Le neurotecnologie saranno al servizio della persona

LA RIFLESSIONE. Il futuro della medicina: le neurotecnologie al servizio della persona.

Su questo tema il prof. Gianvito Martino, direttore scientifico dell’Irccs «San Raffaele» di Milano ha aperto venerdì il convegno promosso dall’Istituto Clinico Quarenghi di San Pellegrino nel 100° anno di fondazione.

Professor Martino, a quando risale l’idea di una tecnologia in grado di supportare o, addirittura, sostituire la mente umana?

«Dalle macchine automatiche della rivoluzione industriale, ai calcolatori degli anni ‘60, fino ai computer quantistici del XXI secolo: costruire “macchine” in grado di eseguire compiti caratteristici dell’intelligenza umana, riproducendo il funzionamento del cervello, è sempre stato il sogno nel cassetto dell’”Homo Technologicus”. Aspirazione legittima da sempre, ma che negli anni ‘50 ha preso forma compiuta grazie alla nascita della cosiddetta “intelligenza artificiale”, termine oramai noto ai più, ma non certo dai più intimamente compreso. Seppur fin da allora in continua evoluzione, tale disciplina ha però subito una rivoluzione concettuale e fattuale solo all’inizio degli anni ’80, quando sono state sviluppate le prime macchine capaci di apprendere autonomamente un’attività senza essere state programmata esplicitamente a farlo».

Idea che si è ormai concretizzata, con la diffusione dell’Intelligenza artificiale alla portata di tutti.

«Sì, utilizzando come modello computazionale precipuo le reti neurali - certo ben diverse da quelle contenute nel nostro cervello - queste macchine sono già oggi di utilizzo comune in molti ambiti (imaging medicale, guida autonoma, riconoscimento facciale, assistenti virtuali) e quindi certo utili».

Ma ogni medaglia ha il suo rovescio. È d’accordo?

«La stessa “neurotecnologia” ha portato contestualmente allo sviluppo di interfacce macchina-cervello talmente efficaci da far “parlare” anche cervelli umani tra di loro solo connettendoli via wifi. Macchine che un giorno ci aiuteranno certo a superare handicap fisici e mentali causati da gravi malattie, ma che potrebbero anche essere usate per condizionare i nostri comportamenti agendo appunto “inconsapevolmente” sul nostro pensiero. Proprio per anticipare scenari futuri o futuribili “spiacevoli”, lo scorso dicembre, l’Oecd (Responsible Innovation in Neurotechnology) ha elaborato semplici, ma fondamentali raccomandazioni che si vorrebbe fossero la base di partenza per un’innovazione neurotecnologica responsabile, finalizzata esclusivamente a promuovere la salute».

Quali indicazioni ha fornito?

«Anzitutto di concentrarsi sulla sicurezza e sull’inclusività, evitando contestualmente tutto ciò che può limitare la libertà individuale e l’autodeterminazione. A ciò si aggiunge di stimolare le collaborazioni scientifiche tra i diversi paesi, settori e discipline. E ancora, di promuovere una cultura capace di gestire e ingenerare fiducia sia nel settore pubblico che privato, oltre a sviluppare la capacità di controllo degli organi preposti. E, non ultimo, di salvaguardare i dati personali sul cervello ed evitare i potenziali usi involontari o impropri. Regole semplici, ma efficaci solo se seguite con attenzione».

In questo scenario, il cervello umano è destinato a essere superato dall’intelligenza artificiale?

«Il nostro cervello, con i suoi appena 1.500 grammi di peso e una potenza di 20 watt, rimane la “creatura” più evoluta e intelligente che per ora conosciamo, quindi, non ci resta altro da fare che usarlo bene».

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