazione che richiamasse il concetto di quadreria, una “quadreria militante” come subito la definì Paola Ugolini».
Quando ha visto l’allestimento?
«Sono arrivata a Parigi il giorno prima dell’evento e sono andata subito ai Jardin des Tuileries: sono entrata in quello spazio immenso e ho trovato Maria Grazia Chiuri da sola, commossa. Appena mi ha vista mi è venuta incontro abbracciandomi, entusiasta per l’installazione. Era la prima volta che ci vedevamo “in presenza”: era emozionata, e lo ero anche io. Appena entrata sono stata colpita dalla potenza che trasmettevano le opere, tutti quegli occhi che mi guardavano con fierezza».
Lo sguardo doppio delle donne di Mariella Bettineschi e il progetto per Dior
Davanti a lei 210 opere.
«Le opere scelte sono state 54, alcune create appositamente per questo allestimento ma, data la grandezza dello spazio, sono state prodotte in 3 o 4 misure differenti, anche fino a 4 metri di altezza. Ho seguito passo dopo passo tutta la progettazione dell’allestimento, il posizionamento delle opere: un vero e proprio puzzle, un gioco di incastri dove l’accostamento dei ritratti doveva essere ben equilibrato, mixando sorrisi e fierezza, sguardi più duri con quelli più “morbidi”. Un mescolamento laborioso ed efficace che ha messo in relazione epoche, sentimenti, donne diversissime ma capaci di condividere spazio e contemporaneità».
Come cambia la sua opera, vista nella sua individualità, e in quella che è stata una vera e propria riproduzione di una quadreria?
«L’arte e la moda hanno saputo fondersi: ho capito la forza di un “fuori scala” così accentuato, il ruolo delle grandezze differenziate, le cornici d’oro sul rosso pompeiano del muro. Sapevo che in una sfilata che dura mezzora, in un evento così veloce e ricco di stimoli, era necessario un allestimento artistico che colpisse come un tuono. Non c’era tempo per la contemplazione e la riflessione come può avvenire in un museo, in una galleria, in una collezione: il gioco di sguardi doveva catturare e stregare il pubblico e così è stato. Gli invitati continuavano a girare tra le opere, lungo il perimetro dell’esposizione, facendosi selfie e video. Non si sedeva nessuno e la sfilata è iniziata con mezzora di ritardo: per due volte gli organizzatori hanno spento le luci ad intermittenza per segnalare l’avvio dello show come a teatro».
Quali le opere che ama di più?
«La mia Dama con l’ermellino è sicuramente la più famosa: vederla riprodotta all’ingresso del padiglione, alta 4 metri, è stata un’emozione incredibile, intensa. Io amo tutte le mie opere, ma alcune, come Giuditta di Caravaggio, Maria dé Medici di Bronzino, Fornarina di Raffaello, la Madonna dal collo lungo del Parmigianino, La ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer, mi sono particolarmente care».
Come nasce «The Next Era»?
«Nel 2008, all’inizio della crisi mondiale che ha coinvolto le economie di molti Paesi e che è ancora in corso, più che mai attuale data la pandemia che ci ha colpito e la guerra in Ucraina. In questa fase artistica denuncio come l’ambiente e la cultura siano, ancora una volta, a rischio di sparizione. Metto in primo piano la nature, le biblioteche, luoghi stessi del vivere e del sapere, invadendole di presenze misteriose: vapori, gas, che cancellano il centro dell’immagine, lasciandone solo slabbrati contorni. Confido però nelle donne, capaci, oltre che a mettere al mondo il mondo, di salvarlo. Mi sono ispirata, per la loro forza di penetrazione e per la loro assoluta bellezza e integrità, ai ritratti femminili della nostra cultura: Fornarina, Giuditta, Cecilia Gallerani, Maria dé Medici. In questo lavoro parto dalla scelta di un dettaglio significativo, dove la presenza dello sguardo sia molto importante, lo dipingo in bianco e nero, lo innalzo su una base bianca e con un gesto radicale, femminista, taglio gli occhi del ritratto scelto e li raddoppio (per info mariellabettineschi.it, ndr)».
Ora queste donne inizieranno a girare il mondo?
«Sì, con Dior la collaborazione prosegue. Per due anni la maison potrà esporre le opere nelle boutique. Si parte a settembre, a Milano, dove presenteremo l’intero progetto artistico e la visione che è scaturita da questa collaborazione. Ci saranno poi Parigi e Londra con altre due presentazioni. Le opere saranno poi allestite nelle principali boutique Dior di tutto il mondo».
E dopo due anni?
«Nel contratto con Dior avevo precisato che queste opere, dopo i due anni, venissero “griffate”, cioè rovinate con due profondi tagli in modo che non entrassero nel mercato. Questo per rispetto delle mie gallerie e dei miei collezionisti che sanno che ogni mio lavoro ha una tiratura di 5 copie. Ora molte persone mi sollecitano a tenerle dentro il concetto di “Edizione speciale Dior” anche per la misura fuori scala che le caratterizza. Ci penserò, ho due anni per decidere. Nel frattempo cinque opere sono state scelte da Maria Grazia Chiuri per il nuovo museo Dior di Parigi e altre 15 sono nel mio archivio».
Cosa mi dice degli abiti in sfilata?
«Non sono la persona più indicata – sorride -, io indosso sempre gli stessi abiti: neri, minimali, comodi. Sono però rimasta affascinata dalla collezione di Maria Grazia Chiuri: abiti romantici, raffinati, ma coniugati con elementi tecnologici: corsetti rigidi, serpentine che tengono regolato il calore corporeo, gilet airbag che proteggono in caso di cadute, scarpe con cavigliere contro le slogature. Insomma una donna del nostro tempo, seduttiva ma anche attrezzata a vivere con sicurezza, con abiti che aiutano a proteggerla dagli urti della vita. Ne abbiamo sempre più bisogno».
Cosa è «The Next Era» per lei?
«Le donne, che mettono al mondo la vita, sanno che ambiente, animali, vegetali, minerali, donne e uomini sono tutti collegati in un equilibrio molto fragile. “The Next Era” è comprendere e rispettare questo equilibrio».
Tutta una questione di spinta vitale?
«Lo è l’arte, la moda: ogni atto creativo lo è. “The Next Era” è il cammino che stiamo intraprendendo tutti, come quelle donne Dior sorrette da bustini-corazze che marciavano tra gli sguardi doppi della mia quadreria».
Un mondo al femminile, militante.
«Visionario, capace di vedere oltre. In profondità».
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