Immunoterapia più efficace nell’uomo che nella donna

LO STUDIO. Un lavoro di Humanitas Gavazzeni mostra come le donne ottengano un beneficio inferiore.

È in corso un progetto di ricerca, supportato dal 5x1000 di Fondazione Humanitas per la Ricerca, guidato dal dottor Fabio Conforti, oncologo medico, responsabile dell’Unità di Senologia Medica presso l’Ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo, che intende valutare l’impatto di genere (maschile o femminile), sulla risposta e l’efficacia di nuove terapie antitumorali, in particolare dell’immunoterapia.

Lo studio coinvolge pazienti, sia maschi sia femmine, affetti da tumore del polmone candidati a ricevere immunoterapia. Le prime evidenze confermerebbero una risposta terapeutica migliore, soprattutto in termine di sopravvivenza, nel maschio rispetto alla donna: obiettivo è identificare dunque il «gap» che riduce l’efficacia dell’immunoterapia a parità di condizioni cliniche. «Abbiamo scelto di incentrarci sull’immunoterapia – spiega il dottor Conforti – cioè su una recente classe di farmaci, prevalentemente anticorpi, che aiutano il sistema immunitario del paziente a riconoscere le cellule tumorali e a eliminarle. Negli ultimi anni si è dimostrata in grado di “rivoluzionare” il trattamento di vari tumori, come il carcinoma polmonare, i tumori genitourinari e il melanoma, favorendo risultati migliori in termini di sopravvivenza e qualità di vita rispetto alle terapie convenzionali quali la chemioterapia. Tuttavia recenti e prime evidenze mostrano che la risposta all’immunoterapia è influenzata, indipendentemente dal tumore solido trattato, dal genere: gli uomini sembrano rispondere meglio al trattamento rispetto alle donne».

Un fattore cruciale cui lo studio auspica di potere dare risposte concrete. «Oggi sappiamo che dopo una prima fase di efficacia dei farmaci immunoterapici – prosegue Fabio Conforti - può accadere che il tumore sviluppi resistenza al trattamento. L’obiettivo è identificare i meccanismi biologici che sottendono a questo fenomeno, personalizzare strategie terapeutiche per ciascun sottogruppo di pazienti, quindi migliorare la prognosi e la sopravvivenza di queste persone. Particolare attenzione verrà riservata alle donne, uno dei sottogruppi maggiormente penalizzati dalla risposta all’immunoterapia».

Un lavoro pubblicato dal dottor Conforti e colleghi nel 2018 sull’autorevole rivista «Lancet Oncology», che ha analizzato i dati di più di 11.000 pazienti trattati con immunoterapia all’interno di 20 diversi studi clinici, mostra come le donne ottengano un beneficio, in termini di miglioramento della sopravvivenza, inferiore di circa la metà rispetto al beneficio ottenuto nei pazienti maschi. «Questi nostri primi risultati, che sono stati confermati anche da altri gruppi di ricerca internazionali – spiega Fabio Conforti – ci mettono di fronte a due importanti quesiti: comprendere in primo luogo la ragione per cui tale differenza è condizionata dal genere».

Le ipotesi da indagare alla base del fenomeno di efficacia/resistenza all’immunoterapia riguardano l’assetto ormonale che potrebbe condizionare la differente risposta terapeutica nell’uomo-donna, oltre al diverso funzionamento del sistema immunitario. «Pertanto, obiettivo delle ricerche presenti e future - conclude Conforti - sarà capire il ruolo degli ormoni, il possibile differente impatto generato nelle diverse fasce di età della donna, pre o post menopausale e altre indicazioni caratterizzanti. Risposte che consentiranno il disegno di specifici approcci terapeutici, ad esempio la somministrazione di trattamenti immunoterapici in maniera contestuale a trattamenti endocrini ormonali in pazienti di entrambi i sessi, in accordo a età e stato menopausale nelle donne. Tali indicazioni suggeriscono un importante riflessione: le ricerche/sperimentazioni attuali e del futuro dovrebbero tenere conto del fattore “genere” come elemento cruciale su cui strutturare approcci terapeutici mirati».

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