Il ruolo del freddo nelle sindromi coronariche

EMODINAMICA . Le basse temperature provocano una vasocostrizione, così il sangue scorre con maggior fatica.

Le problematiche legate al sistema cardiocircolatorio, le cosiddette sindromi coronariche acute che sono la principale causa di mortalità in tutto il mondo, subiscono forti influenze dalle variazioni stagionali. È appurata, ad esempio, una stretta associazione tra infarto e freddo, per cui nei mesi caratterizzati da temperature più basse se ne registra un aumento di incidenza e, purtroppo, anche di mortalità. A che cosa è dovuto questo? Lo spiega la dottoressa Alessia Azzano specialista dell’Unità Operativa di Emodinamica di Humanitas Gavazzeni.

Dottoressa Azzano, perché quando è freddo corriamo più rischi di soffrire di problematiche al cuore?

«Perché il freddo provoca una vasocostrizione, cioè una diminuzione dell’ampiezza dei nostri vasi sanguigni, per cui il sangue scorre con maggiore fatica. Una condizione che provoca un aumento della pressione sanguigna e un conseguente aumento della frequenza cardiaca: scompensi che rappresentano un aumento del rischio di destabilizzare situazioni coronariche latenti, seppur ancora stabili, che possono degenerare in condizioni patologiche come, appunto, gli infarti».

A maggior rischio sono quindi le persone che già sono soggette a problematiche cardiovascolari?

«Sì, le persone più esposte a questo tipo di problemi sono quelle che ne hanno una predisposizione, dovuta alla presenza di fattori di rischio cardiovascolare come l’ipertensione, il colesterolo alto, l’abitudine al fumo di sigaretta, il diabete. Tutti fattori determinanti cui se ne aggiunge un altro, altrettanto importante, che è l’inquinamento ambientale».

Come influisce l’inquinamento ambientale, in inverno, sulla salute del cuore?

«L’inverno in genere è più secco, meno caratterizzato da piogge come possono esserlo la primavera o l’autunno. Questa condizione climatica fa sì che le polveri sottili che si formano nell’aria a seguito dell’inquinamento non vengano “ripulite” e vengano da noi a lungo inalate contribuendo, tra le varie conseguenza, a peggiorare anche la salute dei nostri vasi sanguigni».

Che cosa dobbiamo fare per proteggere cuore e vasi sanguigni dal freddo invernale?

«Il primo accorgimento da osservare è coprirsi adeguatamente quando si è all’esterno, preferibilmente con materiale termico, che sappia mantenere la giusta temperatura del corpo. Da evitare sono, in particolare, i bruschi cambi di temperatura, quelli che possono essere conseguenza di un passaggio veloce tra un ambiente molto caldo, ad esempio la metropolitana, e un ambiente esterno molto freddo. O anche il contrario, come quando dopo una sciata con temperature sotto lo zero si entra in un rifugio dove la temperatura è ben superiore ai 20 gradi. Altro consiglio è evitare di compiere sforzi eccessivi – come ad esempio quello dovuto allo spalare la neve – in condizioni di temperatura rigida».

Quando il freddo intacca il nostro sistema circolatorio noi ne abbiamo sentore? Ci sono segnali che possono metterci in allarme con il dovuto anticipo?

«Sì, ci sono segnali che non devono essere sottovalutati. Chi segue terapie per tenere sotto controllo la pressione, ad esempio, deve rivolgersi al medico se si accorge che con le solite dosi non riesce a mantenere i risultati fino a quel momento ottenuti. Poi ci sono i sintomi che possono anticipare un infarto, tra cui il dolore toracico o il venir meno improvviso del fiato a seguito di un minimo sforzo a addirittura in una condizione di riposo. Quando persiste per qualche minuto è necessario chiamare i soccorsi, ricordando che prima si riesce a intervenire, maggiori sono le possibilità di salvezza».

Nel caso di sintomi evidenti, dunque, che cosa bisogna fare?

«Chiamare senza esitare un’ambulanza. È sbagliato pensare di portare la persona colpita al più vicino pronto soccorso: sull’ambulanza la persona che ha subito un infarto può essere subito curata e quei minuti di anticipo possono salvarle la vita».

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