Esofagiti, cause diverse per la stessa malattia

Rigurgiti, dolore e bruciore retrosternale, difficoltà nel deglutire i sintomi più diffusi

La forma più comune è quella legata al reflusso gastroesofageo, disturbo che riguarda circa un italiano su 4. Ma può insorgere anche per cause di natura diversa, come farmaci, allergie e malattie di natura infettiva. Parliamo della cosiddetta esofagite, infiammazione molto comune dell’esofago che si manifesta con rigurgiti, bruciore allo stomaco, dolore al petto e difficoltà a deglutire. Fondamentale in caso di fastidi è non sottovalutare il problema perché, se non trattato opportunamente, può peggiorare e portare a complicanze anche gravi. Come spiega il

dottor Francesco Negrini, responsabile dell’Unità operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva del Policlinico San Marco e gastroenterologo di Smart Clinic Le Due Torri e Smart Clinic Oriocenter.

Cos’è l’esofagite?

«Si tratta di un’infiammazione dell’esofago, cioè del condotto che trasporta il cibo dalla bocca allo stomaco. Ma più che di esofagite, sarebbe meglio parlare di esofagiti al plurale, in quanto differenti sono le cause che possono portare all’insorgenza di questa patologia».

Come si manifesta?

«Rigurgiti, dolore e bruciore retrosternale (dallo stomaco risale nel torace dietro lo sterno) e difficoltà nella deglutizione (disfasia) sono i sintomi più diffusi, che assumono però caratteristiche diverse in base alla tipologia di esofagite. Ad esempio nella forma causata dalla risalita dei succhi gastrici, i sintomi sono quelli tipici della malattia da reflusso gastroesofageo, ovvero dolore e bruciore dietro allo sterno, che tende a peggiorare dopo aver mangiato o essersi sdraiati, e il rigurgito di cibo o di liquido amaro oppure acido in bocca. In alcuni casi possono comparire anche tosse secca e stizzosa, raucedine e asma».

Come si diagnostica?

«La descrizione della sintomatologia può orientare lo specialista sulla causa responsabile dell’infiammazione, accertata eventualmente con l’esecuzione di alcune indagini. L’esofagogastroscopia ad esempio è l’esame che permette in molti casi di accertare il disturbo, rilevare la presenza di eventuali lesioni alla muscosa dell’esofago e stabilirne la causa (virus, batteri, farmaci, reflusso dei succhi gastrici, etc.)».

Qual è la cura?

«Ciascun tipo di esofagite richiede un trattamento specifico in base alla causa. Se i fastidi sono provocati dal reflusso gastroesofageo, su indicazione del medico, può essere necessaria una terapia farmacologica che limiti la produzione e la risalita degli acidi dello stomaco. Generalmente si utilizzano i cosiddetti “inibitori di pompa”. In associazione ai farmaci, poi, importante è modificare lo stile di vita e l’alimentazione: limitare il consumo di alimenti o bevande che stimolano la produzione dei succhi gastrici (come caffè, alcol, cioccolato, cibi grassi e speziati), fare pasti piccoli e frequenti, evitare di andare a letto subito dopo aver mangiato, non indossare cinture o abiti troppo stretti, cercare di mantenere il peso forma, smettere di fumare. Se l’esofagite dipende invece da batteri, virus, funghi o parassiti, la terapia consiste nella rimozione dello specifico agente infettivo. La forma eosinofila, invece, non può essere curata del tutto. Esistono però trattamenti che permettono di attenuare i sintomi e in particolare l’assunzione di corticosteroidi topici, sotto forma di inalatori o pastiglie da inghiottire. Per prevenire la ricomparsa dei fastidi, soprattutto se causati da allergeni di tipo alimentare, lo specialista può prevedere la rimozione dell’alimento scatenante la reazione dalla dieta. Infine, anche nel caso dell’esofagite farmaco indotta, la cura si basa, laddove possibile, sulla sospensione della terapia farmacologica. In ogni caso, comunque, è opportuno non sottovalutare il problema del reflusso e la sua eventuale evoluzione in esofagite, in quanto può comportare l’insorgenza di lesioni all’esofago e dare origine a complicanze anche gravi».

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