Radiochirurgia, nuove cure per le metastasi cerebrali

I VANTAGGI. Si tratta di raggi ad alta concentrazione che vengono diretti sulle metastasi per farle regredire.

Quando si parla di metastasi cerebrali, ci si riferisce a cellule tumorali che, a seguito della diffusione di un tumore in un’altra parte del corpo rispetto a quella originaria, raggiungono l’encefalo, cioè il cervello attraverso il sangue. Non è una situazione che si presenta raramente, purtroppo: la comparsa di una metastasi di questo tipo riguarda una percentuale di pazienti oncologici – che quindi soffrono la presenza di un tumore –, che varia tra il 30 e il 40% dei casi, con una significativa rilevanza, quindi, in termini di aspettativa di vita e di qualità della stessa. «La buona notizia è che oggi sulle metastasi cerebrali si può intervenire anche con la radiochirurgia, una tecnica della radioterapia molto sofisticata, che ben si adatta a interventi di questo tipo», spiega il professor Rosario Mazzola, responsabile della Radioterapia di Humanitas Gavazzeni e docente di Humanitas University.

Professor Mazzola, quali sono le caratteristiche della radiochirurgia e come viene utilizzata nel trattamento delle metastasi cerebrali?

«Nonostante il nome faccia pensare al contrario – perché riecheggia un approccio simil-chirurgico – la radiochirurgia è un’applicazione terapeutica non invasiva. Si basa sull’utilizzo di raggi ad alta concentrazione che vengono diretti sulle metastasi con la possibilità di farle regredire o scomparire, proprio come se fossero asportate chirurgicamente. Il tutto eseguito in regime ambulatoriale e, soprattutto, in un’unica seduta di circa dieci minuti».

Dal punto di vista del risultato, quali sono i vantaggi derivanti da questa tecnica di intervento?

«Il vantaggio è davvero grande: il sistema su cui si basa la radiochirurgia, basato su uno strumento chiamato acceleratore lineare, consente di “colpire” solo le metastasi preservando l’encefalo sano. In particolare, presso il nostro reparto utilizziamo un software innovativo che permette di aumentare le possibilità di movimento della macchina erogatrice di radiazioni ionizzanti ad alta energia, sincronizzando in estrema sicurezza la rotazione rapida e precisa ad arco dell’acceleratore lineare con il movimento robotico e pendolare del lettino, consentendo di colpire contemporaneamente e con estrema precisione diverse metastasi, senza dover bloccare o riposizionare la macchina ogni volta. Senza l’apporto di questa tecnologia innovativa sarebbe necessario un riposizionamento manuale da parte dell’operatore, operazione che richiede una grande attenzione e che non sempre consente di raggiungere la precisione assicurata dall’utilizzo del software».

Sulle metastasi cerebrali si può intervenire anche con la radioterapia cosiddetta encefalica. In che cosa consiste e in quali casi è consigliata?

«La radioterapia encefalica è il tipo di intervento che in passato era indicata in prima istanza quando si era in presenza di metastasi cerebrali. Prevede l’irradiazione a basse dosi dell’intero encefalo in un numero di sedute che varia tra 5 e 10. Oggi viene prevista in casi selezionati, con l’intento di lenire i sintomi intracranici e migliorare l’aspettativa di vita».

Quali sono le sfide future che potranno ulteriormente affinare la gestione dei pazienti affetti da metastasi encefaliche?

«La vera sfida del futuro prossimo sarà quella di incidere sempre più positivamente non solo sulla sopravvivenza del paziente ma anche sulla qualità della sua vita. Una sfida che sembra poter essere vincente se integriamo la radiochirurgia ai nuovi farmaci. In particolare, alcune nuove molecole farmacologiche hanno dimostrato di by-passare quello che viene definito il “santuario farmacologico encefalico” – la barriera naturale che impedisce ad alcuni farmaci antitumorali di raggiungere a concentrazioni efficaci l’encefalo – e si sono mostrate capaci di controllare la malattia contribuendo a ridurre il rischio di comparsa di nuove metastasi nel cervello».

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