Il «cerotto» per l’insulina, «rivoluzione terapeutica»

ALL’OSPEDALE PAPA GIOVANNI XXIII. A Bergamo per i malati di diabete 1 il nuovo infusore adesivo. Trevisan: senza cateteri e impermeabile, un vantaggio per giovani e sportivi.

Una vera «rivoluzione» nelle terapie per il diabete di tipo 1, che permette ai pazienti, soprattutto i più giovani, di avere un miglioramento nella qualità della vita, nelle relazioni sociali, nell’attività sportiva e nella gestione dell’insulina di cui necessitano: l’ospedale Papa Giovanni di Bergamo è tra i primi in Lombardia e in Italia a proporla ai pazienti in carico. E molti la indossano già. Di cosa si tratta? È una evoluzione di quello che viene chiamato «pancreas artificiale», un dispositivo che è già diffuso da diversi anni per l’infusione di insulina e il controllo glicemico dei pazienti con diabete di tipo 1: quest’ultimo «rivoluzionario», a differenza dei precedenti, non ha cateteri, ma è una sorta di «pompa adesiva», come un cerotto, che, grazie a un algoritmo di controllo che memorizza i dati della glicemia rilevati automaticamente e che ha anche funzioni predittive, infonde l’insulina necessaria, quando e quanta ne serve, senza bisogno che il paziente la misuri periodicamente (il sensore la controlla in automatico e fornisce le informazioni alla pompa).

Si applica come un cerotto, e va cambiato ogni tre giorni. E grazie ai sensori, consente di avere i dati della glicemia sempre sotto stretto controllo sia degli specialisti che dei caregiver: l’algoritmo riesce a”prevedere” l’andamento glicemico e le necessità di insulina, che viene automaticamente dosata e infusa, in base alla “memoria” dei dati raccolti

Come funziona

Una pompa di minuscole dimensioni, indossabile appunto grazie a un adesivo, e impermeabile, così da permettere al paziente di non doverla staccare quando si fa la doccia, si va in piscina o al mare o si praticano attività sportive. «E quindi è facile comprendere quali e quanti vantaggi si ottengono con questo dispositivo: nei giorni scorsi lo abbiamo applicato a un piccolo paziente di soli 5 anni, per i genitori è stata una conquista inenarrabile, la vita dei piccoli diabetici è davvero molto complicata, tra controlli di insulina costanti e periodici, il rischio di andare in ipoglicemia e le difficoltà nell’avere una vita quotidiana il più normale possibile – rimarca Roberto Trevisan, direttore di Malattie endocrine-Diabetologia dell’Asst Papa Giovanni di Bergamo – . I dispositivi utilizzati fino a pochi mesi fa avevano le dimensioni di un telefonino, e avevano un catetere per l’infusione dell’insulina. Quest’ultimo dispositivo invece - che siamo riusciti ad ottenere grazie alla tempestività e alla sensibilità di Giuseppa Chiricosta, responsabile della Farmaceutica territoriale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, che ha agevolato l’acquisizione in tempi record di questo nuovo modello a disposizione da pochissimo anche per i pazienti in Italia - , è leggerissimo, pesa poche decine di grammi e soprattutto è senza catetere. Si applica come un cerotto, e va cambiato ogni tre giorni. E grazie ai sensori, consente di avere i dati della glicemia sempre sotto stretto controllo sia degli specialisti che dei caregiver: l’algoritmo riesce a”prevedere” l’andamento glicemico e le necessità di insulina, che viene automaticamente dosata e infusa, in base alla “memoria” dei dati raccolti.

Bene per i giovani

Quasi una intelligenza artificiale. Una autentica rivoluzione per i malati di diabete 1: soprattutto sono tanti i bambini, gli adolescenti, e i giovani che ne trarranno benefici. Potranno praticare attività sportiva e andare in piscina, al mare, abbigliarsi senza doversi preoccupare di mimetizzare in qualche modo la “pompa adesiva”, applicabile in qualunque area del corpo. E, particolare non trascurabile, viene meno lo stress di un controllo della dieta e delle limitazioni alimentari, soprattutto per i pazienti più piccoli».

Il numero dei diabetici in Bergamasca

Sono oltre 1.500 i malati di diabete in carico all’Asst Papa Giovanni XXIII: «Con un’età che varia da pochi anni di vita fino a 90. E va rimarcato che fino a qualche decennio fa difficilmente vedevamo malati di diabete 1 sopra i 60 anni. Le terapie si sono evolute rapidamente, e continuano ad evolversi – rimarca Trevisan –. Con un miglioramento della qualità della vita e delle condizioni dei pazienti, una riduzione del rischio di ipoglicemie. Stiamo proponendo ai nostri pazienti con il diabete di tipo 1 il “passaggio” a questo nuovo “pancreas artificiale”: c’è chi preferisce restare con il dispositivo precedente, ma il consenso tra i giovani è notevole, secondo i primi riscontri». La nuova applicazione terapeutica, comunque, rimarca Trevisan, sarà oggetto di monitoraggio e studio: già con il sistema in uso in passato era stata fatta un’ampia «misurazione» su quanto, con sensori e infusori per insulina, migliorassero i valori dei pazienti e la loro vita: lo studio, condotto dalla Diabetologia del «Papa Giovanni e durato due anni su quasi 300 persone con diabete 1, aveva meritato la pubblicazione su «Diabetes Technology and Therapeutics», una delle riviste scientifiche di settore più quotate al mondo.

«Ora valuteremo l’effetto di questi microinfusori di ultima generazione. Va detto che questa metodica avanzata è anche molto pratica per la gestione: dopo la prescrizione specialistica, è l’azienda produttrice a consegnare direttamente al paziente le “patch pump” necessarie secondo prescrizione, ed è il paziente a cambiarle da solo, restando ovviamente sempre sotto stretto controllo dello specialista di riferimento – conclude Trevisan – . È ovvio che per situazioni di emergenza o complesse, è consigliabile sempre avere con sé le classiche “penne” per l’infusione manuale di insulina e gli strumenti tradizionali per il controllo glicemico».

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