La salute / Bergamo Città
Domenica 28 Gennaio 2024
«Le cellule Car-T non solo per le leucemie: ricerca per curare malattie autoimmuni»
L’INTERVISTA. Alessandro Rambaldi del «Papa Giovanni» illustra l’evoluzione delle terapie geniche: a Bergamo al via uno studio sul Lupus.
«È una grande rivoluzione. E Bergamo, con l’ospedale Papa Giovanni, è in prima fila». Così Alessandro Rambaldi, professore di Ematologia dell’Università Statale di Milano e direttore del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo parla dell’evoluzione e del futuro della terapia genica con le Car-T e del nuovo scenario di cura introdotto con le Car-Cik. L’acronimo Car-T sta per Chimeric Antigen Receptor T-cell, ovvero cellule del sistema immunitario, i linfociti T, prelevate da una persona malata di tumore del sangue e modificate geneticamente in laboratorio in modo che, una volta reinfuse allo stesso paziente, siano in grado di attaccare il tumore; per le Car-Cik l’acronimo sta per Cytokine-Induced Killer, ovvero una sottopopolazione di linfociti T.
Terapia genica con cellule modificate per curare la leucemia linfoblastica: quali sono le novità che vedono il «Papa Giovanni» in prima linea? Quali orizzonti si aprono?
«Orizzonti molto affascinanti. I risultati delle ultime ricerche sono altamente incoraggianti. Il “Papa Giovanni” è uno dei pochissimi centri italiani, insieme all’Irccs San Gerardo di Monza e il Bambin Gesù di Roma, in cui si stanno conducendo diversi progetti di ricerca clinica, per lo sviluppo di questo tipo di terapie. Le Car-T vengono utilizzate in pazienti con leucemia linfoblastica che non hanno più altre possibilità terapeutiche e per i quali è fallito il trapianto. Le nostre ricerche, condotte sotto il controllo dell’Istituto superiore di Sanità e dell’Aifa, ci hanno permesso finora di utilizzare le Car-T o Car-Cik in oltre 30 pazienti adulti con leucemia acuta linfoblastica. Sono 3 i progetti accademici in campo con l’autorizzazione di Aifa e un quarto è stato appena autorizzato nell’ambito dei linfomi. Per la leucemia acuta linfoblastica, fino ad ora le Car-T commerciali erano utilizzabili solo per pazienti fino ai 25 anni d’età. Da pochi giorni, l’utilizzo della terapia con Car-T commerciali è stata autorizzata da Aifa anche per i pazienti adulti, che a oggi, potevano essere curati solo con cellule prodotte nei nostri laboratori, in progetti di ricerca».
Il Laboratorio Lanzani, un «gioiello» di ricerca, produce le Car-Cik, la terapia innovativa utilizzata nei progetti del «Papa Giovanni». Qual è la differenza tra queste e le Car-T?
«Il progetto con le cellule Car-Cik è partito 20 anni fa grazie al lavoro del dottor Martino Introna, della dottoressa Josée Golay e dei loro allievi. Per la produzione di queste cellule non si utilizzano i linfociti del paziente, ma quelli di un donatore sano, che in precedenza ha offerto il midollo osseo per il trapianto. Usare linfociti sani significa usare cellule meglio performanti. E l’obiettivo è arrivare a prodotti terapeutici universali, subito pronti all’uso, per tutti i pazienti candidabili a questo tipo di terapia. Ci sono inoltre alcuni pazienti per i quali non è possibile l’utilizzo delle Car-T, prodotte usando come vettore per la modifica del gene un virus: per esempio i pazienti con infezione da Hiv. Con le Car-Cik non si usa un virus, ma shock elettrici temporanei che aprono la membrana cellulare. Il vettore è il transposone, una sequenza di Dna circolare, facilmente trasferibile in una cellula: non c’è quindi controindicazione all’utilizzo per i pazienti con Hiv. Inoltre, e non è secondario, la produzione delle Car-Cik è molto più economica. E la riduzione dei costi di produzione rappresenta un obiettivo fondamentale. Va considerato che oggi un ciclo di terapia con Car-T commerciali già in uso costa 300-350mila euro».
L’applicazione delle Car-T si può estendere anche ad altri tumori, oltre a quelli del sangue?
«Si stanno facendo grandissimi passi avanti anche per altre patologie, per esempio per le malattie autoimmuni. A Bergamo, al “Papa Giovanni”, avvieremo uno studio sull’uso delle Car-T per il Lupus eritematoso sistemico. Un altro scienziato di Bergamo, ovvero Franco Locatelli, al Bambin Gesù di Roma sta lavorando, con risultati straordinariamente interessanti, per l’utilizzo delle Car- T nei casi pediatrici di neuroblastoma. E scenari si stanno aprendo per il tumore al polmone o della prostata. Tornando ai tumori del sangue, buoni risultati si stanno riscontrando nella cura del mieloma che è la seconda neoplasia del sangue più diffusa. È evidente che se l’estensione delle cure è un dato estremamente incoraggiante, dall’altro è necessario aprire una riflessione ampia».
Cure molto costose, quindi è la sostenibilità il grosso nodo.
«Esattamente. Gli scenari sono complessi: serve un giusto equilibrio tra i diritti della produzione commerciale e l’accesso alle cure. Va tutelato il principio di equità: le Car-T commerciali in alcuni casi sono autorizzate come farmaci di Fascia C, ovvero per ora disponibili solo a pagamento, con un costo che in questo momento non può essere coperto dal sistema sanitario nazionale. I sistemi sanitari nazionali di tutta Europa, hanno quindi grandi problemi di sostenibilità, per garantire un accesso generalizzato a tutte queste nuove terapie. Le stesse case farmaceutiche devono pianificare con cautela gli investimenti necessari ad aumentare la produzione di Car-T, senza la certezza di un mercato che sia sufficientemente ampio in questo settore. I capisaldi da rafforzare devono quindi essere il sostegno alla ricerca che certamente, in Italia e in tutto il mondo, porterà allo sviluppo di nuove Car-T sempre più efficaci e speriamo anche sempre più sostenibili economicamente. E soprattutto, si deve lavorare tutti insieme per la solidità del servizio sanitario nazionale, equità nelle cure, sicurezza ed accessibilità».
Sostegno alla ricerca: quanto ci è voluto per arrivare a queste terapie?
«Va ricordato che il Laboratorio “Lanzani”, la nostra cell factory, attivo nei progetti sulle Car-T, è stato realizzato grazie all’associazione Paolo Belli. È quindi grazie all’aiuto dei tanti bergamaschi se abbiamo potuto sviluppare questi progetti. E poi va ringraziata l’Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro, da sempre nostro fondamentale sostegno. Con il finanziamento di Airc, per centinaia di migliaia di euro tutti gli anni, il «Lanzani» è diventato operativo nel 2003: ci sono voluti quasi 15 anni di lavoro, sotto il controllo di Aifa, per arrivare alla produzione a Bergamo di terapie cellulari innovative. È cruciale aiutare la ricerca».
Un interrogativo che circola negli ultimi tempi: è vero che le Car -T possono causare tumori secondari?
«Non c’è alcun allarme. La terapia genica usa vettori virali per la manipolazione delle cellule: si infettano con retrovirus che diventano vettori della sequenza genetica da inserire nel Dna dei linfociti T. Questo fenomeno avviene in modo casuale, l’integrazione della sequenza nel Dna dei linfociti è solo parzialmente controllata: questo processo di integrazione può comportare la rottura di alcune sequenze del Dna (oncogeni) che sono coinvolte nello sviluppo dei tumori. È noto da tempo che le cellule modificate possono essere coinvolte in un processo di produzione dei tumori ma il rischio è molto basso. Perché le cellule interessate, in questo caso i linfociti T, sono terminalmente differenziate: mentre le cellule staminali emopoietiche prodotte nel midollo osseo vivono per tutta la vita, e sono quindi molto delicate, i linfociti T che vengono modificati per la produzione di Car-T sono cellule con un’attesa di vita nel paziente limitata. Il rischio di trasformazione tumorale è quindi molto poco probabile. E il rapporto rischio-beneficio nell’utilizzo delle Car-T quindi è decisamente a favore dei vantaggi: il rischio di un tumore secondario è molto remoto, verosimilmente molto inferiore a uno su 1.000, peraltro in pazienti che sono alla fine delle loro possibilità terapeutiche. Bene fanno comunque le agenzie regolatorie come Fda, Ema, Aifa, a effettuare controlli e monitoraggi: c’è il dovere di una sorveglianza puntuale. Ma non c’è alcuna emergenza sulle Car-T, anzi. Sono il futuro, una autentica rivoluzione, appunto».
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