La salute / Bergamo Città
Domenica 30 Agosto 2020
Complicanze neurologiche
e psicologiche nei malati Covid
All’Istituto Quarenghi, accanto a quello tradizionale, è stato strutturato uno specifico percorso terapeutico.
L’emergenza Covid-19 ha messo a dura prova tutti i settori vitali del nostro Paese, primo tra tutti quello sanitario, costringendo numerose strutture ospedaliere alla riconversione di reparti ordinari in coorti appositamente dedicate alla cura di pazienti affetti dal nuovo coronavirus. All’Istituto clinico Quarenghi di San Pellegrino - come spiegano il dott. Giovanni Pietro Salvi, neurologo riabilitatore, e il dott. Marcello Simonini, medico riabilitatore, entrambi impegnati nella struttura di San Pellegrino - gli avvenimenti e i fattori che hanno caratterizzato i processi d’infezione, espansione, decorso e guarigione dall’agente patogeno Sars-CoV-2 «hanno reso da subito evidente come fosse indispensabile predisporre, strutturare ed attuare, per le persone degenti nell’istituto, un programma riabilitativo orientato non solo ed esclusivamente al recupero fisico e al ripristino del proprio stato di salute e benessere corporeo, ma anche alla ricostituzione e riorganizzazione di un funzionale equilibrio e benessere psichico e psicologico fortemente compromessi a causa degli effetti dovuti alla pandemia.
L’inaspettata portata della malattia, la sua repentina diffusione (soprattutto ed in particolare nel territorio bergamasco), l’esposizione al concreto rischio di morte ad essa associata e la conseguente sperimentazione di un forte senso di precarietà ed imprevedibilità hanno infatti portato le persone ammalate, soprattutto in forma grave, a vivere situazioni emotivamente forti e psicologicamente destrutturanti».
L’Istituto Quarenghi ha così deciso di creare uno specifico «percorso terapeutico», accanto a quello tradizionale, per proseguire la propria missione riabilitativa anche nei confronti dei pazienti Covid-19 positivi, che in 41 casi su 110 oltre ai problemi polmonari presentavano anche importanti complicanze neurologiche e psicologiche (Neuro-covid).
Diverse le patologie neurologiche trattate: ischemica cerebrale (12 casi) atassia in polineuropatia periferica (18 casi); deficit del nervo Sciatico Popliteo Esterno mono e bilaterale (3 casi); lesioni del plesso brachiale (1 caso); Sindrome di Guillain-Barré (4 casi); encefalo-mieliti (3 casi). All’interno del reparto Covid è stata allestita una palestra che consentisse lo svolgimento in totale sicurezza del trattamento fisioterapico da parte del personale tecnico della riabilitazione dedicato, con anche il supporto di macchinari specifici. «Siamo così riusciti a garantire ad ogni paziente - spiegano ancora Salvi e Simonini - due sessioni di training di 30 minuti ciascuna: Fkt neuromotoria (esercizi per la facilitazione della deambulazione con modulazione delle fasi del passo) e Fkt respiratoria (esercizi per la facilitazione dell’espansione della gabbia toracica), oltre a sedute di gruppo mattutine (15 minuti) che comprendessero anche esercizi di miglioramento graduale della resistenza allo sforzo fisico. I pazienti post-Covid hanno potuto completare il loro percorso riabilitativo nella palestra principale con l’ausilio delle apparecchiature robotizzate (quali Lokomat, Erigo, Hunova). Dalla nostra esperienza nel reparto Covid-19 (e post-Covid) abbiamo potuto ottenere un buon recupero dei pazienti nel 81% dei casi: tanti infatti sono coloro che sono rientrati al domicilio con un duplice tampone negativo dopo aver recuperato l’autonomia sia nei passaggi posturali sia nella deambulazione, oltre che nelle normali attività quotidiane».
L’esperienza della malattia ha generato nei pazienti elevati livelli di stress psicofisico e significativi stati d’ansia generalizzata, con lo sviluppo di stati mentali e sintomi del tutto compatibili con un disturbo post-traumatico da stress.
«Infatti, accanto al percorso fisioterapico - spiegano ancora i due medici -, abbiamo iniziato anche un supporto psicologico personalizzato con colloqui settimanali, della durata di 60 minuti, con una psicologa psicoterapeuta, al fine di monitorare e trattare il disturbo post-traumatico da stress che appariva diffuso nei pazienti e che si manifestava con forti stati d’ansia, intensa paura e sentimenti di impotenza, angoscia, orrore e disperazione; persistenza della tendenza a rivivere continuamenti gli eventi traumatici con ricordi spiacevoli e intrusivi; presenza costante di immagini, pensieri, o percezioni, incubi ricorrenti; difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno; stato di agitazione e/o facile irritabilità e riduzione della soglia di tolleranza alle frustrazioni; difficoltà a concentrarsi».
Il quadro sintomatico è stato ulteriormente reso complesso dalla situazione di isolamento dai propri cari e dai propri affetti, che la propagazione della malattia ha costretto ad attuare: «abbiamo sopperito a questa distanza sociale ad esempio con l’introduzione di videochiamate tramite tablet».
Anche il personale sanitario è stato messo a dura prova: l’utilizzo di mascherine, di tute e di altri dispositivi di protezione individuale hanno complicato sia il lavoro sia le relazioni interpersonali. «La nostra struttura ha organizzato giornalmente riunioni per evitare il burnout del personale attingendo all’esperienza dei gruppi Balint e della medicina narrativa. Passata l’emergenza restano i segni, i ricordi, le ferite fisiche e psicologiche; talora il dolore silenzioso celato dalla mascherina resta profondo nell’anima di chi ha vissuto in prima persona questa vicenda, che speriamo non si ripeta».
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