
Moda e tendenze / Val Calepio e Sebino
Martedì 18 Marzo 2025
Dopo tumore e chemio apre una «Maison» per aiutare altre donne
LA STORIA. Parrucche e turbanti nel «salotto» di Paratico. L’idea maturata da Antonietta Bergomi durante le cure: «La perdita dei capelli parte di un processo doloroso».
In finlandese significa coraggio, tenacia, resilienza e perseveranza. Per questo Antonietta Bergomi, 33 anni, di Adrara San Martino, ha deciso di chiamare Maison Sisu il suo nuovo «salottino» di Paratico. Uno spazio riservato, pensato e realizzato vicino al suo negozio di parrucchiera, per accogliere le donne che si rivolgono a lei per problemi legati all’alopecia e alla perdita dei capelli dovuta alle terapie antitumorali. Un’esperienza che Antonietta ha vissuto sulla propria pelle, nella battaglia (vinta) contro un tumore ematologico che le è stato diagnosticato nel 2023 in uno stadio già avanzato. Il cambiamento che ha affrontato, nell’anima e nel corpo, «spaventa, fa paura fino a toglierti il respiro». Ma è stato proprio questo cambiamento a spingerla a mettersi in gioco per aiutare, con il suo progetto di consulenza e vendita di parrucche e turbanti, altre donne che si trovano a dover lottare contro il cancro e con la perdita dei capelli.
La diagnosi e le difficoltà
«Nella sfortuna sono stata fortunata – racconta, sfoggiando un caschetto lungo e sfilato, castano chiaro con riflessi color miele –. Ho sempre vissuto una vita frenetica tra il lavoro, i figli piccoli, la casa. Era un periodo di stanchezza, avevo mal di schiena, ma non gli avevo dato peso. È stata la mia ginecologa ad accorgersi, durante un controllo, che qualcosa non andava. Ho prenotato una risonanza al San Raffaele di Milano e mi hanno ricoverata subito: dovevamo partire per una vacanza, invece ero piena di linfonodi ingrossati, avevo il bacino e l’osso sacro fratturato e problemi al midollo». Era il 27 maggio 2023. La diagnosi, tumore ematologico in stadio avanzato. Un mese dopo la prima chemio di dodici. «La mia vita si è fermata – dice, ricordando quel momento –, tutte le mie certezze sono svanite. E così anche la mia identità».
Col senno di poi, a un anno dalla fine della terapia, ammette che, ai controlli, ci sono ancora l’ansia e la paura ad accompagnarla. «Ma dalla chemio ho avuto un’ottima risposta fin da subito – spiega Bergomi –. Dopo la prima i miei capelli (per trent’anni li ho avuti mori, lisci e lunghi) non ne hanno risentito». Ma la speranza che non cadessero è svanita il giorno prima della seconda seduta chemioterapica. «Quando mi è rimasta in mano una manciata di capelli, mi sono rasata con l’aiuto del mio compagno».
«Con la prima parrucca ho cominciato a rifiorire»
Anche il cambiamento estetico è stato doloroso: «È un vedersi e non riconoscersi – prosegue –: la perdita dei capelli, le cure e i loro effetti sono stati un processo doloroso. Anche a fronte di un’esperienza negativa, all’inizio ho avuto il rifiuto per la parrucca e, grazie a un’amica che li confeziona, ho indossato diversi turbanti. Ma mi sentivo gli sguardi di tutti addosso: a livello psicologico non è stato facile e ho cercato un sostegno. Poi, invece, ho trovato un nuovo amico che mi ha regalato la mia prima parrucca: biondo platino e con un taglio corto. Da quel momento ho cominciato a rifiorire». Il percorso a tu per tu con la malattia ha cambiato Antonietta Bergomi nel profondo. «Ho rivalutato quelle che per me sono le priorità della vita – sottolinea –, e ho ricominciato a sentirmi bella e donna dopo aver provato un nuovo look. Maison Sisu nasce da questo, con il sogno di poter essere d’aiuto ad altre donne».
Il sostegno per chi soffre
Oggi la 33enne di Adrara San Martino continua a fare la parrucchiera, ma contemporaneamente si dedica alle donne che cercano un conforto, un confronto, una professionista che le aiuti nella scelta della parrucca (ce ne sono davvero di tanti tipi, fatte di capelli veri o in fibra sintetica), che sia per fini terapeutici o per bellezza, e della sua manutenzione.
«Sia i turbanti, sia le parrucche naturali che non – precisa – sono tutti dispositivi medici, per i quali ho seguito un percorso di formazione specifica. Con le persone che passano da Maison Sisu o mi contattano, anche da lontano, si creano legami forti: è uno spazio dove condividere la propria esperienza, un progetto che mi ha aiutato a restare nel qui e ora, ma anche a progettare il mio futuro, al di là della malattia».
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