Malattie rare, poche cure e molta interdisciplinarità

NUOVI APPROCCI. Ci sono diversi esempi di integrazione e complementarietà fra le varie discipline. Uno di questi è rappresentato dall’approccio alla disfagia.

Le malattie rare sono definite tali quando interessano meno di cinque soggetti ogni 10.000 persone. L’80% di queste patologie colpisce adulti e le malattie di interesse neurologico, che riguardano muscoli, placca neuromuscolare, nervi, midollo spinale ed encefalo, sono tra le più frequenti. Il ritardo diagnostico e l’assenza quasi totale di cure specifiche sono i tratti comuni. Come assicurare al paziente la migliore presa in carico. Lo abbiamo chiesto a Marina Scarlato, neurologa, Responsabile della Riabilitazione ad alta intensità di cura dell’Istituto Clinico Quarenghi di San Pellegrino Terme.

Dottoressa Scarlato, partiamo dall’inizio. Quali sono le cause delle malattie rare?

«Possono essere di diverso tipo: disimmunitaria, come per esempio avviene nella miastenia grave (una patologia autoimmune delle giunzioni neuromuscolari), o neurodegenerativa, come la sclerosi laterale amiotrofica o, nella maggior parte dei casi, genetica, come nelle distrofie muscolari e nelle paraparesi spastiche ereditarie o nelle sindromi atassiche».

Nonostante siano molto diverse tra di loro, le malattie rare hanno alcuni aspetti comuni, quali sono?

«Indipendentemente dalle cause che l’hanno determinate, le malattie rare condividono diversi aspetti: la difficoltà di identificazione con conseguente ritardo diagnostico, la necessità di un approccio medico multidisciplinare, l’assenza di cure (esiste una terapia efficace per circa il 5% di queste forme), la natura cronica e spesso invalidante. A oggi è comune frase medica sostenere che la terapia più efficace per questi soggetti è rappresentata dalla fisioterapia. Per tale motivo è previsto dalla Regione Lombardia un piano riabilitativo che dovrebbe garantire la continuità dell’accesso ambulatoriale alla fisioterapia e possono essere indicati ricoveri riabilitativi intensivi per la presa in carico globale, multidisciplinare delle problematiche connesse alla disabilità».

Che caratteristiche deve avere la riabilitazione ?

«Nel setting riabilitativo, sono fondamentali multidisciplinarietà e interdisciplinarità. Nel primo caso, la multidisciplinarietà è rappresentata dai diversi specialisti medici, ma non solo. L’infermiere, l’operatore sociosanitario, il logopedista, il fisioterapista motorio, il fisioterapista respiratorio, il terapista occupazionale, il neuropsicologo, lo psicologo, il dietista agiscono in concerto, con flessibilità, per il raggiungimento del risultato finale di recupero delle autonomie funzionali attraverso la definizione e la realizzazione del progetto riabilitativo individuale (PRI). Nell’ambito del mondo sanitario, infatti, il contesto riabilitativo è quello che vede coinvolte più figure professionali non mediche».

E sul fronte dell’interdisciplinarità?

«In questo caso abbiamo diversi esempi di integrazione, interazione e complementarietà tra le varie discipline. Uno di questi è rappresentato dall’approccio alla disfagia, ovvero la difficoltà del passaggio del bolo alimentare e dei liquidi nelle vie digestive superiori, alla disartria, ovvero la difficoltà ad articolare le parole, e alla disfonia, alterazione qualitativa o quantitativa della voce. Tali alterazioni sono piuttosto frequenti nell’ambito delle malattie rare neurologiche. Disfagia, disartria e disfonia sono tre disturbi dell’apparato oro-buccale che spesso coesistono a vario grado tra loro e che riconoscono cause molto varie sia di pertinenza neurologica che otorinolaringoiatrica. La riabilitazione di tali funzioni, centrali sia per la sopravvivenza (la disfagia può comportare un incremento del rischio di polmoniti da inalazione), sia per la comunicazione, è affidata alla figura del logopedista».

Lei opera all’Istituto Clinico Quarenghi, quale approccio avete adottato?

«È stato creato un percorso ambulatoriale di presa in carico interdisciplinare di disfagia, disartria e disfonia, sia dal punto di vista clinico-diagnostico, con valutazione neurologica e otorinolaringoiatrica, sia dal punto di vista riabilitativo con ciclo di riabilitazione logopedica e visita dietistica. La Clinica Quarenghi con i suoi professionisti, medici e non medici, cerca di rispondere con modelli procedurali sempre più appropriati e moderni, coniugando esperienza e competenza, alla necessità di presa in carico del soggetto complesso nelle diverse aree di intervento: stabilità internistica, funzioni senso-motorie, mobilità-trasferimenti, area comunicativo-relazionale, area cognitivo-comportamentale, autonomia di cura della persona, reinserimento-riadattamento sociale».

Come si accede al percorso ambulatoriale?

«Può avvenire sia su indicazione del medico di medicina generale, sia dello specialista, sia degli stessi logopedisti che spesso si trovano a procedere con il “training” più appropriato senza che sia stata identificata la causa. È questa una nuova iniziativa che risponde alla prevalenza della disfagia che colpisce circa il 20% della popolazione adulta con aumento molto significativo nella popolazione anziana».

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