Tumore alla prostata: è asintomatico e si cura ma non va trascurato

L’ESPERTO. L’intervento non è sempre necessario in tempi brevi. La «Unit» dell’ospedale «Papa Giovanni» di Bergamo.

Siamo alle soglie di novembre, mese scelto per la campagna internazionale di sensibilizzazione sui tumori tipicamente maschili. Il tumore alla prostata, in molti casi asintomatico, è il tumore più diffuso nella popolazione maschile. Rappresenta circa il 30% delle diagnosi tumorali ed è la terza neoplasia per mortalità, se non diagnosticata per tempo. Ne parliamo con il prof. Luigi Da Pozzo, direttore dell’Urologia dell’Asst Papa Giovanni XXIII e professore di Urologia all’Università di Milano Bicocca.

Perché è importante sottoporsi ai controlli?

«Il tumore della prostata ha origine dalle cellule presenti all’interno di una ghiandola maschile, la prostata, che cominciano a crescere in maniera incontrollata. Pur essendo la neoplasia con

maggiore incidenza tra gli uomini, non è tra quelle con la più alta percentuale di mortalità, perché è curabile nella maggior parte dei casi: i trattamenti a disposizione garantiscono un’ottima sopravvivenza dopo la diagnosi. Sebbene negli anni sia passato il concetto che questo tumore non sia particolarmente aggressivo, il carcinoma prostatico è molto frequente e rimane una delle maggiori cause di morte per tumore nell’uomo. La diagnosi precoce è pertanto fondamentale, perché garantisce ampi margini di guarigione».

Quali i principali fattori di rischio?

«Il principale è la familiarità. Avere nonni, padri o fratelli che si sono già ammalati può aumentare significativamente il rischio. L’età avanzata è un altro fattore rilevante. Ma stiamo assistendo a diagnosi sempre più precoci, anche prima dei 50 anni. C’è una maggiore capacità di intercettare il tumore in fase iniziale, grazie agli screening, ma anche un reale aumento di incidenza della malattia».

Come viene diagnosticato?

«Il tumore alla prostata è asintomatico. Molti pazienti arrivano alla diagnosi dopo aver consultato l’urologo per altri motivi, come l’ipertrofia prostatica benigna, che consiste in un aumento volumetrico benigno della prostata. L’accertamento del tumore alla prostata deve essere fatto partendo dai controlli di screening. La prevenzione è fondamentale nella fascia d’età tra i 50 e i 70 anni, durante la quale è raccomandato sottoporsi regolarmente a controlli e visite con l’urologo. Oggi l’età consigliata per i controlli è scesa a 45 anni, o anche prima se c’è una familiarità. L’esame fondamentale rimane il test del PSA (Antigene Prostatico Specifico). Tenere controllato questo marcatore, che va interpretato da un urologo e non in autonomia, riduce significativamente l’incidenza della mortalità. Resta fondamentale la visita, durante la quale l’urologo decide se è necessario approfondire con ulteriori accertamenti, come la risonanza magnetica multiparametrica ed eventualmente una biopsia, l’unico metodo in grado di fornire una diagnosi definitiva».

Chi ha un tumore deve farsi operare immediatamente in tutti i casi?

«No, è importante sapere che l’intervento non è sempre necessario nell’immediato. Circa il 25-30% dei casi consiste in un tumore a basso rischio clinico, identificato tramite biopsia e costituito da cellule poco aggressive. Questa categoria di tumori non richiede trattamento immediato ma solo una sorveglianza nel tempo, attraverso un programma di sorveglianza nei centri specializzati. Finché il tumore rimane stabile, non si procede chirurgicamente».

Quali sono invece i trattamenti possibili, quando necessari?

«Per i tumori ad alto rischio, il trattamento è in genere chirurgico. La maggior parte dei pazienti viene sottoposta a una procedura che si chiama prostatectomia radicale. Ma anche la radioterapia si dimostra altamente efficace. La decisione viene presa in base al tipo di neoplasia e alle caratteristiche del paziente. Nel nostro Ospedale ad esempio opera una Prostate Unit, che coinvolge urologi, oncologi, radioterapisti, specialisti di medicina nucleare e di radiologia, per calibrare su misura per ciascun paziente il trattamento più adeguato alla sua specifica condizione e alla sua patologia».

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